Al Challenger di Torino, sei mesi fa, Alexander Bublik aveva ritrovato un titolo, il sorriso e una nuova voglia di lottare. A Torino è tornato adesso, con la consapevolezza di chi ha chiuso il cerchio. Numero 11 del mondo e prima riserva alle Nitto ATP Finals, il kazako si è raccontato a Rivista Undici dopo una stagione che, di fatto, ha riscritto la sua carriera.
Dopo sei anni, stabilmente tra i primi 50, il 2025 era iniziato con più ombre che luci: una finale al Challenger di Phoenix, i quarti di finale a Montpellier, ma anche un crollo nel ranking fino alla posizione numero 76. Poi, proprio al Challenger di Torino, la svolta. “È fantastico. Abbiamo persino le stesse camere d’albergo di quando giocai il Challenger. Quando ero qui a maggio mia moglie mi disse: ‘Immagina di tornare qui per le Finals’. Le risposi: ‘Forse un giorno.’ E invece eccoci qui”.
Un crescendo continuo dopo Torino
Quel successo ha acceso la miccia. Da lì, un crescendo: quarti di finale al Roland Garros sconfiggendo De Minaur e Draper. Da giugno sono arrivati quattro titoli ATP su tre superfici diverse, quello più prestigioso ad Halle: “È stato un titolo importante: lì ho battuto giocatori forti come Sinner e Medvedev”.
Ma anche il primo titolo sul rosso ricorda molto bene: “Battere Cerundolo in finale a Gstaad, è stato speciale: non avevo mai vinto su quella superficie, ed è stata una grande soddisfazione”. Una settimana dopo, a Kitzbühel, è arrivata la conferma con un’altra vittoria sulla terra che ha trasformato quella scintilla in certezza, chiudendo con il secondo trofeo consecutiva la stagione sul rosso.
Verso gli ultimi mesi di stagione Alexander ha continuato a macinare partite e risultati come il titolo all’ ATP 250 di Hangzhou e la semifinale nell’ultimo Masters 1000 dell’anno a Parigi.
Lo stop post-Wimbledon
“Non volevo smettere davvero, ma solamente prendermi una pausa dopo Wimbledon. Non aveva senso continuare se non vincevo partite: mi allenavo ogni giorno senza risultati”, ha ammesso. “Avevo detto al mio allenatore: che senso ha giocare se continuo a perdere?” La risposta, alla fine, l’ha trovata nel piacere di competere. “Per fortuna le cose sono cambiate: ho lottato, ho vinto, e ora sono qui alle Finals, seppur da riserva. È incredibile”, ha detto con orgoglio.
Persino Boris Becker, uno che di tennis e rinascite se ne intende, ha detto di vederlo presto nei Top 10. Bublik accoglie l’elogio con piacere ed il solito pizzico di ironia che lo contraddistingue: “Tutto può succedere. Quando sei numero 11 al mondo, sai di essere vicino ai Top 10. Se una leggenda come lui crede in me, è una motivazione in più per dimostrare che ha ragione”.
Su Sinner-Alcaraz e il futuro
Nel corso dell’intervista, non sono mancati i riferimenti ai due fenomeni del tennis attuale, Sinner e Alcaraz: “La differenza tra noi e loro è ancora grande, ma in generale il livello è buono.” E se c’è una rivalità che gli fa brillare gli occhi, è proprio la loro: “Penso che questa possa essere la più grande rivalità del tennis nei prossimi quindici anni. Spero che restino in salute e continuino a mostrare il loro livello più alto”.
Nel frattempo, Bublik guarda anche oltre il tennis. “Penso che smetterò quando non proverò più emozioni: quando non mi importerà più di vincere o perdere, quando non romperò più le racchette o non esulterò dopo un bel punto. Finché mi diverto e sento le emozioni vive dentro di me, continuerò a giocare”.
“Essere padre mi ha cambiato”
La famiglia, che lo accompagna in ogni torneo, ha cambiato la sua prospettiva. “Sono padre da più di tre anni. Ti cambia, ti dà più responsabilità. E forse questo si riflette anche sul tennis: mi ha aiutato a vedere tutto con maggiore equilibrio” – ha continuato Sasha – “Avere una famiglia che viaggia con me mi aiuta ad essere più felice, ed è così che mi riesco a godere meglio tutto questo”.
E in fondo, l’Italia resta un punto fermo per lui: “Ho vissuto sei anni a Monaco, ma per il futuro mi piacerebbe avere una casa per le vacanze in Italia, magari a Sanremo. Il vino è buono, la pasta è buona… cosa serve di più?”
Da Torino a Torino, Alexander Bublik ha rimesso insieme i pezzi. Ha superato il punto più complicato della sua carriera e oggi gioca con la leggerezza di chi sa quanto è difficile, ma anche quanto è bello, stare in alto.