Marzio Martelli: “Non abbandonare chi tarda ad emergere. 1998? Che vittoria contro Ivanisevic”

Marzio Martelli, livornese, classe 1971, riporta alla mente degli appassionati una delle più incredibili e romantiche storie di tennis degli ultimi 20 anni: la storia di un ragazzo che faceva il maestro e da un giorno all’altro entrò in Top 100 (best rank #96 Atp nel settembre del 1997), battendo Ivanisevic a Parigi e dominando per due ore Agassi a Melbourne. Abbiamo fatto un interessante chiacchierata con lui, tra passato e futuro del tennis italiano e mondiale.

Allora Marzio, la tua storia è davvero strabiliante e probabilmente irripetibile ai giorni nostri. Ce la riassumi in un attimo.
“Partiamo dal presupposto che è il mio è un caso un po’ limite in quanto, malgrado buoni risultati a livello giovanile, non avevo un allenatore che mi seguisse, né tantomeno un sostegno economico. L’attività internazionale si disputava tutta all’estero e non potendo permettermi di pensare alla carriera da professionista davo una mano nel mio circolo, la Libertas Sport di Livorno, e capitava anche che non mi allenassi per periodi molto lunghi vedi l’anno in cui feci il militare (‘90) e quello della scuola maestri (‘93/‘94).”
Nel 1996, a 24 anni compiuti, arrivò la svolta.
“Sì, a gennaio mi decisi a volare in India assieme ad Ettore Rossetti e conquistai i miei primi punti Atp, poi in primavera disputai un buon numero di tornei satellite, che finalmente venivano organizzati anche in Italia con una certa regolarità. Accumulai i punti necessari per provare le qualificazioni ai Challenger e ad alcuni Atp e così a settembre riuscì ad arrivare fino alla finale di Olbia, persa con Camporese, e fino alla semifinale a Palermo battendo tra gli altri Berasategui e Burillo. A fine 1996 ero incredibilmente salito fino al #158 Atp, e a settembre dell’anno dopo ero tra i primi 100 giocatori al mondo. Nel ’98 raggiunsi probabilmente l’apice della mia carriera battendo Ivanisevic al Roland Garros e giocando quella gran partita (poi persa in 4 set) con Agassi in Australia.”
Detta così sembra facile, ma invece perché al giorno d’oggi è così complicato scalare la classifica?
“Non fu certo una passeggiata, ma diciamo che la particolare formula dei tornei satelliti (torneo spalmato su un mese che prevedeva 3 diversi tornei di qualificazione ed un “master” finale cui accedevano i migliori delle 3 settimane precedenti) permetteva a chi otteneva buoni risultati di scalare la classifica più rapidamente rispetto ai Futures di adesso. A posteriori però posso dire che questo salto enorme dai tornei di serie B alla top 100 non l’ho metabolizzato al meglio e probabilmente ha anche contribuito ad accorciare la mia carriera che di fatto è durata appena 6 anni.”
Che consigli ti senti di dare ai giovani italiani che navigano oltre la centesima posizione del ranking?
“Nel tennis puoi anche avere fisico e talento, ma se non hai continuità non raggiungerai mai il massimo del tuo potenziale, che è un po’ quello che è successo a me. Ai giovani consiglio di non mollare, di continuare ad allenarsi seriamente a dispetto dei risultati e delle difficoltà, perché ogni anno potrebbe essere quello buono per piazzare gli exploit che ti portano nei 100 o magari più avanti. Il nostro è uno sport talmente mentale ed imprevedibile che basta una scintilla, un dettaglio, un qualcosa che si sistema nella vita privata per farti fare il salto di qualità. E poi prendere esempio da Paolo Lorenzi, sia come dedizione che come programmazione: fare i tornei giusti nei momenti giusti, tenere d’occhio i punti in scadenza e le entry list.”
Ma a tuo modo di vedere e per quella che è la tua esperienza personale, la federazione sta facendo tutto il necessario per favorire i tennisti emergenti o manca qualcosa?
“Non si può dire che la Fit stia con le mani in mano, ma è probabile che a volte disperda le proprie risorse puntando sugli atleti sbagliati: magari si investe sui numeri uno under 16 e under 18, senza vedere che alle loro spalle ci sono ragazzi con potenziali maggiori, ma ancora inespressi. E poi c’è anche la tendenza ad ‘abbandonare’ chi tarda ad emergere, cosa che ad esempio non accade in Francia, nazione che può vantare un ricambio costante nella top 100, talvolta anche con giocatori non più giovanissimi.”
Adesso fai il maestro a tempo pieno a Livorno, c’è qualche talento interessante che segui?
“Si, c’è un ragazzo davvero promettente, Gabriel Gigena che è tra i migliori 2003 della Toscana. Viene da una famiglia di sportivi, il padre Silvio ex giocatore di basket con trascorsi anche in serie A1 e la madre saltatrice in alto, il che già gli garantisce un’ottima struttura fisica, un’eccellente predisposizione al lavoro ed una carica agonistica importante sul campo. Seppur tredicenne serve già benissimo e tira davvero forte, devo dire che come caratteristiche un po’ mi ci rivedo e spero davvero possa fare strada.”
Ho letto che tra i tennisti della tua epoca avevi un debole per Petr Korda e Marcelo Rios. Oggi per chi vale la pena passare un paio d’ore davanti alla tv ?
“Ovviamente Federer che interpreta il gioco come nessun altro e lascerà un grosso vuoto quando deciderà di ritirarsi. Poi mi vengono in mente Kyrgios e Dustin Brown, giocatori un po’ ‘pazzoidi’ che a seconda della giornata possono perdere da chiunque o regalare uno spettacolo memorabile, un po’ come nei miei anni era anche Ivanisevic.”
Grazie per la chiacchierata Marzio
“Grazie a te e un saluto a tutti i lettori di Spazio Tennis… Alla prossima…“

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