WTA Linz: chi non muore si rivede

Foto di Mathias Schultz

A volte è incredibile come le storie di persone diverse sembrano intrecciarsi attorno ad un tema e ad un luogo. Così è stato quest’oggi a Linz, nell’Alta Austria dove alla mia storia personale di ritorno sui campi da tennis, si sono intrecciate le storie, decisamente più meritevoli di un racconto, delle protagoniste del torneo.

Tutto è iniziato con il mio rientro e se vi tedia la lettura di una storia che con il tennis giocato ha ben poco a che vedere, potete saltare le prossime righe e arrivare al sodo. Se invece avete piacere di affrontare con me questo piccolo viaggio nelle mie memorie, eccovi accontentati: se l’evolvere della mia carriera da giornalista mi ha portato sempre più lontano dalla scrittura e dal tennis, quasi in simultanea, è altrettanto vero che l’una e l’altra passione sono rimaste intatte anche quando non praticate. Tornato alle mie origini, al freddo degli sport invernali e protratto verso il futuro, sempre più impegnato nel mondo digitale dei social media, non mi sembrava vero, questa mattina, quando sono salito in macchina per percorrere i 500km che mi separavano dalla Tips Arena di Linz per fare quello che da troppo non facevo: scrivere.

Il viaggio in macchina, in solitaria per raggiungere il mio collega e amico Michele Galoppini già in grande spolvero qui nella città natale della più antica crostata del mondo, è stato più di un mero spostarsi da un lato all’altro delle Alpi: salendo per la A10 (quella austriaca che collega Villacco a Salisburgo) ho ripercorso la strada fatta una vita fa con la mia compagna di liceo e ancora cara amica Eleonora per venire proprio qui, a Linz, a vedere la nostra beniamina Flavia Pennetta giocare (e quel giorno perdere). Tutto era nato un pomeriggio freddo nella sala comune del convitto in cui alloggiavamo. La TV mostrava Eurosport, rigorosamente in tedesco, che trasmetteva tutti gli incontri di questo storico torneo al coperto e scherzando dissi: “potremmo proprio andare su, sabato, a vedere le semifinali.” Come ho imparato nel tempo, mai scherzare con la Ele, che poi ti prende sul serio e detto, fatto, quel giorno a Linz ci andammo veramente (nonostante una copiosa nevicata).

Oggi devo dire grazie a quell’amica folle, perché da allora non ho più saltato un’edizione, tornando sempre in questa graziosa città per godermi del tennis sempre di qualità e fare quello che allora era solo un sogno ed ora è la mia vita: il giornalista sportivo.

Nella realtà, comunque, il viaggio è stato tutt’altro che idilliaco, tra lavori in corso, rallentamenti ed infine una vera e propria coda di diversi chilometri per entrare in città, ma tutti i viaggi, soprattutto quelli metaforici (o soprattutto i miei, verrebbe da dire a chi mi conosce), sono pieni di intoppi ed è quando arrivi alla meta che capisci che alla fine ne è valsa la pena. Così è stato per Mihaela Buzarnescu e si poteva leggere nel sorriso della ventinovenne di Bucarest che questa settimana ha preso il gusto delle prime volte: matematicamente certa di entrare nelle prime 100 al mondo per la prima volta in carriera, ha giocato il suo primo match a livello WTA in un tabellone principale ed oggi è approvata alla prima semifinale in carriera. Una storia di dubbi, infortuni, difficoltà ed infine successi, un viaggio lungo e travagliato che si racchiude in un sorriso emozionato durante tutta la conferenza stampa.

Se la notizia del suo amore per lo sci alpino (mio sport prediletto, per un passato decoroso in questa disciplina), ha senza dubbio influenzato la mia scelta di nominare la rumena per prima in questo racconto di ritorni, non è stato da meno in questa “classifica” quello della sua avversaria: la svizzera Belina Bencic. Dopo tanti mesi di assenza per i problemi fisici che l’hanno portata dalla top 10 a fuori dalle prime 200 del mondo, l’elvetica ha da poco ricominciato a giocare, trovando da subito le prime soddisfazioni. Quest’oggi si è piegata solamente 7-6 al terzo, dopo aver recuperato da 5-2 sia nel secondo che nel terzo set e dopo due ore e mezza di lotta. Giunta in sala stampa con un sorriso dolce e genuino, la Bencic non si è però nascosta: “finito il match ho pianto a dirotto, anche una volta arrivata in palestra. Poi sono cominciati ad arrivare i messaggi dei miei amici e fan, che mi dicevano di pensare a dov’ero 6 mesi fa, costretta a letto, impossibilitata a giocare a tennis. Certo, oggi ho perso, però ho giocato bene e soprattutto dopo una battaglia del genere il mio corpo sta bene ed è la più bella cosa che posso portar via da questa settimana a Linz”.

Per una svizzera che esce di scena, un’altra invece è rimasta in tabellone ed è la finalista della scorsa edizione Viktorija Golubic, che in maniera quasi insperata è approdata alle semifinali battendo Johanna Larsson in due facili set. Per la svizzera si tratta di un’inattesa boccata d’ossigeno per una classifica che l’ha vista affondare durante un anno molto complicato e in cui, prima di questa settimana, aveva vinto solamente 9 incontri.

Quest’anno ho giocato bene, ma ho vinto pochi incontri. Mi mancava sempre qualcosa, ma sentivo che il tennis c’era”, ha detto la ragazza svizzera: “quando qui ho vinto il primo turno, specialmente rimontando da un set di svantaggio, ho ritrovato la sicurezza nel mio gioco. L’anno scorso qui arrivavo in grande fiducia e non facevo caso a cosa facesse funzionare il mio gioco, ora è diverso e per questo molto speciale”.

Alla finalista in carica è seguita sul palco delle interviste la sempre divertente ed esuberante Barbora Strycova, la cui storia, almeno per oggi, rappresenta però l’eccezione, poiché è difficile leggere una storia di ritorno nella sua presenza nelle semifinali. Dopotutto, la tennista ceca è tra le più originali nel circuito, sia come modo di giocare, che come personalità e c’era da aspettarselo che volesse rimanere fuori dalle righe anche in questa narrativa. (C’è da aggiungere, a piccolo appunto personale, che mi ha conquistato dicendo che a Pyeongchang guarderà il biathlon con grande interesse, sport che seguo da molto vicino di questi tempi e che invito tutti a guardare per la sua enorme spettacolarità – fine del messaggio pubblicitario.)

Infine, la vincitrice dell’ultimo incontro in programma sul centrale avrebbe certamente soddisfatto la narrativa di questo mio pezzo, poiché sia Sorana Cirstea che Magdalena Rybarikova potrebbero raccontare a lungo del loro viaggio tra infortuni e spettacolari rientri. Alla fine però è stata la tennista slovacca ad avere la meglio in tre set e quindi a guadagnarsi l’accesso alle semifinali. L’ora tarda però ha convinto sia lei che noi tutti in sala stampa a desistere e rinviare il suo racconto a domani.

Con la notte ormai calata fuori dalle mura della stupenda arena che ospita il torneo da cui vi scrivo, nella speranza di non avervi tediato, è ora dunque di chiudere questo mio lungo divagare tra tennis e ricordi. Nel rileggerlo ora mi sembra impossibile che poche ore fa, quando mi spaventava quel foglio bianco, temevo di non riuscire a riempire una pagina con questo mio racconto e invece alla fine sono andato oltre le mie aspettative, forse un po’ come alcune di queste ragazze, e su tutte la Buzarnescu. Proprio con una sua citazione vi voglio augurare la buona notte, nella speranza di “rivedervi” domani.

Penso che ora quello che ho imparato e spero di poter ispirare negli altri giocatori che come me hanno meditato di ritirarsi e mollare tutto quando le avversità sembravano insormontabili sia che se stai bene, ti senti bene, lavori sodo e credi in te stesso puoi raggiungere traguardi incredibili.

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