Paolo Ferrando: “Orgoglioso di mia figlia Cristiana”

Ferrando ITF Brescia

di Paolo Angella

Cristiana Ferrando è stata meritatamente eletta la migliore under 21 femminile d’Italia, vincendo l’Ace Cube 2015, grazie alla straordinaria progressione di risultati dello scorso anno che l’hanno portata dalla posizione 750 del ranking fino al numero 353 dello scorso dicembre e con ampi margini di miglioramento secondo tutti gli addetti ai lavori che l’hanno vista giocare.

Se Cristiana diventerà una delle giocatrici più brave d’Italia e del mondo, buona parte del merito va sicuramente a papà Paolo, maestro di tennis, che l’ha guidata sui campi da tennis, plasmandone il gioco fin da quando era piccola, ma in modo molto diverso da quello che abbiamo sentito e raccontato in tante altre storie di famiglie composte da tennisti e ex tennisti. Cristiana non ha iniziato prestissimo a giocare, per molti anni per lei il tennis era un passatempo o al limite un gioco da fare un’oretta per tre volte alla settimana, giusto per distrarsi un attimo mentre preparava le verifiche di latino e matematica, come fanno milioni di ragazzine in Italia. A un certo punto Cristiana voleva smettere, cambiare sport, praticare forse pallavolo o danza, ma papà Paolo, che di tennis ne capisce parecchio, e ha sempre creduto che Cristiana avrebbe avuto il talento per poter sfondare nel tennis, ha insistito perché non lasciasse la racchetta e ora siamo qua a parlare di qualificazioni del Grande Slam da raggiungere entro l’anno.

Paolo, la storia di Cristiana è piuttosto diversa da tante ragazze che sono già “piccole professioniste” da bambine.

È vero. Cristiana ha preso in mano la racchetta non piccolissima, credo verso i 6-7 anni e comunque giocava un’oretta un paio di volte la settimana, non di più. La domenica, se ero libero, la portavo in giro ma mai sui campi. Per lei il tennis era solo un passatempo, un gioco, nulla di più. Ogni tanto si stufava e voleva smettere, io piano piano la convincevo a continuare.

Vedevi comunque già del talento il Cristiana?

Certamente vedevo che aveva una predisposizione naturale per il tennis, per questo fino ai suoi 16 anni l’ho quasi “obbligata” a continuare a giocare, almeno ogni tanto e a fare dei tornei, anche per farla rendere conto che era molto più forte di tante sue coetanee che magari si allenavano a tempo pieno. È capitato più volte che riuscissi a iscriverla a tornei anche senza che avesse ranking, grazie a wild card che mi avevano concesso gli organizzatori e stupisse tutti per la facilità con cui batteva le avversarie.

Quindi secondo te i ranking giovanili hanno un valore relativo?

Dipende dal singolo caso. Cristiana è comunque un caso limite. È evidente che più giochi e più fai tornei più sali nel ranking. Essere ben posizionati in classifica da giovani porta alcuni indubbi vantaggi, che vanno ben al di là dell’essere testa di serie nei tornei. Ad esempio prendi alcuni contributi federali che noi non abbiamo mai avuto, vieni convocata nei vari raduni nazionali che Cristiana, da ragazzina, non ha mai fatto e hai molta più visibilità. In generale io credo che sia molto più importante e aiuti la crescita fare i tornei “giusti” dove ci sono le più brave per confrontarti con loro e capire il tuo vero livello. Cristiana ha fatto pochi tornei, ma ha partecipato prima al Lemon Bowl, poi all’Avvenire, poi al Bonfiglio, ed è stato vederla confrontarsi alla pari con le migliori proprio in questi tornei che mi ha fatto capire le sue grandi potenzialità e probabilmente lo ha fatto capire anche a lei stessa.

A quel punto è stata la stessa Cristiana a decidere di allenarsi con maggiore continuità?

A 16 anni credo che Cristiana abbia capito definitivamente che sarebbe potuta diventare una tennista professionista e che il tennis era meno noioso di quello che pensava un paio di anni prima. Ha iniziato ad apprezzare l’ambiente dei tornei importanti, ha fatto i nazionali a squadre con altre ragazze con cui si è trovate molto bene. Però eravamo tutti convinti in famiglia, lei per prima, che la scuola avesse ancora la priorità assoluta. Cristiana ha frequentato un liceo scientifico pubblico, non poteva fare molte assenze, si allenava con maggiore continuità rispetto a prima, ma sempre e solo di pomeriggio, con pochissime sedute di atletica, sempre nelle “pause studio” e i tornei erano sempre centellinati con criterio per non farle perdere ore di scuola e di studio. Fino alla maturità siamo andati avanti in questo modo e le sue soddisfazioni sono state soprattutto di tipo scolastico, infatti è sempre stata promossa a giugno senza debiti.

Dopo la maturità, e siamo nel 2014, c’è stata la scelta definitiva si dedicarsi esclusivamente al tennis?

Comunque non è stata una scelta facile. Cristiana aveva tre possibilità, le ha valutate attentamente tutte. Iscriversi all’Università, lasciando perdere il tennis, trasferirsi negli Stati Uniti, in Virginia, a fare l’Università e magari a praticare College Tennis e infine dedicarsi a tempo pieno al tennis in Italia scegliendo come e dove allenarsi. È stata molto tentata dagli States, aveva vinto la borsa di studio per andare in una prestigiosa Università, Virginia Tech, ma alla fine ha preso la decisione di prendersi due anni di tempo giocando a tennis a tempo pieno in Italia per vedere se ha le possibilità di diventare una professionista.

E tu sei stato l’uomo più felice del mondo quando hai sentito la sua decisione.

Ovviamente mi ha fatto piacere e speravo scegliesse in questa direzione, ma le ho sempre lasciato piena autonomia di decisione. Avrei rispettato e appoggiato ogni sua scelta. Non ho voluto interferire in alcun modo. Anzi, al limite, sono stati altri a spingerla verso il tennis in Italia. Ad esempio Tathiana Garbin, che ha sempre avuto una grandissima fiducia nelle sue possibilità, ha insistito parecchio perché andasse ad allenarsi a Tirrenia e credo che Cristiana sia stata favorevolmente impressionata dall’opinione che la Garbin aveva su di lei.

A fine 2014 quindi avete programmato il percorso tecnico per Cristiana e mi pare di capire che ti sei fatto un po’ da parte.

Io ho il mio lavoro di maestro di tennis a Santa Margherita Ligure, Cristiana aveva bisogno di essere seguita in spazi e tempi più consoni al professionismo e allora abbiamo deciso di creare un gruppo di lavoro, che credo stia funzionando molto bene. Cristiana è seguita principalmente negli allenamenti e nei tornei da Daniele Ceraudo, che ha la mia completa e totale fiducia. Come base del lavoro “a casa” Cristiana ha scelto di trasferirsi ad Anzio da Alessandro e Francesco Piccari, nella loro Tennis Acadamy, che ha tutte le strutture per poter preparare al meglio una professionista. Ovviamente Cristiana partecipa ogni volta che viene invitata a tutti i raduni federali che organizza Tathiana Garbin e spesso nelle trasferte, come in quella recente di Grenoble, è seguita anche da Tathiana. Siamo un gruppo di lavoro molto affiatato, ognuno con il proprio compito e speriamo di poter contribuire ad aiutare Cristiana a raggiungere il suo obiettivo, che è quello di entrare nel tennis che conta. La scelta è stata di Cristiana, io forse avrei preferito che andasse stabilmente a Tirrenia, ma lei ha deciso per la Piccari Academy e io ne sono felice lo stesso.

La figura di Tathiana Garbin resta sempre un riferimento importante per voi anche se Cristiana non si è trasferita a Tirrenia?

Tathiana Garbin è un riferimento importantissimo per svariati motivi. Intanto è una donna e credo sia importante per Cristiana sentire anche un punto di vista femminile in mezzo a tanti allenatori maschi. Poi anche dal punto di vista tecnico, Tathiana è preparatissima e credo possa aiutare molto la crescita di Cristiana. Si sentono spesso, sono convintissimo che Cristiana segua molto di più i consigli di Tathiana che i miei (ride)

Non ti dispiace seguire meno tua figlia ora che stanno arrivando i frutti di tanti anni di lavoro con lei?

Assolutamente no. Io le ho trasmesso l’amore per questo sport, l’ho plasmata dal punto di vista tecnico, ora sono convintissimo che il suo gioco possa migliorare con altri allenatori. Non è facile scindere la figura del padre da quello dell’allenatore. Se le dovessi fare un rimprovero non sarebbe semplice per lei capire se è un’osservazione del tecnico o del genitore. Lei stravede per me, ma ha ormai sviluppato una barriera nei miei confronti, così come accade in tutte le famiglie con figli adolescenti. Ti faccio un esempio: se io le suggerisco qualcosa di tecnico, devo dirglielo 5 volte prima che si convinca ad applicarlo, se la stessa osservazione le viene fatta da Daniele Ceraudo, Francesco Piccari o Tathiana Garbin la mette subito in pratica. Poi è evidente che Cristiana sa benissimo che può sempre contare su di me e ogni volta che ha bisogno di un mio consiglio io ci sono sempre.

E il rapporto tra Cristiana e tua sorella Linda, grande campionessa del recente passato, come è?

È un rapporto molto simile a quello che ha con me e ti ho appena spiegato. Non è una questione di pressione o di aspettative che qualcuno potrebbe avere, è semplicemente il fatto che una figlia o una nipote vedono i consigli del padre o della zia in modo diverso da quelli dell’allenatore. Comunque Linda e Cristiana hanno un ottimo rapporto e anche mia sorella, come me, è molto orgogliosa di quello che sta facendo Cristiana.

Parliamo un po’ di Cristiana dal punto di vista tecnico, quali sono secondo te i suoi punti di forza e dove invece ha ancora margini di miglioramento?

Cristiana è una giocatrice completa, ha una buona sensibilità di palla, sa fare tutto bene, ora deve cercare di migliorare in almeno qualche fondamentale. Sono convinto che abbia tantissimi margini di miglioramento, per il semplice motivo che, per molti anni, avendola poche ore alla settimana a disposizione, abbiamo lavorato solo sui fondamentali per cercare di non lasciare indietro nulla, ma non siamo mai riusciti a specializzare qualche colpo, proprio per motivi di tempo. Deve anche migliorare dal punto di vista tattico. Ora lei fa sempre il suo gioco, deve imparare a saperlo variare, almeno in certe circostanze, a seconda dell’avversaria che si trova di fronte. In questa fase storica del tennis femminile tutte le giocatrici sono simili e alla fine vince chi tira più forte. Ecco mi piacerebbe che Cristiana potesse imparare a fare qualche variazione ogni tanto per poter mettere in difficoltà chi basa tutto sulla potenza. La vittoria di Roberta Vinci su Serena Williams credo che possa insegnare molto a tante giovani ragazze.

Gli obiettivi per questo 2016 che vi siete posti quali sono?

Come dicevamo già da quando ha iniziato seriamente a fare tennis, a fine 2014 ci eravamo presi due anni di tempo per capire a fine 2016 se fosse in grado di poter fare bene oppure no e da questo punto di vista direi che siamo a buon punto, anche più avanti di quello che potessimo prevedere. Poi Cristiana ha detto recentemente che il suo obiettivo è arrivare a gennaio 2017 a fare le qualificazioni degli Australian Open. Sono molto contento che lo abbia detto, perché i tornei dello Slam credo facciano la differenza tra una tennista di rango e una delle tante. È giusto che sia quello l’obiettivo. Detto questo non sarà semplice perché ormai il tennis è molto livellato. I tornei da 50.000 dollari, ma anche quelli da 25.000 ormai sono difficilissimi e si trovano tenniste veramente forti che magari si sono impantanate in classifica per vari motivi e non è per nulla semplice batterle. Poi crescere in classifica è anche difficile perché l’attuale sistema di ranking è molto bloccato. Chi riesce a fare punti, magari per un colpo di fortuna, un ritiro dell’avversaria, in pochi tornei ma “pesanti” ti resta davanti per tutto l’anno. E comunque tutte le attuali giocatrici che sono tra il 200 e il 400 nel ranking più o meno si equivalgono e certamente tra di loro non ci sono giocatrici scarse che è facile battere. Anche nei primi turni bisogna sempre fare molta attenzione.

La programmazione è comunque pianificata su tornei di alto livello.

Sì, decisamente. Su questo punto siamo tutti concordi, che per crescere bisogna confrontarsi con quelle brave. Ormai non le serve più giocare e nemmeno vincere tornei da 10.000 dollari. Forse con una programmazione di un certo tipo, alternando tornei facili ad altri più impegnativi, sarebbe più facile salire nel ranking, ma quello che più ci interessa è la crescita nel livello di gioco e questa si ottiene confrontandosi solo con le più brave a costo di rischiare di restare fermi in classifica.

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