Australian Open story: la top-10 femminile

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di Alessandro Mastroluca

1981, Navratilova b Evert 67(4) 64 75 – finale
Chris Evert non ha perso un set fino alla finale, ma sente che “è Martina la favorita”. Sa che deve giocare passanti perfetti per vincere a Kooyong. E nel primo set ci riesce. Allunga al tiebreak, che procede in equilibrio fino al 4-4, poi Chris America porta a casa gli ultimi tre punti. Sotto 4-3, Navratilova gioca il suo miglior game del match e tiene il servizio: 4-4. Poi concede solo due punti in due game. Si va al terzo. A quel punto la partita cambia tono e livello. Non c’è strategia, solo emozione, ricerca testarda della riga, del vincente. È il 44mo confronto diretto, ma stavolta Evert vede una Martina che non riconosce, che ha già iniziato a lavorare con Nancy Lieberman: nei suoi occhi, nel suo body language, non c’è traccia di tensione, di paura. Chrissie serve sul 5-5 30-30, ma spara un dritto lungo e per salvare la palla break prova a sorprendere Navratilova, a scendere per prima a rete, ma perde la battaglia di volée. Il suo terzo Slam, Martina lo vince qui.

1984, Sukova b Navratilova 1-6 6-2 7-5 – semifinale
Non è una partita come le altre a segnare l’edizione 1984. E non solo perché Helena Sukova interrompe in semifinale la serie di 74 vittorie di fila di Martina Navratilova, che non perdeva praticamente da un anno, dal 9 gennaio, quando era stata sconfitta da Hana Mandlikova nella finale del Virginia Slims di Oakland: da allora in 300 giorni di gioco aveva vinto 148 set su 154. Non è una partita come le altre perché Sukova è figlia di Vera, l’allenatrice di Navratilova scomparsa due anni prima, e tante volte le ha fatto da raccattapalle. “Vinsi il primo set 6-1, con un po’ di fortuna, che nel secondo aiutò Helena che chiuse 6-3” scrive Navratilova nella sua autobiografia. “Nel terzo andai sotto 3-0 ma riuscii a rimontare fino al 4-4 e arrivare 5-4. A questo punto la mia avversaria tenne il servizio e mi strappò anche la battuta”.

Il dodicesimo, che si rivelerà essere anche l’ultimo, è il game più bello del match. La Sukova è 6-5 40-0, Martina salva i primi due match point con due delle più potenti risposte di dritto della partita e il terzo con un passante. Sempre con il dritto, il marchio di fabbrica della campionessa, ne annulla altri due, ma al sesto una risposta vola lunga. Finisce 1-6 6-3 7-5; Helena, che non avrebbe mai pensato di vincere, toglie alla Navratilova il sogno del 100mo titolo in carriera. “Quando uscimmo dal campo” scrive ancora Navratilova, “le misi un braccio intorno alle spalle e le dissi: ‘Vera sarebbe stata orgogliosa di te’”.

1988, Graf b Evert 61 76(3) – finale
Nuova sede, nuova superficie, futuro e moderno. L’Australian Open si è spostato da un anno sul rebound ace a Flinders Park, “la superficie più neutrale che abbia mai visto” scrive Richard Evans sul Times. È un anno di passaggio, un tempo di passaggio, il 1988. E la finale femminile è un degno passaggio di tempo. Chris Evert a sorpresa ha eliminato Martina Navratilova 62 75 in semifinale. In quella che resterà la sua ultima finale Slam trova Steffi Graf, che ha perso 13 game nelle prime quattro partite, poi ha demolito Hana Mandlikova 62 62 nei quarti e Claudia Kohde-Kilsch in una semifinale durata solo 45 minuti. L’ha battuta nei primi sei confronti, ma sono due anni che vince sempre Fraulein Forehand. Dopo tre game arriva la pioggia. È un pomeriggio di un giorno di pioggia che diventa tempesta per Chris America. Nella prima finale Slam giocata al coperto, Evert va sotto 61 51 ma non molla. Anzi. Vince cinque game di fila e allunga al tiebreak per la prima e unica volta nella storia dei loro confronti diretti. Può fare poco altro però. Steffi Graf mette il primo mattone del suo Golden Slam.

1993, Sabatini b Pierce 46 76(12) 60 – quarti
Melbourne celebra l’Australia Day, l’anniversario dello sbarco della prima flotta britannica sul continente. Ventuno colpi a salve salutano una mattina uggiosa sullo Shrine of Remembrance, il monumento ai caduti, mentre la Francia si illude di vivere una semifinale tutta in Bleu. Ma non andrà così. Una generosa Halard gioca per un set e mezzo alla pari con Monica Seles. Nell’altro quarto della parte alta Mary Pierce sfida la notte e Gabriela Sabatini. Vince il primo set, allunga 7-6 nel tiebreak del secondo. Ma l’argentina annulla tre match point, con grandi meriti soprattutto sul primo, e con un piccolo aiuto dal giudice di linea che chiama l’out sul secondo mentre tutto lo stafio è pronto già ad applaudire la fine del match. Dopo due ore e 11 minuti, all’una e dieci del mattino ora locale, si va al terzo. La partita ricomincia. Ma in fondo è già finita. Pierce non vincerà più un game. “E la rimonta più faticosa che abbia mai fatto” commenta l’argentina. “Ero cosi’ confusa, a un certo punto, che non mi ricordavo più il punteggio né il lato del campo da dove servire. Alla fine del match mi sono persino ritrovata senza voce”. Seles arriverà in finale e batterà Steffi Graf, riscattando la sconfitta a Wimbledon del 1992. è il suo ultimo titolo prima di essere accoltellata da Gunther Parche.

1996, Rubin b Sanchez Vicario 67(4) 75 11-9- quarti
“Andiamo, sbrigatevi, finitela!”. C’è più di un tifoso impaziente sul centrale, che aspetta l’inizio di Agassi-Courier. Ma Arantxa Sanchez non ha nessuna intenzione di lasciare via libera nel terzo set a Chanda Rubin, che certo non vuole mollare: sente che può raggiungere la prima semifinale Slam della carriera. E alla fine la raggiunge. Sono le 22.43 quando gioca la volée incrociata di dritto che le dà la vittoria. Chiude 6-4 2-6 16-14 dopo 3 ore e 33 minuti. In quel momento è la partita più lunga nella storia degli Australian Open al femminile (saranno Schiavone e Kuznetsova a battere il primato). Il solo terzo set è durato 2 ore e 22. Si sono giocati 48 game, tre in più del precedente record, i 45 serviti a Celine Cohen per battere Lea Antonopolis 6-7 (4) 7-5 11-9 al secondo turno nel 1988.

1997, Hingis b Pierce 62 62 – finale
Martina Hingis ha l’ultima occasione di fare la storia e diventare la più giovane vincitrice di uno Slam, l’ultima occasione di battere il primato di precocità di Monica Seles, capace di vincere il primo major a 16 anni e 6 mesi. Arriva a Melbourne dopo la semifinale agli Us Open e la finale al Masters in cui ha costretto Steffi Graf alla fatica che nessun’altra giocatrice ha più affrontato: una match al quinto set. Graf però non c’è in finale, ha perso da Amanda Coetzer. C’è Mary Pierce. Ma la potenza non può nulla contro il controllo di Martina. Pierce raccoglie solo quattro game e Martina Hingis, a 16 anni, 3 mesi e 26 giorni si prende un posto nel libro dei record del tennis senza perdere un set. Vincerà anche il titolo di doppio in coppia con Natasha Zvereva.

2001, Capriati b Seles 57 64 63 – quarti
Nei quarti di finale dell’edizione 2001 Jennifer Capriati affronta Monica Seles. Ha perso sei volte su sei negli Slam dall’ex numero 1 del mondo. E per di più Seles è ora allenata da Harold Solomon, coach l’anno prima proprio di Jennifer Capriati. Seles allunga 75 42, sembra una replica della semifinale degli Us Open del 2000. Ma Capriati reagisce, rimonta e vince, grazie a 42 vincenti contro i 24 di Seles. “Ero semplicemente stanca di perdere da lei” ha detto a fine partita. In finale, batte 64 63 Martina Hingis e conquista il suo primo Slam. È la più bassa testa di serie nell’albo d’oro degli Australian Open. È la prima dal 1979, dopo Tracy Austin, a battere le prime due teste di serie in uno stesso Slam in due set. Grazie al successo di Melbourne, Jennifer Capriati ritorna in top-10 dopo quasi otto anni: l’assenza più lunga nella storia della WTA.

2002, Capriati b Hingis 46 76 62 – finale
Stesso posto, stesse protagoniste, stesso finale. Almeno nella forma. Jennifer Capriati spegne ancora i sogni di successo di Martina Hingis. Ma stavolta la finale è molto più complessa, molto più combattuta. La svizzera vola 64 40, ma l’americana rimonta. Capriati salva quattro match point prima di chiudere 46 76 62: nessuno ne ha annullati così tanti in una finale Slam per poi vincere il titolo.

2003, Henin b Davenport 75 57 97 – ottavi
È una partita che meriterebbe di valere molto più di un posto nei quarti di finale. Justine Henin allunga 75 41 su Linday Davenport, che però vince 10 dei successivi 12 game. Nel terzo è l’americana a salire 4-1, ma la partita non è affatto finita. Henin non sfrutta un match point sul 7-6 e Davenport aggancia il 7-7. La belga serve nel 39mo game del match, ma crolla a terra per un crampo alla gamba. Ha sempre perso nelle cinque precedenti sfide contro Davenport, e questa sembra destinata a diventare la sesta. Ma trova la forza di tenere la battuta, breakare e vincere.

La connazionale Kim Clijsters subisce una clamorosa rimonta in semifinale. Arriva a un game dalla vittoria, sul 5-2 nel terzo, serve due volte per il match e due volte si fa breakare, con due doppi falli sul 5-4. Serena Williams chiude 46 63 75 e si prepara al quarto duello consecutivo contro Venus in una finale Slam. E per la quarta volta, vince, un una delle più belle finali degli Australian Open.

2008, Jankovic b Paszek 26 62 12-10 – primo turno
Non inizia la giornata per Jelena Jankovic. L’autista che deve guidarla a Melbourne Park per il suo debutto all’Australian Open, la porta invece all’Albert Park, dove si corre il gran premio di Formula 1. La serba, testa di serie numero 3 del tabellone, non ha ancora recuperato del tutto da un infortunio alla coscia, tanto che dovrà chiedere più volte l’intervento medico e prendere degli antidolorifici nel corso del terzo set. Tamira Paszek, al quinto Slam in carriera, ci mette del suo a complicare l’esordio di Jelena. Vince il primo set 62 e, perso il secondo con lo stesso punteggio, allunga 4-1 nel terzo. Jankovic deve salvare tre match point in un terzo set scandito da otto break consecutivi. Alla fine la dura e la vince.

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