Cecilia Castelli: “Amo tutto del tennis”

di Alessandro Nizegorodcew

Cecilia Castelli è una tennista di 14 anni, compiuti a febbraio, nata a Vercelli. Tra le migliori ragazza a livello nazionale, ha praticato sci, nuoto e tennis a livello agonistico prima di concentrare le proprie forze sulla racchetta e sui sogni da circuito Wta. Spazio Tennis l’ha intervistata per conoscere la sua storia, dal rapporto con i genitori a quello con i maestri e con la parte mentale di questo sport.

Cecilia, raccontaci per prima cosa come nasce e quando il tuo rapporto con il tennis..
Sono praticamente cresciuta sui campi da tennis: i miei familiari giocano a vari livelli e mio padre è presidente del circolo di Vercelli. Quando avevo sei anni, per motivi di organizzazione familiare, ho cominciato a frequentare i centri estivi che introducono i bambini al tennis appassionandomi da subito, nonostante contemporaneamente mi dedicassi al nuoto e allo sci, sport in cui riuscivo ad ottenere buoni risultati. Fino ai 10 anni infatti praticavo il tennis per puro divertimento, senza immaginare che sarebbe diventato il centro della mia vita: mi allenavo due o tre volte a settimana nella scuola SAT, alternando sessioni di nuoto e gare di sci anche nella stessa giornata. Mi ricordo ad esempio che spesso durante il week end capitava di passare il sabato pomeriggio sul campo, per poi spostarci in montagna la domenica mattina per una gara di sci senza poter assistere alla successiva premiazione causa allenamento di nuoto nel pomeriggio. Posso dire che in quel periodo la mia vita era davvero impegnativa, vista la mia giovane età!

Quando è arrivata la svolta? Quando hai scelto il tennis?
Ad 11 anni è arrivata la svolta: a seguito di fastidi al ginocchio, dovuti probabilmente alla crescita, ho dovuto abbandonare lo sci e mi sono ritrovata costretta a dedicarmi ad un solo sport . Per ragioni (tuttora) sconosciute ho scelto di concentrarmi sul tennis, nonostante le grandi soddisfazioni che il nuoto mi aveva regalato. Da quel momento ho iniziato a giocare i primi torneini regionali, per poi qualificarmi anche a livello nazionale, appassionandomi sempre di più: dopo pochi mesi dall’abbandono degli altri sport ero costantemente informata in tempo reale su tutti i tornei, di qualsiasi categoria, conoscevo a memoria storie e ranking di giocatori, i loro contratti d’abbigliamento e il modello di racchetta usata. Il tennis è diventato  la mia passione. Oggi il tennis rappresenta il mio modo per crescere, è la fonte delle mie più grandi emozioni perché proprio grazie al tennis emergono i piccoli particolari, le individualità e le differenze, oltre alla voglia di migliorare e di mettersi in gioco. Sono convinta che il tennis sia il mezzo per imparare a conoscersi e credere nei propri mezzi e che il diritto e il rovescio siano semplicemente strumenti di chi se ne serve con personalità.

Quali sono le tue caratteristiche tecniche? Chi ti accompagna ai tornei? Qual è il tuo rapporto con coach e genitori?
Ho un buon fisico e questo mi ha portato a basare il mio gioco proprio sulla fisicità. I miei problemi in partita sono sia di natura emotiva, che non so ancora gestire, ma anche derivanti dal fatto che non sfrutto al massimo la qualità dei miei fondamentali. Mi ritrovo spesso a correre e lottare anche in scambi che invece potrei chiudere con un po’ di concentrazione. Proprio su questi aspetti sto lavorando con il mio maestro Alberto Gillerio che mi segue da quando ho 10 anni e con il quale mi trovo molto bene. Con lui ho un rapporto quasi padre-figlia e lui sa come prendermi: mi aiuta, mi corregge, mi consola nei momenti difficili e mi sgrida anche pesantemente se c’è bisogno, ma soprattutto mi sopporta! So che devo essergli grata anche per i sacrifici che fa per me. Quando lui non può accompagnarmi ai tornei subentrano i miei genitori, che sono persone fantastiche e mi sono sempre vicine. Nel week end ad esempio sono loro ad accompagnarmi a Tirrenia o a Bordighera insieme ad Alberto per allenarmi con Riccardo Piatti 5 giorni al mese.

Hai iniziato una collaborazione inoltre con Riccardo Piatti, uno dei più grandi coach italiani…
La nostra collaborazione è iniziata lo scorso anno e con lui lavoro tanto e bene vista anche la possibilità di allenarmi con ragazze coetanee come Luda Samsonova. Di Riccardo mi piace il modo di fare, oltre al suo modo di allenare, è una persona sempre disponibile e vede il lato positivo di ogni situazione, è inoltre molto umile e veramente simpatico.

Quali sono le emozioni che ti regala il tennis? Come vivi i tornei in giro per l’Europa e qual è il tuo rapporto con i ragazzi del circuito Eta, italiani e non?
Il tennis mi piace proprio per le incredibili situazioni che si creano all’interno dei tornei: quando vado a giocare un ETA non sono contenta per la competizione in sé, ma perché ci si cala in un mondo a parte in cui mi ritrovo con ragazzi che come me che vogliono diventare giocatori professionisti. Mi piace stare a contatto con ragazzi stranieri con cui parlo per capire come si allenano e com’è la loro vita quotidiana; mi trovo bene con tutti, dagli spagnoli agli slovacchi, ai francesi ai russi. Insieme ai ragazzi italiani abbiamo ormai creato un’enorme famiglia, siamo come fratelli e tutti motivati a inseguire i nostri sogni. Mi piacerebbe riuscire a vederli molto di più perché li considero veri amici, anche perché passo poco tempo a casa non ho molto tempo di frequentare i miei compagni di classe a causa degli allenamenti.

Frequenti la scuola pubblico o privata?
Frequento il primo anno del liceo linguistico pubblico e devo dire che sono tra i migliori della classe, con la media dell’8-9, ma le assenze di certo non aiutano. Spesso quando torno dai tornei mi ritrovo a dover fare 5 o 6 verifiche al giorno senza essere stata presente alle spiegazioni, ma questo è il minimo per poter fare ciò che voglio, cioè giocare a tennis.

Qual è la tua opinione sui giovani e giovanissimi italiani? E sugli stranieri? Infine qual è il tuo rapporto con Rita Grande, tecnico federale che si occupa di voi under 14?
Credo che tecnicamente gli italiani siano i migliori tennisti. Sono convinta che giocatori come Napolitano e Donati possano dare tanto al tennis italiano, come già fanno la Rosatello e Pairone, ragazzi che ammiro tanto, ma come anche i più giovani Moroni e Dalla Valle che, oltre ad essere buoni amici, stanno dimostrando giorno dopo giorno giocatori eccezionali. Poi c’è Filippo Mora che ha veramente tanto talento, Giovanni Fonio che continua a mettere in difficoltà tutti gli avversari e poi ci sono ragazze come la Pera che ha ottimi fondamentali da fondo e tanta potenza, oltre alla Simonelli e la Stefanini che in campo sono due “iene” e per batterle bisogna sempre essere al top. Poi ancora la Zerulo, spesso criticata, ma senza dubbio la più forte: ogni volta mi stupisce la sua personalità, la capacità di andare oltre l’errore. Queste ragazze secondo me sono tra le migliori, anche a livello europeo, e credo che sia giusto che Rita Grande convochi loro in Summer Cup non solo per i risultati ottenuti, ma anche per la loro costanza in allenamento. Rita penso sia un ottimo tecnico, oltre ad essere stata una giocatrice invidiabile, se vogliamo farle solo una nota di demerito penso debba cercare di essere più vicina ai ragazzi (parlo per me); a Roma ad esempio mi sarebbe piaciuto fosse rimasta a vedere i miei doppi anche se lo giocavo con una straniera oppure fosse venuta a vedere e analizzare il mio singolo, per il resto mi sembra sia una persona che possa esserci veramente d’aiuto vista la sua esperienza. Oltre alle italiane mi piacciono molto sei straniere: Payola perchè ha un gioco simile al mio, molto solida da fondo e una grinta da spavento, Cristian per la professionalità in campo, nel suo piccolo può già essere considerata una giocatrice, la Kuzmova, (che serve come Isner!) per la capacità di essere sempre protagonista in campo, le due ungheresi Stollar e Galfi per il tempo sulla palla e la capacità di essere sempre in spinta e l’inglesina Lumsden perché in campo è ordinatissima e ha un’invidiabile fiducia in se stessa. Nel maschile, oltre agli italiani, vedo con buone prospettive lo spagnolo Guell, Clarke e il piccolo Blancaneux che pur essendo alto “un soldo di cacio” gioca veramente come un gigante. I ragazzi rispetto a noi hanno la capacità di fregarsene dei risultati, di cercare sempre una soluzione ma soprattutto hanno tanta fiducia nei loro mezzi. Ed è esattamente ciò che manca a me, perché so bene che diritto e rovescio possono essere migliorati, così come il servizio, ma se quando gioco non sono pienamente convinta di ciò che sto facendo e non ho fiducia nelle mie capacità, non riuscirò mai a trovare la forza per superare gli errori e volermi bene. Il mio maestro mi sta aiutando tanto sotto l’aspetto psicologico e so bene che se riuscirò a sbloccarmi potrò diventare una tennista professionista. Per ora mi piace pensare e lavorare su me stessa senza pensare a chi magari è più avanti…

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