Mardy Fish, una questione di cuore

Mardy Fish

di Salvatore Petrillo

Quando si parla di tennisti come Margareth Court, Thomas Muster, Jennifer Capriati, Jelena Dokic, Monica Seles, oppure, per restare più nei giorni nostri, Robin Soderling o anche Juan Martin Del Potro, dal punto di vista meramente tecnico le loro carriere hanno, o avranno, sempre un asterisco ad accompagnarle, a causa di problemi di varia natura che hanno impedito il loro esprimersi ai massimi livelli. Ma quando entriamo nell’ambito della persona, dell’uomo o della donna, per noi appassionati questi asterischi spariscono, e le loro vicende raccontano storie che mettono i brividi e, forse, rendono ancora più grandi questi giocatori.

Uno dei casi è sicuramente Mardy Fish. Tennista potente e possente, in grado di aprire molto bene il campo da fondo, soprattutto col rovescio, ma anche capace di difendersi a rete con delle doti di tocco assolutamente invidiabili che lo hanno reso un doppista di alto livello, Mardy ha spesso dovuto combattere con un fisico che ha fatto le bizze, ma ha sempre rialzato la testa con costanza e sacrifici, quei sacrifici che gli appassionati sperano possano riportarlo a calcare i campi da tennis.

Fish fa la sua comparsa sul panorama mondiale nel 2003, con due anni di altissimo livello, durante i quali raggiunge 6 finali ATP con una vittoria, su un altro “sfortunato di lusso” come Soderling, una finale al Masters Series di Cincinnati, e nel 2004 arrivano due piazzamenti di alto profilo, come la Finale Olimpica di Atene, persa dopo 5 set contro il cileno Nicolas Massu, e quella in Coppa Davis di Siviglia contro la Spagna di Carlos Moya e di un giovanissimo Rafa Nadal. Biennio che proietta il 22enne Mardy tra i primi venti del mondo, ma nel 2005 qualcosa inizia a rompersi, il fisico comincia a dargli problemi e Fish finisce due volte sotto i ferri a causa del polso sinistro, chiudendo la stagione oltre la 200sima posizione in classifica.

Il 2006 è l’anno del rientro, quello nel quale l’americano risale con grande fatica ma anche grande determinazione: salta Australian Open e Roland Garros, scivolerà nella casella 341 del ranking, ma riuscirà a chiudere nella Top-50 grazie alla vittoria (da WC) al torneo di Houston, tra l’altro su terra, e ai due Challenger conquistati su tre finali disputate. Lo slancio del 2006 si fa sentire subito nella stagione seguente, con il grande risultato di Melbourne, dove Fish raggiunge i quarti di finale, battendo, tra gli altri, l’allora numero 4 Ivan Ljubicic e perdendo solo dal connazionale Roddick. Il resto dell’anno non avrà altri acuti, tuttavia il fisico sembra reggere, chiuderà l’anno al numero 37 del ranking e al numero 5 come numero di ace in stagione. La risalita continua nel 2008, Mardy torna tra i Top-25 grazie a tanti piazzamenti nonostante non ottenga alcuna vittoria. Fiore all’occhiello è lo splendido torneo di Indian Wells, durante il quale elimina, nell’ordine, Davydenko, Nalbandian e Federer, prima di arrendersi a Novak Djokovic in finale.

Il 2009 è l’anno del terzo titolo in carriera di Fish, conquistato a Delray Beach su Korolev,del best ranking in doppio, addirittura al numero 14, ma è anche la stagione in cui i guai fisici fanno ancora capolino sul corpo già martoriato dello statunitense. Prima una costola, poi il ginocchio sinistro, interrompono prematuramente la stagione di Mardy, costretto a fermarsi dopo Wimbledon e quindi a perdere i restanti mesi dell’anno, crollando al numero 55. Non sembrano questi i migliori presupposti per un 2010 di successo, ma sarà proprio nei successivi due anni che Fish metterà in campo il meglio di sé.

Scivolato alla posizione 108, arriveranno due titoli in back-to-back, a Newport e Atlanta, arrivando a vincere ben 11 matches di fila, prima di perdere nei quarti a Washington. Per la prima volta vince più di un titolo in stagione, ma arrivano anche altri risultati prestigiosi, come la finale di Cincinnati, persa in tre combattuti set da Roger Federer ma raggiunta passando su giocatori del calibro di Verdasco, Murray e Roddick. Dirà la sua anche in Coppa Davis, vincendo in Colombia due match in 5 set, contro Falla e Giraldo. Chiude la stagione in 16sima posizione, addirittura in vantaggio 5-3 contro i Top-10. Il 2011 è l’anno della definitiva consacrazione. Ad Aprile Mardy irromperà nella Top-10 per la prima volta in carriera, raggiunge tre finali consecutive negli amati tornei di casa, riconquistando Atlanta ancora una volta ai danni di John Isner, e perdendo all’ultimo atto a Los Angeles e Montreal. Arrivano i quarti di Wimbledon, perdendo in 4 set da Nadal, e conclude l’anno in crescendo, fino a disputare nella O2 Arena di Londra le sue prime ATP World Tour Finals, giocate però con diversi acciacchi.

Il finale di 2011 sembra un piccolo campanello d’allarme, ma quello che viene diagnosticato a Mardy va oltre le aspettative: scopre ad inizio 2012 di avere un’aritmia cardiaca che lo costringe a passare ancora una volta sotto i ferri per un intervento e gli viene innestato un catetere cardiaco. Il ritorno all’agonismo ovviamente passa attraverso un lento recupero che comunque gli permette di disputare alcuni match, prima di ritirarsi negli ottavi dello US Open senza scendere in campo contro Roger Federer. L’anno finisce comunque con la posizione numero 12, ma la sensazione è che qualcosa sia cambiato per Mardy. L’inizio del 2013 è infatti davvero problematico per Fish, il cuore continua a dargli problemi e l’americano scende in campo a singhiozzo. Due apparizioni coraggiose ma sfortunate a Indian Wells e Washington rappresentano gli ultimi ricordi che si hanno di Mardy. Ad Agosto arriva l’ultimo match finora disputato: si ritira nel terzo set contro Nieminen a Winston Salem, lamentando ancora problemi al cuore.

Problemi che Mardy Fish rivelerà poi non limitarsi alle difficoltà agonistiche, confessando di subire spesso attacchi di panico che lo costringono ad essere continuamente monitorato e gli impediscono addirittura di viaggiare da solo. Guai che quindi, come lui stesso ha dichiarato, sembrano essere anche di natura psicologica: la vicinanza della moglie ha permesso a Mardy di superare i momenti più difficili, ma senza terapie e cure ovviamente sarebbe stato impossibile andare avanti, anche se ad oggi ancora non può viaggiare e dormire da solo.

Tutti, conoscendo Mardy, sognano un ritorno dell’ormai 33enne sui campi da tennis, occasione che pareva essere molto vicina quest’anno in vista dello US Open, al quale Fish avrebbe partecipato in coppia con Andy Roddick con una WIld Card. Ma problemi burocratici derivanti dalle regole sull’antidoping hanno impedito a A-Rod di prendere parte al torneo, cosa che ha irato, e non poco, il Kid di Omaha.

Ora la vita di Fish è abbastanza lontana dal tennis, voci dei suoi connazionali dicono di un Mardy più felice ora rispetto a quando era al numero 7 del ranking, le sue giornate sono divise tra golf, famiglia e la sua fondazione “Mardy Fish Children’s Foundation”, che si occupa della crescita dei più giovani dal punto di vista tennistico e non, mostrando a tutti di avere, checché ne dica la medicina, un cuore d’oro.

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