Fabio Della Vida: “Come cambierei il tennis”


(Elisabetta Cocciaretto, uno dei migliori prospetti del movimento femminile Junior) 

di Alessandro Nizegorodcew ed Emanuele De Vita

Intervista a uno dei più importanti e rinomati talent scout del mondo, Fabio Della Vida (nella foto a sinistra), che racconta la sua visione del mondo tennistico a Spazio Tennis, dal calendario junior alle difficoltà dei giovani, sino ai ritiri importanti di questo periodo.

Sport sempre più per vecchi. L’età media del tennis maschile dei primi 100  è intorno ai 27 anni, ma l’età  media dei primi 300 del mondo è di poco inferiore, 26 anni e mezzo. Non  è difficile solo entrare nei 100 ma anche nei 300. Che ne pensi?
“La penso come te, con i dati statistici non si scherza. Ci sarebbe un discorso lunghissimo da fare. Voci di corridoio dicono che lo stesso Federer abbia posto il problema all’Atp sulla mancata presenza di teenager nei top 100.  I circuiti sono guidati dall’Atp e dalla Wta che sono i sindacati dei giocatori e giustamente proteggono i tennisti, e quindi succede che c’è un sistema di punti che rende molto più  difficile ai giocatori arrivare nei primi 300. La differenza dei punti che c’è tra i futures e poi nei challenger non premia i giovani ma quelli che stanno già in alto. Non so se sia voluto dall’Atp e dalla Wta ma è  un dato di fatto. C’è  anche un’altra ragione: il tennis sta diventando sempre più atletico. Quindi, ovviamente, a 15-16 anni non si può competere con quelli fisicamente più forti di te, come avveniva prima. Questo discorso vale soprattutto per il circuito maschile.”

La vittoria di Dimitrov a Stoccolma è, nonostante sia un classe 1991, la vittoria di un giovane…
“La verità sta nel mezzo. Prima si esagerava nella precocità, nell’arrivare subito. Secondo me è giusto arrivare a 21-22 anni come  Dimitrov. Quello che trovo sbagliato per il tennis in genere è il non avere nessuno che protegga il gioco del tennis, che lavori per migliorarlo, perché  la gente vuole il ricambio. Bisogna copiare gli americani nello sport. Nba e Nhl si servono di alcuni esperti che girano la nazione e seguono i match, cercando di intuire e capire quali regole o situazioni debbano essere modificate e quali invece funzionino. Gli Stati Uniti andrebbero imitati per quanto concerne l’organizzazione e il sistema sport nel complesso.”

Cosa cambieresti nel tennis attuale?
“Io opterei per una scelta molto radicale. Il circuito juniores è troppo costoso e duro, una sorta di circuito professionistico senza prize money. Non è colpa dell’Itf che obbligherebbe i giocatori a fare i tornei in Colombia o Ruanda per fare punti. Non è  vero: L’Itf  non obbliga nessuno ad andare fin laggiù, ma deve bensì organizzare tornei ovunque nel mondo per sviluppare e divulgare lo sport del tennis. Io cambierei in questo modo: toglierei la categoria under 18 e farei il circuito juniores fino agli under 16, organizzando dei tornei futures per i ragazzi dai 17 ai 23 anni che diano i punti. Gli over 23  avrebbero il diritto di giocare, ovviamente, ma in altri tornei. Questo permetterebbe ai giovani di prendere dei punti e di venire fuori un pochino più in velocemente.”

A proposito di giovani, sta crescendo molto bene Matteo Donati, seguito in maniera molto attenta da coach Massimo Puci. Ti aspettavi un salto di qualità di Donati così repentino?
“Mi aspettavo un salto di qualità ma non in questo momento. Matteo ha delle grandi doti e gioca a tennis forse anche meglio di Quinzi. Donati era un po’ indietro fisicamente e pensavo ci avrebbe messo di più a colmare questo gap con gli altri, ma tecnicamente non mi stupisce. L’ho rivisto quest’anno determinato e deciso di proseguire per la sua strada. Non ci scordiamo di Baldi, Napolitano che purtroppo è fermo, e tanti altri che parlano poco e lavorano duro. Donati sta facendo tutto ciò grazie all’aiuto di Massimo Puci, e sono contento anche per lui perché è un ragazzo molto bravo e umile. Quando la combinazione è quella giusta anche noi italiani sappiamo giocare a tennis, anche meglio di altri.”

Abbiamo un ottimo movimento junior al maschile che ha prodotto potenziali ottimo professionisti come Quinzi, Donati, Baldi e Napolitano. Nel femminile la situazione non è invece così rosea. Perché secondo te?
Credo sia soprattutto una questione di cicli. Potremmo prendere l’esempio dell’Olanda nel calcio, che è stata a lungo la nazionale più forte al mondo, peraltro senza mai vincere il mondiale, e che però ha anche avuto anche momenti bui. Il movimento al femminile  è in a situazione di questo tipo, dopo grandi annate e vittorie storiche. Sono stato alla Lambertenghi (campionati italiani under 12; ndr) poche settimane fa e secondo me l’anno 2001 è uno dei più interessanti che abbiamo mai avuto. Ci sono 7-8 giocatrici che giocano davvero bene. Il problema sarà portarle avanti e farle diventare professionista. E poi anche quelle che abbiamo non sono da buttare. Giulia Pairone si è un po’ persa ma gioca bene e anche Camilla Rosatello mi piace molto. A volte ci sono dei giocatori che riescono ad arrivare dove mai ci saremmo aspettati. Io per primo ancora cado in questo errore, nonostante faccia questo lavoro da 30 anni. Un esempio su tutti è Paolo Lorenzi, un buonissimo giocatore che è venuto fuori tardi.”

Nell’annata 87 tra Knapp, Errani, Gabba e Verardi  su chi avresti scommesso?
“La Errani l’avevo vista da Bollettieri ma sinceramente non mi aspettavo che arrivasse tra le prime 10 e che ci restasse. Lo stesso la Knapp. Gabba e Verardi non hanno avuto la possibilità o la voglia di lavorare duro come la Knapp o la Errani. Alla fine il lavoro paga. Tutti i giocatori che sono oggi nel gotha del tennis hanno lavorato in maniera incessante per tutta la carriera. Poi ci sono altre questioni: la Gabba è diventata maestra nazionale ad esempio. E’ molto importante che gli ex giocatori diventino coach; la Francia ad esempio ha tutti ex giocatori che seguono gli attuali professionisti. Ora qualcosa si sta muovendo anche da noi.”

Ultimamente ci sono stati dei ritiri importanti come quelli di Nalbandian Malisse, Rochus Blake… giocatori che tecnicamente hanno esaltato il tennis internazionale. Ci sono tennisti che stanno salendo e che tecnicamente non possono essere paragonati ai suddetti campioni (o ottimi giocatori). Si andrà verso un tennis sempre più standardizzato o tra i giovani, anche molto giovani, c’è una ricerca maggiore verso il miglioramento tecnico?
“Purtroppo hai centrato un brutto problema. Essendo diventato troppo difficile guadagnare punti a livello juniores, viene fuori una specie di Mcdonald’s: è come se fossimo in un fast food in cui si prepara un giocatore solo dal punto di vista atletico. Bisogna trovare dei rimedi perché il tennis torni a divertire il pubblico, ragionando non nei prossimi 5 anni ma nei prossimi 20 anni. L’errore e’ stato non controllare i materiali. Se tu lavori sulla tecnica arrivi più tardi, ma i ragazzi non lo vogliono accettare e vogliono vincere subito. Bisogna che torni ad essere preponderante la tecnica.”

In conclusione, cita qualche giocatore, italiano o straniero, dall’ottimo futuro…
“Gioca benissimo Donati. Mi viene in mente il nipote di Filliol visto all’Orange Bowl l’anno scorso. Zverev è molto promettente. Alla fine vengono fuori quelli più forti fisicamente per questa smania di risultati. Va data l’importanza giusta al torneo Juniores. Non è detto che se sei primo della classe al liceo poi  diventi il miglior ingegnere del mondo.”

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