Us Open, al ballo dei debuttanti

Andrej Rublev
di Sergio Pastena

Partiamo da un fatto: è più difficile esordire negli Slam agli Us Open rispetto a farlo agli Australian Open o al Roland Garros. Senza scomodare riflessioni altamente complesse, la questione riguarda puramente il calendario: lo Slam americano è l’ultimo di quelli estivi, e generalmente chi ha la classifica per giocarlo ce l’aveva pure a Wimbledon, mentre in Australia e in Francia la distanza dal precedente major aumenta a quattro mesi e le possibilità che ci siano new entry aumentano notevolmente.

Anche Flushing Meadows, però, le sue novità ce le ha e una è molto interessante per noi. Andiamo a fare un rapido excursus dei novellini presenti.

Marco Cecchinato

Il palermitano, fino ad ora, l’area degli Slam l’aveva assaggiata solamente nei tabelloni di qualificazione: prima vittoria l’anno scorso in Francia (sconfitto Burquier prima di cedere ad Haider-Maurer, primo terzo turno sempre a Parigi tre mesi fa (Thompson e Jung mandati a casa, ma non Berrer). L’esordio, però, avviene a New York e nel modo migliore, di diritto: frutto di una costanza a livello Challenger che non ha portato molti titoli (solo Torino) ma una serie entusiasmante di nove semifinali che, messe assieme, hanno portato Cecchinato nella Top 100 e nel suo primo main draw Slam. Esordio contro un Mardy Fish al gran finale: non facile, sia perché l’americano ha recentemente mostrato di non essere ancora in disuso, sia perché prevedibilmente il pubblico farà un tifo scatenato per l’idolo di casa. Poco male, già esserci è un’ottima cosa.

Tommy Paul

Diciottenne del New Jersey trapiantato a Boca Raton sotto l’ala protettrice di mamma USTA, il buon Tommy sta entrando in maniera piuttosto dirompente nella sua fase di maturità tennistica. La campagna estiva è stata di primo piano, visto che ha portato a casa il titolo juniores del Roland Garros facendo fuori i connazionali Mmoh e Fritz in semifinale e finale. Risultato: è a poca distanza dalla Top Ten giovanile nonostante i pochi tornei giocati. Agli US Open ha ricevuto una wild card per le qualificazioni e l’ha sfruttata: prima ha eliminato in tre set Rola, poi non ne ha lasciato nemmeno uno per strada contro il dominicano Hernandez e contro l’espertissimo svizzero Chiudinelli, che ha rimediato appena cinque games. Anche a livello maggiore Tommy si è già fatto notare, portando a casa un paio di Futures nel 2015 a Lecco e Valldoreix. Primo turno col nostro Seppi.

Ryan Shane

Come spesso accade, il nome che non ti aspetti viene fuori dai campionati NCAA. In questo caso parliamo di Ryan Shane, ventunenne dell’Università della Virginia con un ranking di singolare quasi inesistente (3 punti a livello Futures quasi un anno fa) e un’attività impalpabile nel circuito juniores. Tutto questo, sia chiaro, non basta certo a trarre chissà quale conclusione: sono tantissimi i tennisti con la stessa storia che sono arrivati nel circuito maggiore e ci sono rimasti. Quello che per ora è certo, però, è che Shane calcherà i campi di Flushing Meadows perché ha centrato la settimana giusta al momento giusto: a maggio, in Texas, ha messo in fila tutti i suoi avversari in un tabellone a 32 e ha superato in finale, nonostante un primo set perso per 6-1, il ben più quotato e giovane Noah Rubin. Sorteggio non benevolo contro Chardy: riuscirà a ben figurare?

Bjorn Fratangelo

Numero due al mondo da juniores, anche lui ex campione giovanile del Roland Garros, Fratangelo nel 2015 ha fatto un salto di qualità costruendosi un buon ranking: spiccano, in particolare, la vittoria al Challenger di Launceston e le finali a Binghamton e Caltanissetta. Recentemente ad Aptos ha mandato a casa Copil, Ymer e Ebden (tabellone non facile per quei livelli) prima di arrendersi ad Austin Krajicek. A differenza di altri connazionali Fratangelo non è mai stato calcolato più di tanto nell’assegnazione delle wild card degli Us Open, provando un paio di volte le qualificazioni senza esito. Mistero della fede, in un torneo che a volte ha visto Wild Card assegnate alla marmotta che confezionava la cioccolata mentre il tizio in questione si caricava in spalle un Thiem allo Chatrier. Ad ogni modo ora e qui e sfiderà Berdych al primo turno.

Andrey Rublev

Mister “Tra un anno me pippo Robredo” è sicuramente l’esordiente più atteso in questi US Open. Protagonista recentemente in Davis, aria da predestinato, grande speranza di una “Machre Rascìa” in crisi di talento e identità, si è fatto strada nelle qualificazioni tra gli improperi dei giapponesi, mandando a casa Soeda e Sugita nell’ordine. Poi vittoria in tre set contro Gojowcoso e luci della ribalta che si accendono per la prima volta per questo diciottenne coi Top 100 nel mirino. Il curriculum da juniores ci comunica un eloquente numero 1 nel 2014 e un Roland Garros in bacheca, mentre a livello maggiore spicca la vittoria su Verdasco a Barcellona e la recente mazzata in Davis ad Andujar e costata alla Spagna un altro anno in seconda divisione. Quando diventerà costante ci sarà da divertirsi, ma per ora Kevin Anderson sembra uno scoglio troppo duro.

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