ATP, il ritorno di Jerzy Janowicz… forse


Era la primavera del 2013, quando, sul centrale del Foro Italico Jerzy Janowicz fece la sua comparsa davanti al pubblico romano. L’incontro si disputò nella sessione serale e lo mise di fronte ad un Roger Federer che in quell’edizione degli Internazionali sarebbe arrivato in finale. Jerzy perse in due set molto combattuti, mostrando un servizio devastante, un diritto notevolissimo e in generale un livello di gioco da top player. Fino a quella serata il polacco era noto soprattutto per l’exploit del novembre 2012 quando a Parigi Bercy riuscì ad inerpicarsi fino in finale (persa con Ferrer) partendo dalle qualificazioni. La sensazione generale che lasciò era che il tennis aveva trovato un nuova possibile stella, uno che poteva stare tranquillamente e costantemente a ridosso dei migliori.
Il mese dopo il torneo di Wimbledon sembrava suffragare ulteriormente questa ipotesi, quando, approfittando anche di un tabellone invero non irresistibile (che lo vide affrontare e superare il connazionale Kubot in uno storico quarto di finale tutto polacco) riuscì a raggiungere le semifinali. Perse da Murray in quattro set senza affatto sfigurare. Con quel torneo arrivò il suo best ranking, al 14mo posto. Sembrava solo l’anteprima di un ormai prossimo ingresso nella top ten. In realtà ancora oggi quella posizione rappresenta il suo best.
Qualche limite di tenuta psicologica ma soprattutto una serie di problemi fisici ne hanno prima limitato il rendimento tra il 2014 e il 2015, poi, un grave infortunio al ginocchio ad inizio del 2016, l’ha tenuto lontano dai campi per 8 mesi. Un’eternità a questi livelli. Sprofondato, ovviamente, nelle classifiche mondiali, dalla scorsa estate, usufruendo del ranking protetto, ha iniziato lentamente a risalire la china. Una buona partita al primo turno degli Us Open con Djokovic persa in quarto set, un challenger vinto sulla terra di Genova in finale contro un altro nobile decaduto, Nicolas Almagro, sono stati i primi segnali di un possibile ritorno del ventiseienne polacco. Ad inizio anno si è affidato anche ad un nuovo coach, l’austriaco Gunter Bresnik.
Questa settimana è stato impegnato nel bel torneo di Sofia,  dando nuovamente sensazioni altamente positive con i suoi colpi “forti” che sembrano aver ripreso a funzionare in maniera adeguata. Prima ha battuto in maniera convincente il sempre volitivo e ostico Sela. Ieri ha ceduto soltanto al terzo set per 7-5 contro quel Dimitrov, idolo di casa e favorito numero uno, per motivazioni e per stato di forma, del torneo.
Dopo lo partita con Sela, in conferenza stampa è emerso uno Janowicz che se da un lato sembra aver riconquistato serenità e fiducia nei propri mezzi, dall’altro è apparso consapevole delle difficoltà che probabilmente incontrerà nel risalire la china del ranking Atp. Oggi Jerzy è numero 267 del ranking, da lunedì tornerà nei 250. Il percorso è ancora lungo e difficile. Lo stesso giocatore ha ricordato ai giornalisti presenti come, a livello challenger, ogni partita risulti estremamente complicata in quanto incontri magari giocatori più deboli dal punto di vista squisitamente tecnico ma che sono pronti a giocare alla morte perché, soprattutto a quel livello, ci si gioca non solo una partita di tennis ma anche dei soldi che per molti di quei tennisti sono vitali per proseguire nel “sogno” tennistico stesso. Inoltre, tenendo conto che la carriera media del tennista si è allungata, la possibilità di incontrare giocatori dal nobile passato, forti tecnicamente, a livello challenger è aumentata notevolmente.
“Tennis is a difficult sport!”.  Ha chiosato a fine conferenza Janowicz, ricordando quanto sarà difficile tornare non solo tra i primi 20, ma anche tra i primi 100. Il solo fatto di esserne consapevole potrebbe essere il primo passo per la  rinascita. Il resto lo potrebbero fare i suoi colpi pesanti da fondo e soprattutto quel servizio bazooka che continua a viaggiare a 230 km all’ora.

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