Grigor Dimitrov, la dimensione di un fenomeno

dimitrov interno

di Federico Mariani

Le critiche, così come i continui paragoni col più grande, stanno diventando stantie e stucchevoli. Il talento di Dimitrov non va né imbrigliato né catalogato, ma goduto. Va riconosciuta la giusta dimensione del bulgaro, che non sarà quella di un campionissimo, ma quella di un fenomeno sì.

E’ stato la migliore promessa della sua generazione, domani sarà campione, oggi è già un fenomeno. E’ difficile essere Grigor Dimitrov, specie in questa fase del tennis al maschile che si prepara ad una transazione.

Il bulgaro è un predestinato praticamente da sempre, ma su di lui va fatta un po’ di chiarezza perché frequenti sono gli errori di valutazione che molti appassionati, tifosi ed addetti ai lavori commettono. Dimitrov è un campione, ha un talento sconfinato, sa fare con la racchetta cose che veramente pochissimi riescono, della sua generazione nessuno, ma non è e non sarà un campionissimo. Sul suo conto si è soliti commettere due ordini di errori.

Da una parte c’è chi ancora lo considera solo un’opaca imitazione di Roger Federer, un paragone giusto e giustificabile nei primi anni di carriera per un’oggettiva somiglianza stilistica, ma che ora è divenuto stantio e francamente stucchevole. Certo, lo stesso Federer da un punto di vista non sta facilitando le cose visto che, dopo averlo inserito nel Team8 (agenzia manageriale fondata insieme a Tony Godsick ed altri due soci) ha “passato” al bulgaro anche Stephane Vivier ,storico fisioterapista con cui collaborava da cinque anni. Tutta un’altra questione è, però, attendersi da lui i fasti della carriera dello svizzero, una carriera irripetibile da Dimitrov per il semplice fatto che esiste una differenza siderale come valore assoluto tra i due. Chiedere al bulgaro di vincere quanto Federer è tanto stupido quanto ingiusto. E questo rappresenta il secondo errore di valutazione che viene commesso da chi crede talmente tanto in Dimitrov fino a stupirsi che ancora non abbia portato uno Slam. Senza scomodare Federer (ma anche Nadal), difficilmente il bulgaro riuscirà a conquistare i trofei anche di Djokovic, giusto per rimanere su nomi attuali. Dimitrov è di una categoria inferiore a queste leggende, ha un’altra dimensione e finché non si coglierà questo passaggio, non se ne apprezzerà appieno il suo cammino sul circuito.

Il ragazzo di Haskovo incarna la bellezza, l’eleganza, l’imprevedibilità del tennis che sarà. Della sua generazione è l’unico in grado di far cadere la mascella allo spettatore, l’unico in grado di regalare spettacolo puro a chi guarda, l’unico in grado di saper confezionare perle come le due consecutive mostrate a Stoccolma che da sole innalzano il livello del gioco e ripagano il prezzo del biglietto. L’importanza di avere un giocatore del genere nei prossimi dieci anni almeno è grandissima, quasi vitale per uno sport che, perso Federer, attraverserà un’inevitabile fase di crisi. Pare quanto mai inutile e folle dover forzatamente catalogare Dimitrov in una categoria della serie “campionissimo o flop”. Dimitrov va goduto perché incanterà le platee di ogni campo del pianeta e se il suo talento lo porterà a conquistare dieci Slam ben venga, ma se i titoli saranno molti meno come è più verosimile credere, francamente fa lo stesso. A chi ama questo meraviglioso gioco, vedere un tennista fare ciò che fa Grigor nel rettangolo di gioco basta e avanza ad esaltarsi.

D’altra parte, è assurdo constatare come nel destino dei più talentuosi vi siano critiche onnipresenti. Fino allo scorso anno il bulgaro giocava bene, anzi benissimo, ma non sapeva vincere perché era troppo leggero, non poteva competere coi più forti a livello fisico ed atletico, vero. Quest’anno per aggiungere concretezza (e finalmente vittorie) al suo tennis, ha ingaggiato Roger Rasheed lasciando Magnus Norman e la Good to Great Academy. Tre tornei vinti nell’anno in tre superfici diverse (più una finale), una semifinale Slam a Wimbledon, la top ten raggiunta e la qualificazione alle Atp Finals sfiorata sono stati i risultati. Anche in questo caso, tuttavia, sono piovute critiche inneggianti al fatto che con Rasheed Dimitrov stava mutando il suo gioco fino ad essere considerato alla stregua di un pallettaro per i miglioramenti maturati sia sotto il profilo atletico, sia come solidità da fondocampo. E allora via ai paragoni con Monfils, ex allievo di Rasheed, trasformato a detta dei più da purosangue a rematore. Cose dell’altro mondo!

Dimitrov va considerato ed apprezzato per quello che realmente è, ovverosia un ragazzo dall’enorme talento che gioca meravigliosamente bene a tennis. Va posizionato nella giusta dimensione, che non sarà quella di un campionissimo, ma quella di un fenomeno.

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