Sloane Stephens: un titolo per essere un po’ più “Serena”?

Sloane Stephens
di Alberto Cambieri

Se la stagione della conferma, cioè quella successiva ad una che ha segnato un salto di qualità notevole in termini di gioco e risultati, è spesso fondamentale per capire la caratura di un tennista al fine di poterne misurare in modo chiaro le ambizioni future, anche l’annata post stagione della conferma può rivelare aspetti importanti. Il 2013 di Sloane Stephens è senza dubbio stato l’anno della svolta e dell’approdo ad alti livelli da parte della tennista di Plantation: le semifinali in Australia, conditi dalla splendida vittoria ai quarti sul suo idolo d’infanzia Serena Williams, i quarti a Wimbledon persi contro la futura vincitrice Bartoli e gli ottavi a Parigi e New York non sono stati accompagnati da risultati altrettanto soddisfacenti a livello WTA, ma il fatto che riuscisse ad esprimere il meglio del proprio gioco nei tornei più importanti non poteva passare inosservato. Tutto questo, accompagnato da ottimi e convincenti risultati a livello juniores, sembrava segnare la rapidissima ascesa di una tennista capace a soli 20 anni di issarsi già al numero 11 delle classifiche mondiali e di rappresentare probabilmente il prospetto più interessante, non solo degli USA, per quanto riguarda il futuro del tennis femminile. Inizialmente il 2014 ha seguito l’andamento del 2013, con convincenti risultati a livello Slam (ottavi sia a Melbourne che a Parigi, raggiungengo la seconda settimana di tornei Major per 6 Slam consecutivi, unica giocatrice ai tempi titolare di una striscia simile) ma risultati non altrettanto positivi a livello WTA: a Wimbledon però l’incantesimo Slam pare essere svanito con una brutta prestazione a livello di primo turno contro la rientrante Kirilenko, a cui hanno fatto seguito poche vittorie in un’estate culminata con la pessima partita disputata e persa agli Us Open contro la Larsson, giocatrice nettamente inferiore e che, specialmente sul cemento outdoor, non dovrebbe per la Stephens essere un’avversaria troppo insidiosa. Chiuso il 2014 con un infortunio al polso ed un ranking precipitato alla 37esima posizione mondiale, Sloane ha iniziato il 2015 in modo simile a come aveva concluso il 2014: non troppe vittorie, poche in particolari quelle portate a casa contro avversarie forti o avanti a lei nel ranking, gioco spesso difensivo e raramente in grado di riuscire ad incidere con servizio e diritto.

Il 2014 in particolare è stato segnato dal cambiamento da parte della Stephens di numerosi coach di alto livello tra cui Annacone e Hogsted, nessuno dei quali però è stato in grado di far tornare l’americana sui livelli della stagione precedente o di farle compiere un ulteriore salto di qualità in grado di permetterle di irrompere tra le prime 10 giocatrici del mondo. Aver visto avanzare velocemente altre atlete giovani come Bouchard o Keys non deve essere stato semplice per l’americana, dal momento che fino a poco tempo prima era considerata lei la futura nuova top 10 mentre la Bouchard è stata in grado di “rubarle” spazio in termini di vittorie, sponsor, posizione del ranking ed attenzione da parte dei media di tutto il mondo. Anche la Keys è riuscita a portare a casa la scorsa stagione il primo titolo WTA ed è riuscita anche a superare, nonostante i due anni di età in meno, la Stephens nel ranking di fine anno, diventando nella mente di molti la vera futura stella degli USA. Solo il tempo saprà dirci quale sarà la tennista tra le tre citate in grado di raggiungere i risultati più importanti e le vette più alte del ranking, ma rimane il fatto che, dopo i primi mesi zoppicanti di 2015, la Stephens è lentamente tornata sui livelli del 2013 prendendosi anche numerose rivincite sulle dirette rivali: in primis ha assunto come nuovo coach Nick Saviano, storico mentore e guida tencica della Bouchard ma abbandonato dalla canadese alla fine di un 2014 per lei stratosferico, e poi è tornata ad ottenere risultati importanti in molti tornei e su ogni superficie. La sua rinascita, se così può essere definita, è iniziata da Indial Wells, torneo nel quale è riuscita a superare atlete esperte e meglio classificate di lei come Kerber e Kuznetsova prima di arrendersi, ma solo al terzo set, contro l’ex idolo Serena Williams. Quella partita, per quanto abbia per lei abbia rappresentato una sconfitta, è stata più che mai fondamentale per la stessa Stephens: innanzitutto ha rappresentato un ritorno ad un tennis di alto livello e poi è stata l’occasione per mostrare al mondo come i rapporti tra lei e Serena, suo idolo d’infanzia con la quale però nacquero screzi e conferenze stampa rivelatorie di eventi non così edificanti soprattutto per una campionessa del calibro della Williams, fossero definitivamente tornati ad essere ottimi (come mostrato nella cordialissima stratta di mano finale). Non sappiamo quanto il tutto fosse guidato da veri sentimenti o da un discorso più legato all’immagine (si trattava del tanto celebrato ritorno ad Indian Wells da parte di Serena dopo i noti fatti del 2002), ma rimane il fatto che Sloane ha probabilmente tratto da quella partita le giuste sensazioni per tornare ad esprimere un gioco per lo più aggressivo, meno volto ad allungare lo scambio e più predisposto a cercare il vincente con il diritto ed incidendo il più possibile fin dal primo colpo.

Con la fiducia ritrovata ha giocato un ottimo torneo a Miami, superando in due set sia Keys che Bencic, dimostrando che nonostante i mesi di sbandamento doveva ancora essere considerata una tennista giovane con tutte le carte in regola per portare a casa risultati ‘pesanti’ negli anni futuri. Anche la stagione sul rosso non è stata per lei avara di soddisfazioni in quanto è riuscita a raggiungere le seminfinali a Strasburgo perse contro la futura vincitrice Stosur e gli ottavi a Parigi, raggiunti superando in due set avversarie non banali come Venus, Watson e Pironkova prima di arrendersi in set combattutissimi set contro la ‘solita’ Serena per 16 75 63 dopo aver messo in serissima difficoltà la futura regina di Parigi. Sull’erba è stata in grado di raggiungere le seminfinali ad Eastbourne, perse soprattutto a causa delle pause che ancora oggi rappresentano l’aspetto più problematico del suo tennis, e il terzo turno a Wimbledon raggiunto grazie a vittorie convincenti su Strycova e Davis prima di arrendersi, non senza lottare, di fronte ad una Safarova più completa ed esperta di lei in questo momento. La sua rinascita e il suo possibile lancio ad altissimi livelli passano però necessariamente per la stagione sul cemento americano ed asiatico, tornei nei quali non ha mai raggiunto livelli degni del suo gioco, nato per portare a casa match anche importanti sul duro. Il suo servizio è in continua crescita e sempre più in grado di sfruttare la potenza delle gambe, il diritto è sempre stato fantastico e quando non si limita a scambiare sulla diagonale ma preferisce andare alla ricerca del punto sia con l’incrociato che il lungolinea sa essere devastante grazie alla rotazione che riesce ad imprimere attraverso un ottimale uso del polso; non è solo però il classico schema da scuola americana servizio-diritto ad impressionare e a poter essere la base delle sue vittorie sul cemento ma non solo, poiché anche il gioco di volo è in continua crescita ed è sempre più convincente il modo con cui gestisce il rovescio: non sarà mai questo il colpo della Stephens, ma un approccio sempre attento all’esecuzione di questo fondamentale, una maggior predispozione a colpirlo anche in controbalzo per evitare di indietreggiare e finire lontana dalla linea di fondo e a giocarlo spesso anche in lungolinea e non solo per cambiare diagonale, ma soprattutto per incidere e guadagnare campo è una delle chiavi del ritorno ai livelli che contano da parte della tennista dell Florida.

A Washington, 84esimo torneo WTA giocato da Sloane in carriera, è finalmente riuscita a raggiungere una finale e a portare a casa, al primo match conclusivo disputato in un torneo del circuito maggiore, il primo alloro WTA. E’ stata una settimana molto convincente quella disputata dalla Stephens nella capitale degli USA, ricca di insidie che la tennista americana è stata in grado di gestire in modo ottimale. La Linette è una tennista interessante in buona crescita ma non può rappresentare un ostacolo eccessivo per l’americana e gli appena tre giochi ceduti dimostrano una superiorità netta da parte di Sloane; al secondo  turno ha beneficiato del walkover della campionessa uscente Kuznetsova, mentre ai quarti ha portato a casa un match tutt’altro che comodo contro la stellina americana Chirico, ragazza dal tennis già molto completo e che sia su terra che cemento saprà dire la sua. Un doppio 64 in un match non banale le ha permesso di arrivare ad affrontare una Stosur in forma in questa parte centrale di 2015: nonostante i primi momenti del match siano stati a favoe dell’australiana, la Stephens è riuscita a rimanere comunque quasi sempre attaccata nel punteggio e nel livello di gioco alla vincitrice dello UsOpen 2011 nel primo set prima di dominare la sua avversaria nella seconda frazione. Ancora più impressionante è stata la finale da lei giocata contro una Pavlyuchenkova sì provata per le fatiche degli ultimi tornei (dopo una prima parte di 2015 terrificante in senso esclusivamente negativo), ma comunque in grado di superare durante la settimana tenniste insidiose come Bencic, McHale e Makarova. Il primo titolo WTA in carriera ha rappresentato senza dubbio un momento di svolta della carriera della ancora giovane americana classe 1993 e ha sicuramente dato sollievo a lei e tutti gli appassionati che spesso ricordavano come fosse la tennista meglio classificata negli ultimi anni a non aver mai vinto un titolo WTA (e nemmeno aver giocato una finale). Non dev’essere stato facile per una giocatrice fin da piccola accostata a un’icona come Serena Williams (più per colore della pelle, provenienza e tipo di sport praticato che per motivi prettamente tecnici) ricevere attenzioni e subire pressioni da parte di un Paese che ha faticato negli ultimi anni a produrre atlete di livello assoluto che potessero portare a casa risultati pesanti dopo il ritiro delle sorelle Williams, ma grazie ad un tennis ritrovato da parte della Stephens e alla cresciuta di altre giovani americane dal futuro radioso e dal gioco di assoluto livello (Keys su tutte) può affrontare i futuri anni di carriera con una maggior consapevolezza nei propri mezzi e con più forza mentale accumulata nelle ultime stagioni. Se il progetto con Saviano proseguisse, se riuscisse a tenere lontani gli infortuni e non farsi coinvolgere in vicende per lo più extratennistiche come le polemiche a distanza con Serena post-AustralianOpen 2013 sarà sicuramente una delle tenniste capaci di portare a casa i trofei che contano delle prossime stagioni. Non sarà mai la nuova Serena, ma se saprà continuare come negli ultimi mesi a vivere serena il complicato mondo del tennis di vertice i fan americani avranno la speranza di veder sollevare trofei importanti da parte di beniamine di casa che di cognome non fanno ‘Williams’.

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