Andrea Arnaboldi: “Nonostante tutto sono sereno, ora voglio prendermi la top100”


Spesso nella vita non tutto procede come ci si aspetta e proprio quando sembra intravedersi finalmente la discesa, qualcosa non va secondo i piani, il più delle volte senza un reale motivo apparente, e i nostri obiettivi si allontanano come puntini all’orizzonte. Quando sei un tennista e il tuo lavoro ti porta a girare vorticosamente per il mondo, dicembre e il solstizio d’inverno vogliono dire solo una cosa: la stagione è finita ed è tempo di bilanci.
Andrea Arnaboldi ha appena finito di fare i conti con il suo 2016, uscendone sereno anche se non pienamente soddisfatto. L’allievo del coach Fabrizio Albani era stato protagonista di uno straordinario 2015, il cui fotogramma da incorniciare è stato il secondo turno raggiunto al Roland Garros, passando dal match maratona contro Herbert nelle qualificazioni, entrato nella storia per durata e numero di game giocati in una partita al meglio dei tre set. Quest’anno i buoni risultati sono arrivati dall’ATP 250 di Bastad, dove “Arna” ha raggiunto i quarti di finale, suo miglior risultato a livello ATP, a cui si aggiungono le qualificazioni nei main draw di Bucharest ed Estoril. Ma è mancata soprattutto la costanza di rendimento a livello challenger, che l’ha fatto scivolare in classifica fino all’attuale posizione no. 265.
La voce gentile di Andrea mi parla con tranquillità di una stagione andata in fondo così così; dal tono calmo traspare la matura consapevolezza di chi sa che è inutile rimuginare troppo sul passato. È con encomiabile pazienza che Andrea si rende disponibile per una chiacchierata di fine anno tra bilanci, scudetto, programmi futuri, regali di compleanno. Ed una parola d’ordine: serenità.
La fine dell’anno è sempre il momento in cui si tirano le somme della stagione appena conclusa. Sei uno che si sofferma sui numeri e sulle statistiche?
Certamente, col mio team rivedo tutto: numeri, statistiche… è vero che sono solo dei dati e solo noi sappiamo davvero come abbiamo vissuto la stagione, ma sono informazioni utilissime. In questo modo archivio l’anno passato e comincio una nuova stagione a mente sgombra.
Partiamo dallo scudetto con il Park Tennis Genova, storia recentissima. Hai giocato degli ottimi match e in doppio ti è uscito anche uno dei colpi più belli dell’anno in assoluto (che potete vedere dopo la risposta)!
Eh sì, spalle alla rete, di rovescio… è stata davvero una finale bella ed emozionante! Sai, essendo il tennis uno sport individuale quando puoi giocare una competizione a squadre ti conferisce qualcosa di diverso, qualcosa che non provi mai durante l’anno. Per quanto riguarda il match con Volandri penso di aver giocato veramente un’ottima partita dal punto di vista tattico-mentale e di conseguenza mi sono espresso bene anche nel gioco. Forse non sono partito benissimo ma man mano che entravo nel match riuscivo ad essere più sciolto. Devo dire che ero parecchio teso perché c’era tantissima gente, l’atmosfera intorno era veramente emozionante, quindi un po’ di tensione data dal voler far bene c’era; poi piano piano inoltrandomi nel match sono riuscito a incanalare questa tensione in maniera corretta fino a riuscire a giocare molto bene.


Come dicevi prima il tennista è lo sportivo individualista per eccellenza: come ti trovi con i tuoi compagni e quanto importante è far parte di una squadra?
È una bella e insolita sensazione, perché ti senti un po’ più supportato rispetto a quando giri nei tornei in cui sei solo con te stesso e non ne sei abituato. Inoltre l’affiatamento del gruppo ti dà una marcia in più che si vede nettamente in gara. Sono sicuro che la forza per vincere questo scudetto sia derivata in gran parte dal fatto che siamo un gruppo affiatato di amici che si conoscono tutti molto bene.
Con lo scudetto hai risollevato una stagione un po’ altalenante, che ha avuto l’acuto a luglio nel torneo di Bastad in cui hai raggiunto i quarti, ma ti sei qualificato anche nei main draw di Bucarest ed Estoril. Sembra che tu ti esprima meglio nei grandi palcoscenici, più che nel circuito challenger, questo dipende dal tuo tipo di gioco o ti senti galvanizzato dalla situazione?
Questo è un dato di fatto: se guardiamo anche la stagione 2015 la maggior parte dei punti li ho ottenuti negli Slam e nei tornei ATP250. Io sono conscio del fatto di avere il tennis e le potenzialità per giocare ad alto livello, quindi non soffro il gap quando mi trovo ad affrontare giocatori più in alto di me nel ranking. Da un lato so di avere le possibilità per giocare in quei tornei, dall’altro magari sono anche più preso dall’ambiente, perché ovviamente ci sono più punti e più soldi in palio. Penso che tutte queste cose messe insieme mi abbiano permesso di mettere in luce il mio tennis in determinati contesti, riuscendo a vincere anche a quei livelli.
La differenza quest’anno l’hanno fatta i punti negli Slam, pensi mai lì avrei potuto fare di più, ad esempio nel terzo turno di qualificazione a Parigi?
Sicuramente il terzo turno di Parigi è stata un’occasione che mi poteva dare una bella spinta in avanti per continuare ottimamente l’anno. In realtà non è sugli Slam che sarebbe da rivedere l’anno; piuttosto la differenza l’hanno fatta i tanti punti mancati o non fatti a livello challenger: lì risiede veramente il gap rispetto all’anno precedente. Diciamolo, ho vinto poche partite e ho avuto una costanza di rendimento bassa.
A Roma sei passato per le famigerate prequalificazioni. Come giudichi questo sistema? Pensi che dovrebbe essere rivisto?
(ride) Oddio mi fai una domanda un po’ scomoda… Allora, per quanto riguarda la mia esperienza romana, io quest’anno ho giocato davvero tante partite nelle prequalificazioni, in cui sono arrivato in semifinale ma avendo perso quella partita ho disputato poi lo spareggio contro Sonego. In più conta che ero iscritto anche nel torneo di doppio, quindi ogni giorno giocavo un match in singolare e uno in doppio. Risultato: sono arrivato a giocare le qualificazioni che ero veramente stremato. Per carità, ho trovato al primo turno un avversario molto ostico come Lucas Pouille, ma io ero davvero cotto. Devo dire che le prequalificazioni possono essere una buona idea in linea di massima, magari non svolte la settimana prima di giocare le qualificazioni. Almeno, nel mio caso è stato davvero pesante, quando è cominciato il torneo vero non ne avevo proprio più, ero finito.
Hai nominato Lucas Pouille, uno dei lucky loser più fortunati della storia. Tu credi nelle botte di… fortuna?
Diciamo che la fortuna esiste ma devi anche saperla cavalcare! Tutti abbiamo delle occasioni, una o più volte nella vita; lui ha avuto la fortuna di entrare in main draw ma poi avrebbe potuto tranquillamente perdere al primo turno e non si sarebbe parlato di lui come del giocatore più fortunato del torneo. Sì, ci sono svariate componenti che combinate insieme ti possono creare l’occasione propizia, ma poi ci devi mettere tanto, tanto di tuo perché la fortuna da sola non basta certamente.
Ad ottobre hai deciso di fare una tournée asiatica di tre tornei, come è andata questa nuova esperienza?
È stata una bellissima esperienza sotto tutti i punti di vista, sia tennistica che personale e culturale, era la prima volta che andavo in Cina e sono rimasto sorpreso da molte cose, un po’ me l’aspettavo e un po’ no. Tirando le somme direi che è un’esperienza che andava fatta e che vorrei rifare sicuramente. Non sono riuscito a fare il turista anche perché eravamo per lo più in posti sperduti con nulla di interessante da vedere, però in Vietnam ho avuto modo di visitare la città di Ho Chi Minh.
Avete già stilato la programmazione di inizio 2017?
Purtroppo solo a grandi linee: avendo terminato con la Serie A la scorsa settimana, non abbiamo ancora definito nulla di preciso. Quel che è sicuro è che da questa settimana comincio un percorso di preparazione di sei settimane, vuol dire che indicativamente riprenderò con i tornei o l’ultima di gennaio o a inizio febbraio. Inizialmente giocherò dei challenger, e dovrò fare anche le qualificazioni vista la mia classifica attuale, con l’obiettivo di giocare nei main draw e man mano sempre più in alto nei tornei Atp.
Cambierai qualcosa nella gestione dei tornei? O nella preparazione fisica?
Per quanto riguarda la gestione dei tornei penso di sì, alla fine quest’anno credo di aver giocato troppe settimane di seguito per voler rincorrere un qualcosa che non stava arrivando e invece di trarre beneficio dal giocare tanti tornei penso che al contrario mi abbia penalizzato ulteriormente. Quindi se dovrò cambiare qualcosa quest’anno penso che sarà proprio nel giocare meno settimane, sperando di farlo con più qualità… (ci pensa un attimo) Anzi no, non sperando, volendo!
Hai sempre detto che la preparazione mentale è importantissima e deve andare di pari passo con quella fisica, infatti nel tuo team c’è il mental coach Roberto Cadonati. Quindi cosa passa adesso per la testa di Andrea Arnaboldi, è sereno, tranquillo, ha pensieri…
In questo momento ti posso dire che nella mia mente c’è grande serenità, proprio perché penso di aver fatto una buona analisi per quanto riguarda il 2016. Anche se posso dire tranquillamente che il bilancio è negativo a livello di numeri, classifica e montepremi, però comunque è positivo sotto altri punti di vista, è stato comunque un anno costruttivo soprattutto a livello personale. In questo momento ho solo tantissima voglia di allenarmi, di dedicarmi al mio lavoro, di fare queste sei settimane di preparazione per ricaricarmi bene e ripartire al massimo da febbraio. Direi quindi che nella mia testa c’è solo serenità e voglia di fare.
Visto che siamo prossimi al Natale puoi esprimere un desiderio: cosa vorresti ricevere nel 2017?
(risata)…vorrei ricevere tanti punti Atp! Anche se quelli me li devo andare a prendere io… forse desidererei ricevere la serenità e la libertà per continuare a fare quello che voglio io, ovvero giocare a tennis come piace a me. L’obiettivo principale è sempre la top 100, ci sono ovviamente dei passaggi intermedi perché oggi sono più lontano di dove ero un anno fa in classifica, ma l’obiettivo finale per me è sicuramente questo.
A dicembre dell’anno scorso il nostro direttore Alessandro Nizegorodcew ci aveva chiesto di fare una previsione per il 2016 e io avevo detto piuttosto spavaldamente: “Arnaboldi nei primi 100 del mondo!”. Giuro che quest’anno non dirò niente.
(ride sonoramente) Porca miseria, mi dispiace averti dovuto smentire! Figurati, io non sono per nulla scaramantico, tranquilla che mi rifarò, mi rifarò te lo prometto!
Siamo anche vicini al tuo compleanno: sei tra quelli sfortunati che ricevono il famoso unico regalo “che vale doppio”?
Sempre! È così da quando sono nato e temo sarà così per sempre. La frase quando ci scambiamo i regali è: “Tieni, questo è il tuo regalo di Natale e vale anche per il compleanno!”. Quest’anno non andando all’Australian Open vorrei festeggiare qui il mio compleanno, visto che non ci sono mai riuscito: sono anni che parto a volte proprio il 27 dicembre e non ho mai fatto una festa. Non ho ancora pensato dove, come, quando, però qualcosa organizzerò, ma sì dai…

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