Tennis e Allenamento: I Luoghi Comuni

di Lorenzo Falco (Preparatore Fisico Fit II Grado)

Cari appassionati lettori di Spazio Tennis, da alcuni mesi prosegue il percorso di confronto e dibattito sui contenuti della preparazione fisica specifica al tennis.

Il contributo che illustra le metodologie di addestramento della capacità di equilibrio ha creato un’interessante discussione tecnica: apprezzo i commenti e ringrazio i tecnici che hanno contribuito a perfezionare alcune soluzioni pratiche descritte nell’articolo.

L’articolo che segue mira a risolvere alcuni luoghi comuni, convinzioni e consuetudini consolidate, nel delicato intreccio tra allenamento, prestazione e metodologia.

Tutte le frasi citate sono riferite a giocatori di sesso maschile. Molte situazioni si possono riferire ad entrambi i sessi. Saranno ben marcate le eventuali differenze.

“Mio figlio non si muove in campo. Nell’ultima partita è rimasto immobile: non ha un’adeguata condizione fisica.”

Questa frase è molto comune, soprattutto tra le categorie giovanili. L’affermazione nasconde un errore logico evidente: come può essere carente la condizione fisica in un giovane atleta che pratica almeno sei ore settimanali di tennis e tre ore di preparazione fisica ?

Molte volte accade che i giovani atleti siano sconfitti da soggetti maturi in età e in esperienza tennistica.

Il buon senso suggerisce che se, in una gara o in un gruppo di gare, il ragazzo esce sconfitto da un quarantenne dal gioco macchinoso e magari con qualche chilo in sovrappeso, non si può attribure il demerito alla scarsa tenuta condizionale.

L’adulto amatore, lavoratore e con una famiglia da seguire, nel migliore dei casi gioca tre ore a settimana (due singoli e un doppio) e magari, quando il tempo è bello, si avventura in una corsetta nel parco sotto casa.

L’immobilità in campo può essere giustificata per soggetti che non si allenano, magari al termine di un prolungato stop causato da un infortunio invalidante: in tale situazione è difficile riprendere il giusto ritmo e il corretto contatto con le basi tattiche.

In tutte le altre situazioni, una sconfitta è da attribuire alla scarsa qualità del gioco, al deficit di attenzione e all’assenza di qualsiasi impianto strategico consolidato.

Il giovane atleta deve costruire le giuste abilità tecnico – tattiche. Gli aspetti condizionali, modellabili con la preparazione fisica specifica, sono decisivi e plasmabili nel corso della seconda fase dell’età adolescenziale. A giudizio di chi scrive, i giovani soggetti agonisti, accompagnati dai tecnici che li seguono, devono affrontare un percorso mirato e progressivo: è necessario che affrontino le competizioni con l’intento di acquisire un preciso profilo di gioco e una capacità di adattamento alle situazioni impreviste della gara.

E’ essenziale invece che soggetti in età adulta costruiscano le giuste qualità condizionali e motorie che permettano il raggiungimento di prestazioni fisiche brillanti, in relazione alla qualità e al livello del gioco espresso. I soggetti maturi beneficiano in larga parte dei carichi somministrati nel corso delle sedute di preparazione fisica: a parità di abilità di gioco e nel confronto alla pari, è altamente probabile che emerga chi può attingere da riserve fisiche costruite e consolidate nelle settimane precedenti.

“Mio figlio è magro. E’ necessario che si alimenti di più”

Questa affermazione può essere vera, soltanto in parte. In modo empirico, senza l’impiego di strumentazioni, è possibile ottenere un indicatore che evidenzia il profilo fisico del soggetto: l’indice di massa corporeo. Tale valore può essere calcolato rapportando il peso del soggetto in kg all’altezza in metri, elevata al quadrato. Sono magri un uomo con IMC non superiore a 22 o  una donna con IMC non superiore a 20. L’IMC non è indicatore dello stato di forma ma una condizione sufficiente per raggiungere un corretto peso corporeo.

Se tale indice (in inglese BMI, body mass index) è inferiore a 19 per l’uomo o 17 per la donna, si può riferire ad un soggetto sottopeso.

Il consiglio sulla necessità di alimentarsi di più è assolutamente errato e generalizzato. Occorre infatti verificare che l’atleta introduca il corretto numero di calorie per ogni macronutriente (carboidrati, proteine, grassi), in relazione all’attività che svolge nel corso della giornata: se introduce 1500 kcal ma il suo consumo è di oltre 2000 kcal, è necessario colmare il deficit.

Tutte le valutazioni relative al peso corporeo del soggetto e al suo stato alimentare, devono essere attentamente valutate e non possono essere ridotte al semplicistico consiglio di “mangiare di più”.

A giudizio di chi scrive, il problema da porsi semmai è legato ad un eventuale dimagrimento di un soggetto sovrappeso che pratica tennis a livello agonistico: per tali soggetti una strategia alimentare abbinata ad un’idonea programmazione sportiva, sono indispensabili.

“Mio figlio ha giocato contro un suo coetaneo dalla struttura fisica più sviluppata: ha un blocco o un rallentamento marcato dell’accrescimento?”

Questa affermazione, nella maggior parte dei casi, nasconde una preoccupazione ingiustificata.

Talvolta giovani atleti affrontano competizioni con coetanei che hanno prematuramente avviato lo scatto di crescita staturale e ponderale, secondo i trend statistici.

I genitori e gli allenatori, nella quasi totalità dei casi, non devono allarmarsi. La competenza del medico di base può chiarire ogni sospetto: l’analisi delle curve di accrescimento, dotate di indici statistici percentilici, consente di valutare il ritardo o l’anticipo nell’aumento staturale.

Nel 2007 il National Center for Chronic Disease Prevention and Health Promotion ha pubblicato un grafico che illustra gli indici percentilici di altezza, peso e indice di massa corporea, per maschi e femmine dai 2 ai 20 anni di età. Se si incrociano i dati contenuti nella tabella, si scopre che un soggetto di 13 anni che ha un’altezza di 150 cm, si colloca al 60° percentile. Ciò significa che il 60 % della popolazione indagata ha un’altezza inferiore e il 40 % ha un’altezza superiore.

I livelli percentilici inferiori al 5 % e superiori al 97 % devono spingere il genitore e il tecnico ad avviare indagini più accurate sul piano scheletrico e ormonale.

Il confronto con coetanei è certamente fuorviante sul piano auxologico; ogni bambino o adolescente ha un personale modello di crescita influenzato da fattori genetici, dall’età gestazionale, dal peso alla nascita e dalla costituzione dei genitori. Le condizioni ambientali, igieniche e affettive contribuiscono anche se marginalmente ad indirizzare il modello di crescita verso un completamento dei livelli massimi geneticamente stabiliti.

Il tecnico attento e scrupoloso, supportato dal genitore paziente e disponibile, comprende che la  selezione precoce del talento, sulla base di qualità antropometriche e fisiche anticipate, può creare una vana illusione: il giovane atleta che ottiene uno scatto staturale precoce ha maggiori probabilità di primeggiare, rispetto a coetanei in ritardo o in linea con le curve statistiche.

In seguito, quando il giovane atleta riesce a colmare il ritardo con un marcato scatto staturale, in piena età adolescenziale avanzata, il divario tende immediatamente ad accorciarsi: in prospettiva auxologica e sportiva, è molto frequente osservare un netto miglioramento del risultato competitivo, in relazione agli atleti che negli anni precedenti beneficiavano di una crescita anticipata.

L’allenatore in campo e il preparatore fisico, a giudizio di chi scrive, devono operare pazientemente sui giovani allievi, senza coltivare mire affannose e precoci: il tennista in età giovanile è immaturo sul piano scheletrico e ormonale. E’ plasmabile e recettivo sulla costruzione delle abilità tecniche. A scatto staturale e ponderale raggiunto, il preparatore fisico realizza un’opera incisiva, sul miglioramento delle qualità condizionali: l’atleta possiede una consolidata struttura scheletrica e fornisce una marcata risposta ormonale. E’ dunque propizio il momento in cui inserire lavori orientati al miglioramento della forza generale e della velocità di base.

Le giovani tenniste affrontano un percorso simile che, nella maggior parte dei casi, è anticipato di qualche anno. L’osservazione dei caratteri sessuali secondari può indicare il livello di completamento degli indici di accrescimento.

“Mio figlio è gracile e poco muscoloso: sarebbe necessario iniziare a farlo lavorare con i pesi”

Questa frase è corretta soltanto nella prima parte: è molto facile che giovani atleti abbiano un deficit nella struttura muscolare generale. Non è corretto affermare la necessità di un lavoro specifico di muscolazione. E’ obbligatorio rammentare che l’approccio alla muscolazione richiede molta prudenza: è indispensabile apprendere le corrette tecniche esecutive, manipolare adeguatamente i carichi e concatenare le sedute “a secco” con il lavoro in campo. Sarebbe infatti rischioso, senza un’adeguata preparazione, abbinare poderosi lavori con i sovraccarichi ad affaticanti allenamenti di ritmo e di continuità sul campo da tennis.

Non tutti gli atleti forniscono la stessa risposta agli allenamenti di forza generale.

I genitori e i tecnici poco esperti sul versante della fisiologia applicata allo sport, desiderano che il giovane atleta, sotto la loro tutela, raggiunga una marcata ipertrofia generalizzata (aumento della sezione del muscolo), con particolare attenzione agli arti inferiori e al braccio dominante.

Il tennis è uno sport di destrezza in cui non è rilevante l’impiego di elevati livelli di forza massimale (per approfondimenti si legga l’articolo dal titolo tennis: il modello prestativo). Qualcuno potrebbe obiettare che gli allenamenti dei professionisti sono scanditi spesso da lavori di muscolazione. Ciò è vero ma si deve considerare che tali atleti sono ben allenati all’impiego dei sovraccarichi e che l’adozione di tali mezzi di allenamento è limitata a particolari periodi del macrociclo annuale, con la regola generale dell’adozione perenne di carichi submassimali.

Il giocatore di tennis in età giovanile può lavorare con profitto impiegando palle zavorrate, elastici di durezza variabile ed esercizi a carico naturale. Il raggiungimento della prima età adulta e il favorevole humus ormonale contribuiscono ad ottenere maggiori benefici dall’impiego dei sovraccarichi. A giudizio di chi scrive, allo scopo di accrescere i livelli di forza veloce del giovane tennista, è molto utile avvalersi del lavoro pliometrico, dei balzi e dei salti in basso e degli sprint su salite brevi. Tali mezzi, ben concatenati e dosati, sono un supporto efficace al pari degli esercizi tipici della muscolazione.

Per le ragioni appena citate, si ritiene dunque che il lavoro di potenziamento tradizionale con i pesi si possa adottare con adeguate cautele: si apprende la tecnica a carichi ridottissimi, poi si programmano le finalità del ciclo di potenziamento, infine si decidono esercizi, carichi, volume e recuperi. Il giovane tennista tuttavia beneficia anche di mezzi alternativi altrettanto efficaci.

“Mio figlio è stanco: ha giocato ieri poi oggi si è fermato soltanto a giocare a tennis. Non farà preparazione atletica perchè è molto provato sul piano fisico.”

Questa è la frase più ricorrente. Chi esprime un pensiero simile non ha tuttavia colpe: storicamente il preparatore fisico è stato associato ad una figura punitiva e di carattere quasi militare. Il maestro di tennis, in passato ha accresciuto tale pregiudizio (frequente la frase: “se non fai il bravo, ti mando a fare atletica” oppure “oggi siete stati disattenti, non fate partita ma vi fate 10 giri di campo di corsa”).

Oggi per fortuna l’approccio pedagogico mirato, la formazione universitaria completa dei preparatori fisici e l’acculturamento professionale dei maestri delle scuole tennis, hanno contribuito a modificare tale impostazione.

Il preparatore fisico è al servizio dell’atleta. Se il giovane allievo affronta un periodo di stanchezza generale è fondamentale che egli svolga sedute rigenerative o di mantenimento in relazione agli impegni affrontati e a quelli da affrontare.

Per svolgere tali allenamenti occorre un dialogo continuo tra atleta, tecnico e preparatore fisico: se l’atleta non comunica le proprie sensazioni, il tecnico non osserva l’atteggiamento dell’allievo e il preparatore non coglie i suggerimenti o non ha la conoscenza per apprezzarli, il lavoro ha finalità nulle.

Il messaggio che si deve comprendere è chiaro: per progredire nello sport è necessario sopportare carichi crescenti nel tempo. Per superare la fase critica di assimilazione del carico, occorre allenarsi anche in condizioni di moderato affaticamento – con le giuste strategie – per migliorare la propria capacità di recupero: se si cerca di allenarsi sempre in condizioni di freschezza, non si otterrà alcun beneficio agonistico. In tale situazione, si sopporteranno sempre gli stessi carichi e si otterranno sempre le stesse risposte.

Conclusioni

Il rapporto tra allievo, tecnico e genitore è assai complesso: gli equilibri da raggiungere sono molti. E’ sempre necessario trovare una soluzione condivisa nell’interesse del giocatore e delle famiglie.

Molte convinzioni sono frutto di luoghi comuni tramandati nel tempo.

Il genitore spesso non ha occasione di documentarsi adeguatamente, per mancanza di tempo o per incapacità di reperire le corrette informazioni.

E’ compito del tecnico fornire tutte le spiegazioni necessarie, allo scopo di dare una risposta professionale certa e scientificamente corretta.

Il dialogo è aperto, cordiale e mirato all’interesse dell’allievo se sussistono gli elementari requisiti di fiducia nel ruolo e nel compito di ogni interlocutore.

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