La fabbrica dei talenti. Lavorare sulla base


(Eleonora Palumbo – Foto Nizegorodcew)
di Roberto Commentucci (articolo pubblicato su Tennis Italiano)
Le lacune strutturali del nostro sistema-tennis.
Anche quest’anno il nostro movimento maschile chiuderà la stagione con soli 4 top 100, e con tutti gli azzurri ben lontani dalle posizioni di vertice: nessun italiano nei primi 40 del mondo. All’orizzonte, scrutando fra i nati negli anni dal 1988 al 1993, non si intravedono molti ricambi all’altezza: Trevisan molto discontinuo, Gaio ancora acerbo, una perdurante scarsità di agonisti davvero competitivi. Continuiamo ad avere pochi ragazzi di qualità. “Occorre allargare la base“, si sente dire da più parti. “Dovremmo avere ogni anno una decina di diciottenni promettenti, non uno o due”. Facile a dirsi. Ma come ci si arriva? E perché accade questo, nonostante i dati sul tesseramento e le iscrizioni alle SAT mostrino che la base di piccoli praticanti agonisti si sta costantemente allargando?
Qualche tempo fa, con la lucidità che lo contraddistingue, Riccardo Piatti denunciava, proprio su questa rivista, uno dei problemi principali che si riscontrano in Italia nella crescita dei giovani: “I nostri ragazzi arrivano a 16-17 anni portandosi dietro evidenti carenze nella tecnica di esecuzione dei colpi fondamentali. Bisogna perdere un sacco di tempo per mettere a posto queste lacune, anziché lavorare su ciò che dovrebbe essere fatto a quell’età, ovvero l’interpretazione tattica, la gestione della partita, il potenziamento fisico. Ciò ne ritarda l’arrivo al professionismo e limita lo sviluppo tecnico”.
La diagnosi è chiara. Occorre avere più qualità e accuratezza sulla tecnica di base, sul lavoro che i nostri agonisti fanno nei Circoli, con i loro maestri, nella delicatissima fascia di età che va dagli 8 ai 15 anni. Perché le lacune tecniche non risolte per tempo diventano poi molto più difficili ed onerose da sistemare, quando si è ormai quasi adulti e le famose “fasi sensibili” (ovvero gli stadi di sviluppo più favorevoli all’apprendimento motorio e coordinativo) sono passate da un pezzo. Ed ecco che ci ritroviamo ragazzi con ottime qualità in alcuni colpi, ma che restano limitati nel rendimento da autentici buchi neri nel repertorio tecnico: seconde di servizio fragili, diritti o rovesci poco incisivi, e via elencando. Lacune gravi, che ne frenano l’ascesa in classifica mondiale; del resto, per avere speranze di arrivare nel circuito maggiore, sempre più competitivo, oggigiorno è necessario disporre di una completezza tecnica inappuntabile.
Le cause profonde di questo fenomeno italiano sono note, molteplici e dolorose: maestri di base di qualità non sempre adeguata; un sistema dei Circoli che resta chiuso, provinciale, a vocazione prevalentemente ricreativa, e che raramente riesce a fornire alle giovani promesse un ambiente realmente funzionale alla loro crescita tecnica; scarsa collaborazione fra Circoli e fra maestri, tutti timorosi che il vicino possa portargli via il ragazzino di talento; allenamento e gare troppo concentrate sulla terra rossa, superficie che fatalmente, a quelle età, premia le doti di regolarità e di resistenza, ma non incoraggia nei ragazzi l’assunzione di un atteggiamento tattico aggressivo, la ricerca costante del punto, ovvero ciò che serve per diventare forti sul serio.
Più in generale, paghiamo una cultura e una mentalità, che pervade tutto l’ambiente – a partire spesso dai genitori, ma diffusa anche fra i dirigenti dei Circoli – troppo orientata ad orizzonti e ad obiettivi di breve termine: per rincorrere a tutti i costi le effimere vittorie nell’età dell’adolescenza, le coppette a squadre fra gli under, i titoli giovanili, spesso si sottopongono i ragazzini ad assurdi tour de force, facendo loro giocare troppe gare, cercando una visibilità inutile, a scapito del quotidiano lavoro di perfezionamento. E così si sacrificano quelli che invece dovrebbero essere i veri obiettivi. Ovvero, una crescita equilibrata, che passa innanzitutto per la certosina, paziente costruzione di un bagaglio tecnico e fisico completo.
Come si vede, si tratta di problemi profondi, di natura strutturale, che richiedono un lavorìo lungo e paziente per essere risolti. Vediamo cosa sta cercando di fare su questo la Federazione.
L’azione della Federazione. Il progetto PIA
La Federazione interviene per migliorare la qualità dell’addestramento di base fin dal 2002, con il lancio del Progetto PIA (Piani Integrati di Area). Le premesse concettuali del Progetto PIA sono semplici: poiché per le scuole tennis fare quantità è più redditizio che puntare sulla qualità, se tu Circolo ti impegni a gestire la scuola rispettando alcuni parametri qualitativi (ad esempio in tema di qualifiche di maestri e istruttori, di metodologie didattiche, di rapporto massimo fra bimbi e maestri in campo) io Federazione ti supporto economicamente, per ristorarti del mancato guadagno. Nato fra grandi speranze, in otto anni il progetto ha vissuto parecchi chiaroscuri, specie sul piano della credibilità dei controlli. Del resto, per una Federazione sportiva non è mai semplice erogare sanzioni severe su coloro che poi, di fatto, sono chiamati ad eleggerne gli organi.
Attualmente, comunque, le cose paiono andare meglio. Aderiscono al progetto circa 350 delle 1.400 scuole tennis riconosciute dalla FIT, che eroga loro contributi complessivi pari a circa un milione di euro l’anno. E i risultati, come ci spiega Michelangelo Dell’Edera, nuovo Direttore della Scuola Maestri, di recente ribattezzata “Istituto di Formazione Roberto Lombardi” iniziano a vedersi: “Attualmente, circa l’80% dei ragazzini posti sotto osservazione dal Settore Tecnico provengono dalle 350 scuole PIA. Ciò significa che effettivamente in queste realtà la qualità didattica media è molto cresciuta, e questo ci incoraggia ad andare avanti”. In prospettiva, appare necessario informare più chiaramente gli utenti, la “clientela” sulla differenza tra un Circolo che aderisce al PIA e una scuola ordinaria. Una maggiore trasparenza consentirà a tutti di scegliere la collocazione tecnica ottimale. Chi vuole portare al tennis il figlio paffutello potrà validamente iscriverlo nella SAT sotto casa. Chi invece ha qualità e ambizioni di agonismo deve poter trovare una collocazione adatta alle sue esigenze, cosa che sarà ovviamente più semplice in un Circolo PIA.
I Centri Periferici di Allenamento
Un altro aspetto da combattere con forza è il relativo provincialismo del nostro ambiente, in cui ogni Circolo finisce per diventare un piccolo mondo chiuso, e appena un ragazzino inizia a fare qualche risultato, immediatamente diventa una piccola star. Su questo aspetto il Progetto PIA, che prevedeva una serie di iniziative per favorire la cooperazione tra i Circoli, è sostanzialmente fallito, fra beghe di cortile e faide spesso di natura personale. Si è così deciso di cambiare approccio, con l’avviamento dei cosiddetti Centri Periferici di Allenamento, che dopo la positiva sperimentazione avviata nel 2009, sono stati di recente messi a regime.
Ai Centri (24 in tutta Italia) la Federazione ha chiamato a partecipare i migliori agonisti nati negli anni 97, 98 e 99 (complessivamente circa 250 ragazzi) che vengono riuniti presso Circoli selezionati, in possesso di strutture di qualità adeguata (campi coperti, campi veloci, palestre) per svolgere congiuntamente, con cadenza settimanale o bisettimanale, speciali sessioni di allenamento con l’ausilio dei tecnici federali di macroarea, oltre ovviamente che dei loro maestri. E’ poi prevista la presenza di un preparatore fisico qualificato.
L’idea è quella di creare le condizioni per superare rivalità e gelosie, consentendo ai migliori prospetti della zona di potersi allenare e confrontare fra loro, migliorando l’offerta tecnica di base e ponendo i tecnici federali in un’ottica di consulenza e di servizio nei confronti dei maestri e delle famiglie dei ragazzi. Ad esempio,verrà attentamente studiata la programmazione dei ragazzi, in modo da evitare impegni agonistici eccessivi e lasciando tempi adeguati per l’allenamento. Da quest’anno, tra l’altro, programmare un’attività giovanile realmente funzionale alla crescita sarà più facile, grazie all’introduzione del Circuito Nazionale Giovanile (vedi box).
Ai Centri collaborano anche i tecnici dell’Istituto Roberto Lombardi, che si occupano di effettuare delle sessioni di videoanalisi (riprese ad altissima frequenza, con cui è possibile analizzare nel dettaglio la biomeccanica dei colpi fondamentali) per individuare tempestivamente le aree di ottimizzazione e miglioramento della tecnica dei colpi. Questa collaborazione rappresenta un passo avanti sostanziale, rispetto al tradizionale muro contro muro che per tanti anni ha diviso Settore Tecnico e Scuola Maestri.
L’obiettivo ultimo è quello di mettere i ragazzi nelle migliori condizioni per poter accedere, in prospettiva, al Centro di Tirrenia, facendo in modo che ci arrivino già in possesso di un bagaglio tecnico equilibrato e completo, a differenza di quanto avvenuto troppe volte in passato, quando sui ragazzi del Centro si è dovuto lavorare a lungo su problemi tecnici che avrebbero dovuto essere risolti molto prima.
Quella dei Centri Periferici è una sfida molto ambiziosa. In prospettiva, l’interazione tra i tecnici federali e i maestri dei ragazzi, se davvero fosse improntata al giusto spirito di collaborazione, potrebbe finalmente consentire, attraverso il confronto, una autentica crescita culturale di tutto il sistema, consentendo di veicolare in modo capillare il messaggio tecnico e omogeneizzando le metodologie di allenamento. Tuttavia, perché il progetto colga i suoi obiettivi, è necessaria tanta buona volontà e fiducia reciproca. Appare cruciale, in particolare, cercare di coinvolgere il più possibile i maestri dei ragazzi, che a volte vedono nel centro periferico un’interferenza nel loro lavoro quotidiano e una costosa perdita di tempo. Non sarà semplice, a meno di studiare delle forme di incentivo atte a ristorare i maestri per il reddito perso per le giornate passate nei Centri Periferici.
La formazione dei tecnici.
Un altro ambito di intervento è quello della formazione dei maestri, da sempre uno dei punti deboli del nostro sistema. Per giudizio unanime, negli ultimi 10 anni la qualità dei corsi federali per Maestro e Istruttore è enormemente cresciuta, grazie all’opera del compianto Roberto Lombardi. Tuttavia, negli anni più recenti si era venuta a creare una certa “spaccatura” fra l’approccio della scuola (scientificamente impeccabile, ma dal taglio sempre molto teorico) e le esigenze concrete dei maestri, che restano uomini di campo e che badano al pratico. “Abbiamo rivisto i programmi dei corsi aumentando il tempo dedicato alle esercitazioni pratiche” E’ sempre Dell’Edera a parlare. “Inoltre, abbiamo avviato un’opera di comunicazione, anche mediante il sito ufficiale della Federazione, per sensibilizzare gli utenti, i genitori dei ragazzini, e tutti coloro che prendono lezioni di tennis, sull’esistenza delle qualifiche federali, e su cosa sono abilitati fare gli Istruttori e i preparatori fisici. L’abusivismo va combattuto con determinazione, perché distorce la concorrenza fra le scuole, abbassa la qualità dell’insegnamento a diminuisce nei maestri l’incentivo a studiare e a migliorarsi. Nella nostra visione, una clientela più informata ed esigente è il migliore stimolo per i maestri ad aggiornarsi e per i Circoli a rispettare le norme federali sull’utilizzo degli insegnanti.” Informare la clientela sembra una buona strategia: i troppi insegnanti improvvisati saranno incentivati a mettersi in regola e ad ottenere la qualifica federale, compiendo il necessario percorso di studi. A gioco lungo, ne risulterebbe accresciuta la qualità complessiva e ne guadagnerebbe il prestigio delle qualifiche FIT, sull’esempio di quanto avviene in Francia, dove nessuno si sogna minimamente di discutere la preparazione di un maestro “targato” FFT.
Una lacuna grave: la formazione dei coach. Dove occorre decisamente migliorare è nella formazione di coach di adeguata qualità, di cui siamo provvisti in maniera del tutto insufficiente. Il nostro tennis resta dipendente da poche figure di eccellenza (i vari Piatti, Sartori, Rianna, Pistolesi, Fanucci etc.), tutte ovviamente già occupate, e per i giovani emergenti è durissimo trovare una guida tecnica adeguata. Purtroppo questa professione in Italia resta decisamente poco attraente. Un ex giocatore, se è stato un buon seconda, non ha problemi a trovare posto in un bel Circolo alla moda, dove riesce a fare una vita piacevole guadagnando bene. Una prospettiva molto più allettante rispetto alla vita nomade del coach, sempre in giro per tornei minori, tra un aeroporto e un alberghetto, in paesi magari improbabili, alle costole di un ragazzino di prospettive incerte, e che ti può mollare da un momento all’altro, spesso proprio quando, dopo tanta gavetta, ci si sta affacciando al mondo dorato dei tornei Atp. Su questo, la Federazione dovrebbe intervenire, e una possibile soluzione potrebbe essere la predisposizione di uno specifico programma di formazione presso le principali accademie straniere, da riservare a giovani ex-giocatori che abbiano serietà, ambizione e voglia di studiare.
Il Progetto Campi Veloci.
Ma tutto questo non basta ancora. Se si vogliono produrre giocatori, oltre agli uomini, ci vogliono anche le strutture. In quest’ambito, una novità che ha suscitato parecchio interesse è stato il lancio del “Progetto Campi Veloci”, con cui la Federazione cerca di stimolare i Circoli ad installare campi in superficie sintetica per supportare le esigenze dei giovani. Su questo argomento Renzo Furlan, Direttore del Centro di Tirrenia, ha le idee molto chiare: “I ragazzi, per acquisire un bagaglio tecnico completo, devono allenarsi e competere su tutte le superfici. In questo è illuminante l’esempio della Spagna, dove da 10 anni hanno iniziato a giocare sempre più sul veloce, e che adesso infatti produce tennisti competitivi ovunque”. E’ un progetto sulla cui validità concordano praticamente tutti i tecnici. Umberto Rianna, che ha imparato il mestiere da Nick Bollettieri, ne è convinto: “Un giovane con ambizioni di professionismo non può prescindere dall’allenamento e dalla competizione sul veloce. La terra allena la corretta impostazione tattica dello scambio, l’uso delle variazioni, dei cambi di ritmo. Ma sul veloce si è maggiormente incentivati a lavorare sui colpi di inizio gioco (servizio e risposta) che ad alto livello sono sempre più decisivi, e a stimolare l’anticipo, perché sul rapido è più difficle difendersi e bisogna tenere i piedi vicini alla riga, essere sempre aggressivi.” Si tratta di una sfida affascinante ma durissima, considerata la predilezione per la terra rossa della base dei praticanti. Ma la Federazione pare determinata a portare avanti il progetto. “La nostra strategia” riprende Furlan “è quella di far disputare sulle superfici veloci sempre più competizioni giovanili (vedi box). In questo modo i Circoli saranno stimolati a riconvertire una parte dei campi o a costruirne di nuovi, innescando un circolo virtuoso. L’obiettivo, a tendere, è quello di passare dalla situazione attuale, in cui sul veloce si giocano meno del 10% dei tornei giovanili, ad una ripartizione più equilibrata, portando l’attività sul sintetico al 30-35% del totale”. I primi dati paiono incoraggianti. In pochi mesi, le ditte specializzate nell’installazione di campi sintetici con cui la FIT ha concluso apposite convenzioni hanno registrato un notevole aumento di interesse.
Per concludere
Da questa lunga carrellata emerge la sensazione che la Federazione stia vivendo una fase di grande turbolenza. Certamente si sta cercando di cambiare marcia, e si stanno avviando progetti con un respiro di lungo termine. Le incognite restano tuttavia molte. Occorrerà soprattutto vedere quanto, ed in che misura, il nostro sonnolento ed autoreferenziale sistema dei Circoli si sentirà coinvolto e si dimostrerà pronto a recepire gli stimoli al rinnovamento che vengono dal centro. In altri termini, quanto i Circoli riusciranno a progredire sul piano della cultura sportiva, che dovrebbe improntare le scelte di gestione, cercando un contemperamento fra le esigenze ricreative dei soci e quelle di sostegno all’agonismo. Un esempio per tutti: il Consiglio Federale, nell’ambito del Progetto Campi Veloci, ha stabilito che i campionati italiani under 13 e under 14 nel 2011 si dovranno disputare su una superficie sintetica. Ma si troveranno Circoli adeguatamente forniti di campi rapidi disposti ad organizzarli?
In conclusione, una cosa, purtroppo, è certa. Per vedere i primi risultati concreti di tutto questo lavoro occorrerà aspettare ancora degli anni.
Ma forse qualcosa, finalmente, si muove davvero.
Box – Le competizioni giovanili sul veloce.
Nell’ambito del Progetto Campi veloci, sta crescendo il numero di competizioni giovanili organizzate su campi in sintetico. La fase finale dell’ultima edizione della Coppa delle Province, manifestazione a squadre per rappresentative under 11, è stata disputata sui campi veloci del Centro Federale di Castel di Sangro. Nel mese di gennaio, si giocherà a Tirrenia, sul veloce indoor, la fase finale della Coppa d’Inverno, che coinvolgerà i migliori atleti under 15 d’Italia. Ha aderito al progetto anche il tradizionale torneo giovanile Lemon Bowl, in programma la prima settimana di gennaio, che farà disputare sul veloce tutte le gare della categoria under 14, maschili e femminili. La novità più importante, tuttavia, resta l’organizzazione sul sintetico dei campionati italiani under 13 e under 14, nonché delle relative prove di qualificazione a livello regionale.
Box – Il Circuito Nazionale Giovanile FIT
A partire dal 2011 la Federazione organizzerà un circuito nazionale giovanile per le categorie under 10, 12, 14 e 16. Il circuito sarà strutturato su sei tappe: le prime 3 si terranno all’interno delle Macroaree (aggregazioni di Regioni in cui la Federazione suddivide il territorio), e a queste potranno partecipare solo gli atleti delle Macroaree stesse. Nelle seconde tre tappe si potrà invece andare a competere anche al di fuori della propria Macroarea. Le prime tre tappe saranno osservate dai tecnici federali, sempre alla ricerca di ragazzi interessanti; le prime due metteranno in palio alcune wild card per la partecipazione ai tornei internazionali Tennis Europe di categoria

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