Speciale “40 anni di Atp” – I tornei “minori”


di Sergio Pastena
Li chiamano “tornei minori”, spesso a ragione: sono gli eventi Atp 250 e Atp 500 del circuito, quelli che costituiscono lo scheletro dell’Atp Tour pur avendo un prestigio molto inferiore a quello degli Atp 1000 e degli Slam. In questi tornei raramente trovate i big e, quando li trovate, è per questioni economiche (si pensi a Doha) o perché servono come preparazione per un torneo dello Slam. Spesso hanno un tabellone simile a quello dei Challenger più ricchi, ma alcuni hanno una grandissima storia alle spalle (nel caso di Newport, entrambe le cose). Carne al fuoco ce n’è tanta: parleremo dei risultati delle varie nazioni, li analizzeremo, vedremo quali movimenti sono in crescita e quali in crisi.
L’obiettivo della nostra ricerca è analizzare i dati di 21 anni di circuito maggiore per vedere la situazione dei vari movimenti sia dal punto di vista “quantitativo” che da quello “qualitativo”, per quanto possibile. Prima, però, qualche piccola specifica: abbiamo preso in considerazione i risultati dai quarti di finale in poi, escludendo ovviamente le competizioni a squadre; abbiamo preso in considerazione anche Slam e Master di fine anno, anche se non rientrano in questo capitolo che, come detto, analizza solo Atp 250 e 500; per ciò che riguarda le nazioni che ora non esistono più in quasi tutti i casi abbiamo assegnato i punti (Sudafrica- Rep.Sudafricana, Urss-Russia) con l’eccezione della Yugoslavia (erano pochi punti, ripartirli tra i vari territori avrebbe richiesto tempo e non ne valeva la pena); infine, per ciò che concerne i tennisti che hanno cambiato nazionalità, non abbiamo toccato nulla (ad esempio Lendl conta per la Repubblica Ceca fino a metà del 1992 e dopo per gli Usa).
CHI ARRIVA FINO IN FONDO?
Sono ben 72 le nazioni che possono vantare almeno un quarto di finale in singolare nei tornei minori dell’Atp. Quali arrivano più spesso in fondo? Nella prima parte della nostra analisi, che riguarda solo la “quantità”, ci siamo limitati a contare il numero di presenze degli atleti delle diverse nazioni nelle fasi finali dei tornei Atp. E’ venuta fuori la graduatoria che vedete di fianco nella quale abbiamo considerato solo le nazioni con almeno 50 presenze (più Uruguay e Canada con 49, per arrotondare la classifica a trenta unità).
Salta subito agli occhi che in testa troviamo Spagna e Stati Uniti con un buon margine di vantaggio, dopo c’è un gruppetto che include Francia, Germania, Svezia e Argentina e poi via via le altre. Va però considerato anche il fattore tempo, cosa che faremo dopo: per ora ci limitiamo a notare che spagnoli e francesi continuano a produrre un gran numero di tennisti di fascia media che, a livello di tornei minori, collezionano parecchi risultati. Gli Stati Uniti sono in difficoltà e a presidiare Atp 250 e 500 sono rimasti praticamente solo Fish, Querrey e Isner. La Svezia e l’Australia sono in netta crisi: i risultati che vedete li hanno ottenuti praticamente in 15 anni.
L’Italia è decima, ed è un piazzamento tutt’altro che malvagio, ma come detto per ora si parla solo di quantità. Possiamo già avere uno spunto della situazione reale guardando la colonna delle vittorie: soltanto 16, meno di tante nazioni che precediamo nel ranking.
QUALI SONO LE NAZIONI VINCENTI?
Una volta parlato di quantità, passiamo alla qualità, specificando che si parla di qualità dei risultati e non dei tennisti (quella non si può esprimere a numeri). La prima cosa da fare, quindi, è “pesare” i risultati: un Atp 500 vale il doppio di un 250, per una semplice questione di punti. E’ leggermente diverso il discorso dei turni: negli Atp 250 la progressione dei punti dai quarti in poi è 45-90-150-250, ma per semplicità di calcolo abbiamo assunto che ogni passaggio di turno valga il doppio (dopo aver verificato che ai fini della classifica la cosa non influisce molto). Abbiamo così ottenuto una classifica a punti, che è quella che vedete sotto:

In questa classifica, oltre a pesare i risultati, li abbiamo anche divisi per quattro periodi (l’ultimo riguarda sei anni invece di cinque e quindi ha dei valori leggermente più alti). Iniziano ad emergere dati molto interessanti: ad esempio è più evidente la crisi degli Stati Uniti, che già verso la fine degli anni ’90 erano tallonati dalla Spagna e, negli ultimi cinque anni, sono stati scavalcati anche da Francia e Argentina. Ovviamente sono pur sempre dati che riguardano solo gli Atp 250 e 500, ma se consideriamo che gli Usa non vincono uno Slam da quasi otto anni la crisi è servita. Emergono prepotentemente anche le nazioni dell’ex Yugoslavia, con Croazia e Serbia che entrano nella Top Ten. In quanto all’Italia, come potete vedere, non ci entra mai (a dire il vero siamo stati tra i dieci nel 1991, al nono posto, ma è ben poca cosa): questo già dà l’idea di una nazione a cui manca lo spunto finale. I nostri tennisti raramente arrivano in fondo, e dire che ci sono stati tempi peggiori: tra la fine degli anni ’90 e i primi anni del nuovo millennio non eravamo neanche nelle prime 15. In realtà nella crisi entrano fattori “politici”, come abbiamo visto nella prima puntata: passare da 8 tornei a 1 ha una sua influenza, come in tutti gli sport anche nel tennis il fattore campo ha un suo peso.
Le classifiche che vediamo sopra, tuttavia, non esprimono ancora un indice di qualità, perché sono comunque influenzate dal numero totale di piazzamenti ottenuti dalle varie nazioni. Per  eliminare quest’effetto, molto semplicemente, abbiamo pensato di dividere i punti per ogni nazione per il numero di piazzamenti ottenuti. Così facendo possiamo vedere quanto buoni sono i risultati ottenuti: ad esempio un risultato vicino al 2 indica una nazione che si ferma molto spesso nei quarti di finale, mentre un indice intorno al 3 rappresenta una nazione che spesso arriva in semifinale o oltre. Andiamo a vedere i numeri:
Per facilitare il confronto abbiamo indicato con colori diversi le nazioni appartenenti alla varie fasce della classifica presenze (1°-10°, 11°-20, 21°-30°). Sgombriamo subito il campo da alcuni dubbi: le posizioni di Serbia e Svizzera, ad esempio, di sicuro risentono dell’effetto di Djokovic e Federer, due che quando giocavano nei tornei minori li vincevano a mani basse, ma rispecchiano anche movimenti che producono pochi giocatori, ma buoni (si pensi a Troicki, Tipsarevic e, in prospettiva, Krajinovic per la Serbia oppure a Wawrinka e, in passato, Rosset e Hlasek per la Svizzera). La Serbia, inoltre (come l’Ucraina, settima) è una nazione giovane, per cui pare giusto darle credito. Tra le prime, in buona sostanza, l’unica anomalia è l’Ecuador, che oltre ad Andres Gomez e Nicolas Lapentti non ha prodotto e non produce quasi niente.
Tra le nazioni di prima fascia Usa e Spagna si confermano le più solide. Benissimo anche la Russia, mentre la Francia precipita a sorpresa, ma non troppo, al ventunesimo posto. I francesi hanno una grandissima quantità di giocatori “medi” che influiscono sulla qualità del movimento: questo non vuol dire certo che siano messi peggio della Slovacchia, ma solo che i tennisti slovacchi, pur essendo di meno, arrivano mediamente più lontano.
Questa classifica, purtroppo, mette a nudo la grande fragilità del nostro movimento: triste ma vero, l’Italia è al 27° posto su 30 nazioni. Come per la Francia bisogna dire che certo il tennis italiano non è inferiore al tennis finlandese, ma questa classifica impone comunque una riflessione: è mai possibile che i nostri tennisti, quando vanno avanti nei tornei, non riescano a fare meglio degli israeliani o dei rumeni? La Croazia, in fondo, viaggia più o meno sulle nostre cifre ed è terza in graduatoria e la Francia, anche se è al 21° posto, può almeno consolarsi col fatto che produce più del doppio dei nostri piazzamenti.
Quella appena proposta, se vogliamo dirla tutta, non è una tabella ma l’istantanea dello stato del nostro tennis: quando il gioco si fa duro i nostri rappresentanti si sciolgono. Per inciso, ci sono stati tempi peggiori: dal 2000 al 2004 abbiamo raccolto trenta piazzamenti totali nei tornei, nei cinque anni successivi sono raddoppiati. Insomma, qualcosa si muove, ma il livello di qualità resta sempre basso. Aspettando che un Quinzi o un Miccini vengano a risollevare le sorti del nostro tennis…

CURIOSITA’
Chiudiamo con qualche curiosità. Nel corso del nostro lavoro statistico, infatti, sono emersi dati inconsueti o sorprendenti che vi andiamo a riportare.
– Se prendessimo in considerazione tutte le nazioni il coefficiente di qualità più alto ce l’avrebbe il Senegal: una sola presenza, una vittoria, quella di Yahiya Doumbia a Bordeaux nel 1995… da numero 228 del mondo!
– Molti si chiedono quando la Cina produrrà un giocatore serio. Non lo sappiamo, ma di sicuro sappiamo che hanno avuto un semifinalista Atp. Sempre nel 1995, autentico anno dei miracoli, tale Bing Pan arrivò in semifinale al Seoul Open. All’epoca era il numero 239 al mondo: niente male per un cinese…
– Sei sono le nazioni ferme a un punto in classifica: Kenya, Lituania, Malesia, Nigeria, Pakistan e Portorico. La Lituania con Berankis presto si staccherà dal gruppo, per le altre attendiamo con fiducia il prossimo millennio
– In classifica, in realtà, ci dovrebbe essere anche Haiti e con un discreto numero di punti, se non fosse per il fatto che quel mattacchione di Ronald Agenor ha cambiato nazionalità alla vigilia dell’esordio dell’Atp Tour. Gli haitiani sentitamente ringraziano

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