Laurent Lokoli: “Riparto da zero con umiltà e passione”

Laurent Lokoli
di Luca Fiorino (@LucaFiorino24)
Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono dei ripari ed altri costruiscono dei mulini a vento. Un anno da dimenticare per Laurent Lokoli, tennista francese classe 1994, precipitato alla posizione numero 986 del ranking. Sono passati quasi due anni dal quel match epico giocato al Roland Garros contro Steve Johnson che lo fece conoscere al mondo intero. E poi? Una miriade di infortuni e l’obbligo di dover ripartire da capo con umiltà e dedizione al lavoro. Tra i vari giocatori che ho incontrato e avuto il piacere di sentire, mi sento di poter affermare che sia il più “umano” e genuino di tutti. Il tennista di Bastia si è raccontato ai microfoni di Spazio Tennis con un sorriso che cela mesi e mesi di sofferenze.
Questa settimana sei particolarmente in forma rispetto a quella precedente. Ti vedo più carico e sorridente…
“Mi sento molto bene questa settimana. Ero infortunato da un anno, tanto tempo senza giocare a tennis. Tornavo a giocare tornei futures ma puntualmente mi infortunavo di nuovo. Tuttavia voglio godermi il campo, sentirmi bene, colpire la palla e trascorrere del tempo sul campo. Al momento è stata una buona settimana: due partite vinte nelle qualificazioni e tre nel main draw. Vediamo ora nella semifinale giorno dopo giorno cosa accade”.
Quanti infortuni e di che natura hai avuto in tutto questo tempo?
“Prima al polso per due mesi, poi ho avuto problemi alla caviglia che mi hanno tenuto out tre settimane, successivamente il ginocchio e all’addome, il ginocchio nuovamente per tre settimane e ancora una volta il polso mi ha costretto a saltare due mesi. Per finire a febbraio ancora un infortunio all’addome per un totale di 7 infortuni in un anno. Per cui per un anno non ho potuto giocare, non mi sentivo bene in campo perché avevo paura di farmi male di nuovo”.
Hai obiettivi per quest’anno? Non tanto di classifica quanto immagino di giocare più partite possibili
“Voglio pensare giorno per giorno. Sono venuto qui in Sardegna e sono felicissimo di essere qui perché è vicino alla Corsica (dove è nato ndr), è un’isola ed amo lo spirito italiano. Voglio giocare e stare sul campo, non voglio concentrarmi sulla classifica né pensare al mio best ranking e agli infortuni. Ora per me è un nuovo anno, ogni cosa è cambiata da un anno a questa parte nella mia testa. Sono felice di essere arrivato sino a qui, sto giocando bene considerando che è il settimo torneo in un anno”.
Classifiche e tornei non ci interessano…
“No, per il momento no (ride, ndr)”.
Analizziamo un po’ la tua storia: sei nato in Corsica ma parli benissimo anche l’italiano nonostante tu abbia voluto fare l’intervista in inglese. Ti posso chiedere perché?
“Ci sono tante persone che vengono in Corsica e per me la vostra è una bellissima lingua e devo ammettere che quando posso provo a migliorare il mio italiano. L’ho voluta fare in inglese perché avevo paura di dire qualche errore ma amo parlare l’italiano. Amo l’Italia perché avete lo spirito mediterraneo ma soprattutto in Sardegna, perché la vedo simile alla Corsica dove sono cresciuto. Abbiamo una nostra bandiera e anche lo spirito ci accomuna, so cosa i sardi provano”.
Tutti ricordano la partita che giocasti contro Steve Johnson al Roland Garros. Quanto ti mancano palcoscenici di questo livello?
“Qualche volta è un punto che non va come vuoi e dopo va così. Quella fu una grande esperienza, il primo match giocato al quinto e soprattutto il primo Slam. Stavo scoprendo tutto, era un ambiente nuovo in cui provai a dare il meglio di me stesso. E quando mi ritrovai avanti di due set iniziai a pensare. Nei primi due set avevo giocato in maniera aggressiva ma poi mi sono sentito stanco e non avvertivo più sensazioni buone come prima. Lui è salito come gioco e poi è stato come un ascensore: io scendevo di livello e lui saliva. Spesso la gente mi chiede come abbia fatto a perdere con due set di vantaggio. La mia risposta è accade a volte”.
Dove trovi le motivazioni nel giocare tornei di questo tipo dopo che hai disputato prove del Grande Slam?
“Perché amo il tennis. Lo amo a qualsiasi livello, è il mio sport e la mia passione. Gioco a tennis da quando ho 3 anni ed adoro trascorrere tempo sul campo. A volte stai bene, sei ad un buon livello e giochi nei Grandi Slam poi accade che attraversi un brutto periodo, ti infortuni, la tua classifica precipita. È una scuola di vita. Devi essere umile e concentrato su quello che vuoi fare. Nella mia testa, non lo nascondo, mi domandavo ogni volta: tu ami il tennis? Sì, lo amo. Questo mi bastava. È difficile quando cali in classifica e sei vicino alla 200esima posizione, non si parla della 100esima, ma comunque sei dentro nei main draw challenger ogni volta e puoi giocarti le qualificazioni negli Slam. Ma è accaduto. Devi accettarlo, andare avanti e pensare positivo”.
Un occhio rivolto al futuro senza pensare più di troppo al passato.
“Sempre!”
Ultima battuta sul movimento francese di tennis. Qual è il punto di forza della vostra federazione che sforna così tanti e bravi giocatori sia in campo maschile che femminile?
“Abbiamo un ottimo sistema ed una brava Federazione, che segue fin da quando si è piccoli. Io ad esempio sono stato seguito dalla Federazione da quando avevo 11 anni. Non è stato facile abbandonare la mia famiglia per lavorare assieme agli altri nei loro centri federali, ma lì c’erano ottimi coach, che ti seguivano in ogni torneo che volevi fare, ed anche ottimi preparatori atletici. E tanti sono ex giocatori, il che aiuta”.

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