Partito dal Principato di Monaco da numero 204 del mondo, tornato – un mese prima del previsto – da top 40 e dopo aver battuto Novak Djokovic. Valentin Vacherot ha appena vissuto le tre settimane più intense e impegnative della sua carriera. Non sappiamo però dire con certezza se abbia fatto più fatica durante il Masters 1000 di Shanghai, dove ha giocato e vinto nove match – di cui sei in rimonta -, oppure nella settimana seguente, in cui ha rilasciato una quantità spropositata di interviste.
Se da un lato il monegasco era abituato a giocare a tennis – persino in condizioni estreme dato che in passato aveva vinto dei Challenger tra Thailandia e India -, dall’altro non gli era mai capitato di essere così desiderato dai media. Ed è un peccato perché ciò che è emerso dalle tante chiacchierate è un ragazzo brillante, molto simpatico e soprattutto con tante cose da raccontare. Relative al suo cammino da favola a Shanghai, ma non solo.
Top 100, questione di tempo
Una delle ultime interviste rilasciate è stata quella al “Nothing Major Podcast“ e, provando a leggere (o meglio ascoltare) tra le righe, una delle prime impressioni è che Vacherot fosse il primo a credere di meritare una posizione di classifica decisamente più alta rispetto a quella di 204 che occupava alla vigilia di Shanghai.
Quando gli è stato chiesto dell’ormai celebre messaggio inviato a un amico tempo prima – in cui gli spiegava la sua idea di andare a Shanghai perché un risultato importante sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro – lui ha ribadito che ci credeva davvero. Innanzitutto ha ricordato che già nel 2024 era vicino a raggiungere la top 100, lasciando intendere che senza l’infortunio che l’ha tenuto ai box per quasi sei mesi probabilmente avrebbe già centrato questo traguardo.
Poi ha riconosciuto di aver fatto fatica a uscire dal purgatorio dei Challenger – avendo raggiunto una sola finale nel 2025 – ma allo stesso tempo di aver battuto due top 50 in stagione (Nuno Borges in Coppa Davis e Jan-Lennard Struff a Montecarlo), ergo il tennis per giocare tornei di un livello superiore c’era.
Il match cruciale e il rispetto per Djokovic
Il monegasco ha quindi rivelato come la vittoria più speciale sia stata quella nei quarti contro Holger Rune perché gli ha permesso di entrare in top 100 – che poi è anche quello che ha scritto sulla telecamera a fine match: “Solitamente non guardo mai il ranking, lo faccio solo a fine torneo, ma dopo il successo contro Griekspoor ho visto che se avessi vinto il match seguente sarei entrato in top 100.
Per questo ero più emozionato dopo aver battuto Rune che non dopo la semifinale con Djokovic. Ma quella è stata anche una questione di rispetto per Nole. Lo rispetto talmente tanto che durante la partita volevo quasi andargli a chiedere ‘Stai bene?’ Anche a rete non volevo dirgli nulla. Credo che la mia reazione sia stata emblematica“.
“Spero in una wild card a Parigi, anche per le quali”
Un’umiltà emersa anche quando Vacherot ha parlato dei suoi impegni per l’ultimo mese nel 2025. Il suo ritorno in campo è previsto nell’ATP 500 di Basilea, dove ha ricevuto una wild card e debutterà contro il numero uno del seeding, Taylor Fritz. Poi attenderà la decisione degli organizzatori del Masters 1000 di Parigi: “Spero di ricevere una wild card. Anche se fosse per le qualificazioni, la accetterei al 100%“.
Una programmazione decisamente diversa rispetto a quella originaria, che prevedeva una serie di Challenger in Asia (Shenzhen, Suzhou, Seoul). “Non ho esitato ad andare a Shanghai. Anche se non fossi entrato nelle qualificazioni, avrei approfittato di quella settimana per allenarmi con i migliori per poi giocare una serie di Challenger” ha raccontato. Al di là dei tornei, però, Vacherot vuole assicurarsi di metabolizzare quanto accaduto e ricaricare le batterie così da arrivare preparato al 2026: “Disputerò i tornei che ho sempre sognato di giocare. Non vedo l’ora“.
Sinner-Griekspoor legata al suo destino
Vacherot è poi tornato sul torneo di Shanghai, raccontando un aneddoto relativo alla possibilità di affrontare Jannik Sinner negli ottavi: “Quando ho vinto il mio match di terzo turno ho detto ‘Evvai, affronterò Jannik negli ottavi’. La prima cosa che ho confidato alla mia ragazza è stata ‘Questa è la fine perfetta per la mia storia’. Lei è americana – voi americani siete incredibili per la vostra positività (riferito ai conduttori del podcast, ndr) -, perciò mi ha risposto ‘In che senso mettere fine al torneo?’
Sono andato a vedere il tie-break del primo set del match tra Sinner e Griekspoor. Il ivello era molto alto, anche Tallon stava giocando molto bene. Poi non ho seguito l’andamento finché non ho aperto il live score e ho scoperto che Sinner si era ritirato. Non ne avevo idea. All’improvviso ho pensato ‘Allora avrò una chance negli ottavi‘”.
La figura di Roger Federer
Se contro Griekspoor Valentin pensava di poter vincere, nei match seguenti invece l’approccio è stato diverso: “Dai quarti in poi ogni singolo incontro era per me un bonus. Questo mi ha aiutato a giocare liberamente. Entravo in campo come un bambino che gioca un quarto – poi una semifinale e una finale – di un Masters 1000 sul Centrale“.
Neppure affrontare una leggenda come Novak Djokovic ha destabilizzato più di tanto Vacherot, il quale ha invece ammesso di aver provato molto più nervosismo quando ha incontrato Roger Federer: “La mia ragazza l’ha incrociato 15 volte, mentre io non riuscivo a beccarlo da nessuna parte. Alla fine è venuto a salutarmi mentre mi stavo riscaldando prima della finale. ‘Finalmente ci vediamo’ ha esclamato, ma abbiamo parlato solo per 20 secondi. L’ho invece trovato ad aspettarmi nel ristorante dei giocatori dopo la finale. Io non sapevo cosa dire e ogni tanto balbettavo, ma per il 90% del tempo ha parlato lui. Mi ha anche dato alcuni consigli“.