Spazio (all’altro) Tennis: Benin

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Di Daniele Sforza

Con una nuova puntata della rubrica “Spazio all’altro Tennis” vi porto in Benin, piccolo stato dell’Africa Occidentale, per raccontarvi la storia di Alexis Klegou, 26enne nato da madre francese. Dagli inizi nel suo paese, passando per l’esperienza americana del college e i vari match giocati in Coppa Davis e nel circuito Future in giro per il mondo, il ragazzo africano si è raccontato ai nostri microfoni.

Come hai iniziato a giocare a tennis?

Mio padre era un maestro di tennis e mi ha insegnato le basi di questo sport quando avevo 7 anni.

Hai giocato diversi tornei a livello juniores, tra cui il Roland Garros, che esperienza è stata?

È stata una bella settimana, un’esperienza completamente nuova che mi ha aiutato a capire di poter veramente diventare un tennista professionista.

Quanto è difficile iniziare a giocare a tennis nel tuo paese? E pensare di diventare professionisti?

Non è semplice, inoltre tutti vogliono diventare professionisti ma non hanno idea del vero livello che serve per giocarci, la conoscenza a riguardo di ciò che serve per arrivare lì non esiste.

Come si comporta la vostra federazione? Cosa stanno facendo per aumentare l’interesse verso il tennis? Ci sono strutture adeguate per praticarlo?

Abbiamo una federazione che sta facendo il possibile per arrivare a portare la conoscenza di questo sport alla gente comune, ma ci sono troppe altre cose, molto più importanti, da sviluppare nel nostro paese e quindi è complicato creare una buona base di allenamento. Non ci sono vere strutture, abbiamo qualche club con alcuni coach che fanno quello che possono. Cerchiamo di organizzare tornei, a cui partecipo più che posso, e sto facendo il possibile come tennista per avere un impatto positivo sul tennis del nostro paese.

246582_10151386820588883_1303468149_nI campi non sono il massimo per insegnare le tecniche di base e per questo essere un esempio senza offrire gli strumenti necessari ai giovani tennisti non è molto d’aiuto. Devo migliorare e in questo modo spero di avere un ritorno positivo sul tennis del Benin.

Quali sono gli aspetti negativi e positivi del tuo paese?

Di negativo c’è la politica, di come le persone con i maggiori poteri non fanno nulla per aiutare i propri cittadini e, se parliamo di sport, sicuramente non è positivo che tutto il budget vada al calcio quando abbiamo tanti buoni atleti in altre discipline che sono molto meglio di gran parte degli atleti della nazionale di calcio. Certamente di positivo c’è l’ampio margine di crescita e di sviluppo che abbiamo in ogni settore.

Hai giocato tantissime volte per la tua nazionale in Coppa Davis. Come ti sei sentito? Quali sono le più belle esperienze che ricordi?

È sempre un’emozione bellissima visto che passo tanto tempo lontano dalla mia famiglia e dalla mia nazione. Nel 2012, salire dal gruppo 3 al gruppo 2 è stata una grande conquista, giocare un match di 4 set contro Cipro (giocando poi 11 set in 3 giorni) e Portogallo è un altro bel ricordo.

Di emozioni ne ho vissute tante. Vedere che in Coppa Davis tutte le persone tifano per la propria nazione, specialmente contro Portogallo e Cipro, è stato pazzesco. Le persone non sanno neanche dove sia il Benin e credono che il nostro livello sia basso, perciò è divertente vedere le loro reazioni e vedere la tensione che si crea visto che si accorgono del nostro reale potenziale. Siamo usciti sconfitti da questi match ma sono state partite intense e combattute tanto che le persone erano sorprese positivamente del livello e dei match giocati.

Nel tuo recente passato, hai vissuto anche un’esperienza di qualche anno nel college americano. Come è stato?

Ho giocato nell’università del Texas A&M, una delle migliori università sportive del paese. Sempre più tennisti optano per questa decisione visto come il tennis è cambiato, diventando sempre uno sport più fisico tanto che è praticamente impossibile arrivare nei top 50-100 prima dei 20 anni. C’è bisogno di tempo per maturare e quindi gli Stati Uniti sono una buona opportunità per tanti giocatori. Dal mio punto di vista è stata una scelta obbligata, non avevo soldi per viaggiare e giocare nel tour e questo era il mio unico modo per continuare a giocare a tennis e inoltre, costruirmi un futuro.

Consiglieresti ad altri tennisti di andare a studiare in America?

Sicuramente raccomando quest’esperienza tanto che sono diventato ambasciatore di un’agenzia (USAthletes Services) che lavora con le famiglie e i giocatori che hanno intenzione di giocare e studiare nelle università statunitensi. Tutto quello che posso fare per mandare un giovane africano negli Stati Uniti, provo a farlo. Il 98% dei tennisti africani junior ha un livello troppo basso per giocare nel circuito con successo e quindi andare negli Stati Uniti è la migliore opzione visto che apre anche le porte verso un futuro diverso.

945727_10151468909853883_630604994_nHai giocato diversi tornei tra i Pro, quale ricordi con più piacere?

Non ho giocato tantissimo, un po’ per il college e un po’ per problemi fisici. Sono tornato ad Ottobre dello scorso anno e quindi ci sono ancora tante cose da capire e migliorare. Il più bel ricordo è la vittoria in un future, in Turchia, nell’Aprile del 2014, prima del mio infortunio.

Quali sono i tuoi sogni e obiettivi?

Voglio giocare le qualificazioni di tutti e 4 gli Slam e quindi direi, in termini di ranking, raggiungere la top 250. Credo che questo sia qualcosa di realistico visto che ho già battuto tennisti di quel livello. Il sogno è quello di giocare le Olimpiadi, quest’anno o nel 2020, sarebbe davvero fantastico.

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