Vademecum per non sbagliare Sat


(Ragazzi giocano a “pittino” durante il Lemon Bowl 2011 – Foto Nizegorodcew)
di Marco Mazzoni (giornalista e co-autore del libro “Tennis sul divano“)
Vi proponiamo qui di seguito un articolo del collega Marco Mazzoni sulla scelta relativa alle scuole Sat. Un argomento molto importante e, soprattutto a settembre, di strettissima attualità. Qui potete trovare il link all’articolo originale.
Con l’inizio dell’anno scolastico prendono il via anche i corsi di tennis per bambini. Da quelli d’inserimento per i piccoli alle prime armi a quelli destinati a ragazzini un po’ più grandi, magari provenienti da altri discipline. E come ogni anno molti genitori si trovano davanti alla scelta di una scuola tennis adeguata per le esigenze dei propri figli. Adeguata. E’ una parola molto “vasta”, che comprende molti aspetti. La comodità logistica, che in tempi moderni è fondamentale per incastrare i troppi impegni familiari e di lavoro, anche dei nostri figli, già caricati da chissà quante cose; il costo, visti tempi che corrono; ma forse non sarà il caso di scegliere anche in base alla qualità di quel che viene offerto? Non tutti però conoscono lo sport del tennis, oppure non hanno mai varcato le porte di un tennis club e quindi si ritrovano ad essere i classici sprovveduti in un mare non così facile da navigare.
In questo articolo cercherò di dare qualche informazione utile a capirci qualcosa, senza la pretesa di esser esaustivo poiché gli aspetti da affrontare sarebbero troppi, tali da richiedere una …monografia. Per ora mi accontento di dare dei consigli interessanti soprattutto per coloro che non conoscono bene il tennis ed il suo insegnamento, o che lo hanno soltanto sfiorato. E in questo racconto mi avvalgo anche delle interviste che ho realizzato recentemente ad alcuni tecnici nazionali e maestri di noti club, che possono chiarire i dubbi per genitori (e figli un po’ svegli…) che si sentono indecisi; oppure per coloro che hanno avuto un contatto con una scuola tennis ma non hanno le idee chiare su quello che gli è stato proposto e messo in pratica durante le lezioni.
In generale, possiamo essere abbastanza tranquilli. Il livello medio dei nostri maestri di tennis è buono. Anzi, possiamo affermare che è nettamente cresciuto. In primis grazie ad un rinnovamento del parco maestri, che sempre più giovani e determinati scendono in campo assai pro-attivi con i ragazzi. Il merito va anche ai corsi Federali e non, sempre più mirati e ben strutturati. Non ci dimentichiamo che il movimento tennistico sta finalmente rialzando la testa dopo un periodo piuttosto lungo di vera crisi, con un’emorragia di ragazzi destinati altrove. E nei durissimi anni 90 – inizio secolo, molti tra istituzioni e club si sono realmente rimboccati la maniche, hanno visto cosa non andava e sono ripartiti, con più passione e forza che mai. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: molti circoli hanno le classi piene, si cercano nuovi maestri per nuovi corsi, si arriva a dire di no a qualche ragazzo destinandolo altrove. Cosa improbabile qualche tempo fa.
Le domande da porsi
Ecco quindi il Vademecum, per conoscere gli aspetti che una buona scuola tennis deve avere, come dovrebbe esser impostato il lavoro in campo di un buon corso. Qual’è un buon metodo di lavoro in campo sui giovani? Come progredisce l’insegnamento? Quale ruolo riveste la preparazione atletica al di fuori del campo da tennis, soprattutto nei più piccoli? Quali tipi di palle devono essere usate? Che tipo di racchetta usare e soprattutto è bene usarla fin da subito o meno? E’ corretto giocare con la rete abbassata o va sempre mantenuta ad altezza regolare? Qual’è una buona frequenza settimanale delle lezioni? Come si svolge la lezione, nel senso di quali sono le fasi salienti che non devono mai mancare? E infine, i tornei: sono necessari? E’ bene far giocare i ragazzi nel weekend fin da subito oltre alle partitine settimanali?
Prima di queste domande, è fondamentale una premessa: prima di iscrivere un bambino ad una scuola tennis, è importante sapere chi è il maestro che avrà la responsabilità del ragazzo; qual’è il suo “curriculum”, le sue esperienze. Va sempre ricordato che avrà la responsabilità di vostro figlio per diverse settimane all’anno. Sapere che un maestro abbia esperienza, che sia responsabile e che “ci sappia fare” coi ragazzi dovrebbe essere la prima cosa da accertare. Due chiacchiere per conoscenza e poi informarsi presso la direzione del club stesso. Passo forse scontato, ma è sempre bene partire dalle basi.
Andando poi sulle questioni più tecniche, come deve essere impostato il lavoro in campo? Non c’è una risposta univoca, poiché ogni maestro spesso crea la propria metodologia grazie alle proprie esperienze e fantasia. Però ci sono dei punti in comune, che non devono mai mancare. Avendo a che fare con bambini abbastanza piccoli e inesperti, il focus deve essere l’insegnamento della corretta tecnica di gioco, ma con un’importante avvertenza: insegnare divertendo. I primi passi sono fondamentali per l’apprendimento, poiché le capacità di coordinazione e la gestualità che si impara all’inizio resta la base per il futuro del tennista, e recenti studi dicono che già a 8-9 anni l’apprendimento motorio dell’essere umano è al limite! Ma la tecnica del tennis non è così immediata da imparare e può apparire anche noiosa, ripetitiva. Come fare? E’ importante motivare i ragazzi, imparare divertendosi. Non è bene imbastire delle lezioni troppo elaborate. I temi tecnici devono esser loro presentati in modo accattivante, perché i ragazzi oggi vanno sempre più di corsa, è tutto più rapido. Se non si divertono e non vedono progressi mollano, non sono più disposti ad aspettare. Quindi una buona lezione deve esser costruita riuscendo ad unire l’insegnamento della tecnica di base al divertimento. Più un ragazzino si diverte, più si appassiona e ci metterà impegno, e di conseguenza migliorerà. Quindi diffidare da maestri pedanti che sottopongono piccoli inesperti ragazzini a massacranti sedute teoriche o ripetitive serie di colpi tutti uguali, senza alcuna variante ludica o addirittura severi rimproveri in caso di errori. E’ necessario insegnare la tecnica e divertire, senza pretendere cose impossibili. Fino ai 12 anni è il momento d’oro per imparare la gestualità, ed il lavoro va indirizzato tutto in quel senso, formare i fondamentali del tennis. E così il lavoro dovrebbe proseguire, focalizzando la tecnica e via via incrementando la complessità delle sedute, aggiungendo altri aspetti più complessi che il miglioramento del proprio gioco richiede per avanzare ulteriormente. Questa è una corretta progressione del lavoro: non pretendere troppo e subito, pazienza nell’insegnare e cercare di proporre in campo novità, schemi diversi e accattivanti.
Sull’importanza della preparazione fisica al di fuori del campo da tennis, ci sono pareri diversi. E’ uno degli universi più complessi, molti studi continuano ad aggiungere nuove teorie e metodologie di lavoro, quindi non c’è una risposta univoca. Tutti concordano sulla sua importanza, ma con gradi diversi. Per alcuni “guru” sarebbe meglio che ci fosse sempre, ma all’inizio la parte indispensabile è imparare la tecnica, e quindi va bene unire alla lezione in campo delle attività ludiche che sviluppino la coordinazione, la velocità e la rapidità. Per altri invece la parte tecnica e fisica va portata avanti da subito, di pari passo, perché l’insegnamento non può esser concepito come due entità separate. Su quest’aspetto molte scuole hanno strutturato il loro lavoro e di conseguenza anche il loro staff. In questo molti partono col minitennis, che divertimento e attività fisica di base. In una buona Sat, se il figlio è proprio agli inizi ed è piccolo, meglio che ve lo propongano, altrimenti già potrete iniziare a storcere il naso e guardare altrove…
A misura di bambino
Una buona lezione, soprattutto per i più piccoli, presuppone anche i materiali e strumenti giusti. Anzi, tutta la struttura di gioco deve adattarsi alle “misure” dei bambini, e non viceversa. Una buona scuola tennis deve necessariamente esser dotata non solo di un paio di campi a posto col fondo e magari con un pallone pressostatico mediamente riscaldato… ma di tutta una serie di strumenti ed accessori necessari a creare una lezione dinamica. Quindi le palle da tennis non devono mai esser quelle “scartate” dai soci o da qualche torneo organizzato dal club, ma ogni classe di giovani, a seconda della loro età, deve aver a disposizione la palla giusta. Da quelle mini per i piccolissimi, alla palla mid per i ragazzini fino all’under 10, per poi passare alle palle classiche degli adulti. Infatti la palla, a seconda della categoria, ha un peso differente e rimbalza in modo diverso, aiutando gli allievi nell’imparare il giusto timing nell’impatto. Stesso discorso per le racchette: fatevi consigliare dal maestro stesso o da un negoziante esperto, ormai tutte le case hanno il giusto attrezzo per tutte le tasche. Anche sull’uso immediato o meno della racchetta per chi non ne ha mai fatto uso, ci sono varie teorie, ma personalmente ritengo che la racchetta vada subito messa in mano al bambino! E’ importante che la conosca, quasi ci faccia amicizia per poterla maneggiare con agio e in sicurezza, sempre dotando il bambino di un attrezzo giusto per la sua età e la sua altezza. Dovrà diventare come un’appendice del corpo, quindi già i primi giochi in campo devono esser svolti con l’attrezzo, anche per affinare la coordinazione degli arti superiori e di tutto il corpo. E gli accessori? Rete abbassata, righe, birilli, strumenti di gioco, fantasia, chi più ne ha, più ne metta! E’ la lezione ed il maestro che si deve adattare al bambino, e mai viceversa. Quindi diffidare da scuole tennis senza attrezzatura, che non consigliano i genitori sugli strumenti adeguati, e soprattutto che fanno svolgere di settimana in settimana la stessa, noiosa, ora di lezione in cui il bambino colpisce una palla dopo aver fatto “la fila” tra gli alunni, come alla cassa del supermarket…
Anche sulla frequenza dei corsi, i tecnici hanno fornito risposte concordanti: un paio di volte a settimana è una buona base di partenza per bambini fino agli 8-9 anni, meglio se in aggiunta c’è almeno una seduta atletica. Una volta a settimana è troppo poco per riuscire ad insegnare davvero, tre volte sarebbe il massimo. Ma c’è da stare attenti…. il rischio è sovraccaricare i ragazzi. Non è raro vedere dei bambini, che magari hanno già acquisito una discreta tecnica di gioco, iniziare quasi a rifiutare la lezione, disimpegnandosi perché già fin troppo saturi. Sono piccoli, e quando manca il gioco e l’entusiasmo, è bene non andare oltre. Questo dovrebbero capirlo soprattutto i genitori, perché quando vedono che il figlio fa reali progressi e magari lo portano ai primi tornei, finiscono per esagerare costringendolo ad un tour de force che ha come unico risultato quello di provocare una crisi di rigetto. Dobbiamo insegnargli a giocare, la componente gioco deve essere in primo piano. Se poi il bambino si “accende” e chiede di giocare tornei del weekend o più ore di lezione, benissimo, ma deve partire da lui; altrimenti si finirà solo per creare frustrazioni e, alla fine, perdere un tennista per non dire peggio… Ideale è portare i ragazzini a competere nel weekend quando sono loro a volerlo, dando la giusta importanza a queste esperienze. Il torneo deve esser un momento di divertimento, di confronto, non ci deve esser mai la tensione del risultato. Appena il piccolo esce male da un incontro, perché portato “a forza” in campo, oppure perché ha vissuto male un momento che doveva esser ludico e di apprendimento, il gioco è valso la candela? Sicuramente no.
Ultima domanda: cosa non deve mai mancare in una lezione per dirsi ben fatta? Qua ogni maestro ha raccontato qualche sua piccola esperienza o curiosità. Ma la risposta comune è stata “insegnare la tecnica divertendo i ragazzi”. Mai pretendere più di quello che possono dare; mai esser pedanti o severi, mai annoiarli con lezioni tutte uguali. C’è chi chiede idee agli stessi ragazzi, vista la loro sfrenata fantasia; altri invece alternano momenti di tecnica a veri e propri giochi di società con racchetta, con domande e risposte che danno punti. L’importante è sempre ricordarsi che i bambini hanno totale bisogno di attenzione e di esser stimolati. Se andando a vedere la lezione di vostro figlio, noterete il piccolo col broncio, aspettando 5 minuti in fila indiana per colpire una palla e poi subire un rimbrotto del maestro di turno… non esitate, cambiate scuola.

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