Da Bergamo, Edoardo Viglione.
La sveglia suona più tardi del solito. In mattinata non ci sono match: soltanto la finale delle 16. E il buongiorno, purtroppo, non è proprio dei migliori. Nel diario precedente avevo scritto che speravo di svegliarmi con un bel risultato di Lando Norris a Las Vegas. Bene: McLaren squalificate e zero punti. Menomale che c’è il tennis.
Scendo a fare colazione e passa davvero poco tempo prima che arrivino i due finalisti: Francesco Maestrelli e Marko Topo. Due ragazzi straordinari, sempre sorridenti; si salutano e scherzano insieme. Il tennis, prima di tutto, è un gioco, e vedere due persone così solari e gentili contendersi un trofeo riempie il cuore di gioia. E rende tutto ancora più bello e affascinante.
Finita la colazione, mi avvio verso la ChorusArena con la voglia di assistere al warm-up dei finalisti. Vengo però bloccato all’ingresso: l’accesso ai media è interdetto fino alle 14, quindi niente riscaldamento. Un po’ stranito dalla scelta, e soprattutto dispiaciuto, torno nella hall dell’hotel, dove mi metto a seguire Gianluca Cadenasso, impegnato nella sua prima finale Challenger in carriera in Spagna contro Zdenek Kolar. Arriva presto anche l’ora di pranzo: pasta, insalata e finalmente possiamo entrare nell’Arena ad attendere la finale.
È solo la terza finalissima che vedo dal vivo: le prime furono nel 2022 alle ATP Finals di Torino, quando assistetti prima a Mektic/Pavic contro Ram/Salisbury, poi a Djokovic contro Ruud per il titolo di Maestro. È però la prima che seguo con il pass da giornalista. Le emozioni sono tantissime: l’idea di vedere un match così importante — e di doverlo raccontare — mi dà una carica non indifferente. Il Challenger di Bergamo festeggia i vent’anni: scorrono le immagini delle passate edizioni, dei vincitori, poi uno spettacolo di ballo… e finalmente si va in campo.
Il primo set è un monologo di Maestrelli, complice anche una serie di errori di Topo. Nel secondo il pisano perde un po’ di fiducia, spinge meno e lascia al tedesco il controllo dello scambio. Si va al terzo, e qui Maestrelli ritrova la libertà e il tennis del primo set. Per lui è il quarto titolo Challenger in carriera, il terzo stagionale e il primo in assoluto sul cemento.
Scambio qualche parola con Topo e con il suo coach, faccio i complimenti a entrambi e li ringrazio per la gentilezza che hanno sempre avuto nei miei confronti. Con Maestrelli, questa volta, l’intervista è in campo: la facciamo in tre contemporaneamente. Gli chiedo quanta fiducia possa dare un titolo sul cemento in vista degli Australian Open: mi risponde che sicuramente porta consapevolezza. Saluto i suoi coach, Gabrio Castrichella e Giovanni Galuppo, li ringrazio per la disponibilità mostratami durante la settimana e gli auguro buona fortuna per il proseguo. Grazie al mio amico Lapo per avermi sopportato, per i consigli e per le chiacchiere, un piacere averlo conosciuto dal vivo e spero tanto di poter incontrarlo nuovamente molto presto. Meraviglioso come il tennis faccia nascere belle amicizie e ti faccia incontrare belle persone che condividono la tua stessa passione.
Torno a casa felicissimo dell’esperienza appena conclusa e speranzoso di riviverne presto un’altra. Che bello svegliarsi presto, vedere tennis fino alla sera, interagire con i giocatori, fare loro domande e raccontare questo mondo dall’interno.