Federico Bonacia: “Devo migliorare tatticamente e capire quando rischiare”

Bonacia 2

di Matteo Mosciatti

La carriera di un tennista, come in quasi tutti gli sport, è divisa in tappe. Cominci da piccolo, quando la rete è più alta di te e passi un’oretta a fare giochi ed esercizi utili a migliorare le capacità coordinative. Piano piano c’è la crescita, quella fisica e della racchetta che usi, i primi tornei e, se vuoi giocare seriamente, viaggi, fatica e sacrifici, lavorando per gli obiettivi preposti. Poi, a 18 anni, arriva lo step più difficile, quello del passaggio da “junior” a “pro”, quello che ti fionda nel tennis vero. Così, senza appello.

A questa tappa è giunto Federico Bonacia, tennista romano classe ’97 nei primi cento under 18 del mondo e numero 1125 ATP. Di ritorno da un futures in Egitto, “Bonny” ci racconta la sua stagione, ripercorrendo la sua carriera giovanile e quella che si prepara ad affrontare.

Ciao Fede, bentornato in Italia. Quello a Sharm è stato l’ultimo torneo dell’anno per te? Com’è andata?

Sì, a Sharm ho giocato l’ultimo torneo del 2015. Purtroppo non è andata molto bene, un po’ come il resto dell’anno in cui sono stato frenato da alcuni problemi fisici.

Comunque stagione da ricordare la tua, tra gli Slam under 18 e buoni risultati nei futures…

Ho giocato Wimbledon e gli US Open: sono state bellissime esperienze e vorrei tornare indietro per passare nuovamente bei momenti come quelli vissuti a Londra e New York. La cosa di cui sono più contento è che sto iniziando a “capire” il mio gioco e sono più sicuro in ciò che devo fare.

In Italia sei nato e cresciuto indossando anche la maglia azzurra, ma per qualche tempo non hai vissuto nel nostro Paese. Raccontaci la tua storia.

È vero, ho vissuto 6 anni all’estero, precisamente in Macedonia, per gli impegni lavorativi di mio padre che sta nell’ambasciata italiana. Io e la mia famiglia ci siamo ambientati velocemente anche perché ci è piaciuto il modo in cui si affronta lo sport in quello Stato. Inoltre frequentavo un’ottima scuola americana.

Ora il gioco si fa duro. Addio tornei junior, si passa a tempo pieno al professionismo. Sei pronto a dire la tua con i più grandi?

Devo dire che un po’ mi dispiace abbandonare i tornei junior, nei quali ho vissuto tanti momenti piacevoli. La differenza principale è che nel tennis professionistico inizi a renderti conto di cosa fai già bene e di cosa devi migliorare, e a quel punto cresci anche mentalmente.

In vista della prossima stagione dove e come svolgerai la preparazione invernale?

Questo inverno starò al Parioli, dove mi seguiranno Vittorio Magnelli, Gianluca Pasquini, Betsy Torriente e Marco Evangelista. Sono contento perché sono persone molto professionali e sanno il fatto loro. La preparazione si svolgerà in 6-8 settimane.

Il tuo gioco è molto aggressivo e di sicuro la pesantezza di palla per competere ad alti livelli non ti manca. In cosa credi di dover migliorare particolarmente?

Spingo da fondo aggredendo la palla, ora devo migliorare dal punto di vista tattico e nel capire a che punto dello scambio posso rischiare un pochino di più.

Come detto, hai visto da vicino i giocatori più forti del mondo. Cosa ti ha più impressionato di loro?

Mi ha colpito la loro mentalità vincente, oltre al fatto che non fanno mai niente di sbagliato fuori dal campo. Fanno sempre la cosa giusta, da quello che mangiano a come si preparano prima di allenarsi, sino al modo di comportarsi dopo l’allenamento e il match.

Se dovessimo intervistarti nuovamente tra un anno, a che punto della classifica ATP speri che ti troverai?

Tra un anno spero di essere tra i primi 400-500 del mondo.

…e in carriera? Obiettivo assoluto?

Entrare nella Top 50 ATP.

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