“Come stai Vincè? Finalmente si torna a competere. Ogni tanto ci vuole una pausa, ogni tanto bisogna anche giocare”. Tra il serio e il faceto con il suo modo di fare gioviale e scherzoso, Vincenzo Santopadre esordisce così facendomi intuire sin da subito quale sia il suo stato d’animo attuale. Dopo un primo scambio di battute extra-tennis, la chiacchierata prende forma e si sviluppa su più binari. Gli argomenti da toccare sono molteplici, il protagonista dell’intervista non può che essere Matteo Berrettini. Il romano, fermo ai box da inizio marzo per un infortunio al mignolo della mano destra, tornerà a giocare la prossima settimana sull’erba di Stoccarda dopo uno stop che l’ha costretto a saltare l’intera stagione sul rosso.
Come sta Matteo? E non mi riferisco solo alla mano…
“A volte sembra quasi una filastrocca che si ripete a memoria o una risposta data a mo’ di cantilena, ma ti assicuro che sta bene per davvero. Sta bene sia fisicamente che nell’umore. Siamo stati bravi a non correre e a rispettare la tabella di marcia senza bruciare le tappe. Sai, a volte ti viene di affrettare le operazioni perché scalpiti, soprattutto quando ti manca il campo. Adesso è carico e desideroso di ritornare a fare ciò che più ama”.
Spesso parlandone assieme mi hai sempre rassicurato su come negli anni sia riuscito a metabolizzare ogni stop di carattere fisico. Questa volta com’è andata?
“Saltare tutti questi tornei è stata una brutta botta, anche perché emotivamente sono appuntamenti ai quali è molto legato. Questo filotto è stato un duro colpo da digerire, non lo nascondo. In questi casi ti ritrovi inevitabilmente davanti a un bivio: ti deprimi e non ne esci o trovi la strada per trovare le giuste motivazioni. Anche questa volta ha optato per la seconda via. Ha lavorato come suo solito benissimo – prosegue Vincenzo -. La cosa pazzesca è che quando si fa male ormai l’infortunio lo vive sempre meglio. Sono momenti – passami l’espressione – drammatici per un atleta, eppure ha questa capacità straordinaria di risollevarsi ogni volta. Si è infortunato svariate volte nel corso della sua carriera in maniera più o meno seria. Nonostante ciò, ha imparato a vedere oltre: come se uno stop possa costituire ogni volta un’occasione per migliorarsi. Il percorso che ha seguito è stato positivo anche questa volta”.
In un post Instagram di un paio di settimane fa, Matteo ha lasciato intendere che fosse già pronto al rientro ma che non volesse affrettare i tempi. Giocare tre set su cinque non è la stessa cosa, ma se fosse stato un torneo due set su tre?
“Se si fosse giocato al meglio dei tre set sarebbe stata una scelta ancor più sofferta. Non lo so, non ti saprei rispondere esattamente. Matteo non andrebbe mai a Parigi per fare un paio di partite sapendo di non essere sufficientemente competitivo. Lui gioca a un livello per il quale non va a Parigi soltanto per partecipare. Decide di giocare Parigi nel momento in cui si sente forte e pronto per proseguire eventualmente fino alla seconda domenica. Sicuramente con un giorno di recupero e giocando al meglio dei tre set sarebbe stata ben altra cosa”.
Si è parlato vagamente di un infortunio alla mano e al mignolo. Di cosa si tratta più precisamente? E come avete preparato il rientro tenendo conto che sareste ripartiti dall’erba? Immagino ci sia una preparazione differente studiata ad hoc.
“Trovo molto bella e interessante l’ultima domanda. Parto dall’inizio e provo a risponderti in maniera dettagliata seppur non sia un medico (sorride, ndr): Matteo ha riportato una lesione alla bandelletta, che è posizionata al di sopra del mignolo. Aveva una lesione che andava curata. Sulla seconda domanda ti posso dire che ha lavorato tanto con la mano sinistra. Il suo recupero è iniziato ben prima rispetto a quanto avete visto o letto sui social. Detto questo, abbiamo lavorato su quelli che sono i dettagli più importanti per ciò che concerne il gioco sull’erba come ad esempio la risposta. Dopodiché abbiamo investito tanto tempo sulla preparazione fisica. In realtà qualcosa di più specifico è stata fatto poiché, come dici tu, l’erba è una superficie ben diversa. In generale abbiamo fatto un discorso d’insieme per un suo miglioramento a tutto tondo. Abbiamo potenziato alcune delle sue armi migliori in modo tale che potesse utilizzarle in futuro su tutte le superfici. Una cosa che abbiamo fatto, in comune accordo con i preparatori atletici, è stata quella di provare a prevenire ciò che ha patito l’anno scorso di questo periodo quando non stava al 100%. Abbiamo cercato di focalizzare il lavoro sulla parte fisica perché sull’erba bisogna adottare una postura diversa e si sta più bassi. Abbiamo lavorato tanto fuori dal campo”.
Il prossimo appuntamento è ormai imminente. Stoccarda è confermata.
“Sì, confermatissima. Arriveremo in Germania nel weekend ed il piano è giocare anche al Queen’s e poi a Wimbledon”.
Wimbledon si gioca a prescindere dai punti che non verranno assegnati.
“Il fascino di Wimbledon è indiscutibile. Non dobbiamo mai dimenticare che i tennisti sono in primis professionisti e lavoratori che giocano anche per guadagnare. In tutto ciò poi subentra anche un discorso emotivo: Matteo non ha potuto vivere l’atmosfera di Roma, né andare a Madrid dove ha disputato la finale lo scorso anno e giocare Montecarlo dove abita. Wimbledon è un luogo speciale per lui dove ha lasciato tanti bei ricordi. Anche i meno appassionati di questo sport, hanno scoperto Matteo grazie ai risultati ottenuti a Wimbledon”.
Quanto vi ha spiazzato la decisione dell’ATP in merito a Wimbledon? Possibile che ci sia un dietrofront?
“Matteo verrà sicuramente penalizzato da questa decisione, ma invito sempre tutti a guardare il lato positivo delle cose. Ne faccio un discorso a più ampio raggio: l’intervento dell’ATP c’è stato e ha dimostrato di esser presente. Evidentemente nel prendere questa decisione hanno ritenuto fosse il momento buono per farsi sentire. Tuttavia Wimbledon è un torneo che fa storia a sé. Ad oggi ti dico che forse si sarebbe potuta prendere una decisione diversa, come ad esempio congelare i punti. Non è facile far cambiare idea a un evento di questo tipo che ha instillato nel proprio DNA una mentalità molto differente rispetto ad altre. Dubito fortemente che possano cambiare idea – prosegue Vincenzo – anche se si può tornare sempre indietro. Considerando tutta la situazione che si è venuta a creare non credo. I giocatori e il torneo stesso si devono organizzare e servirebbe un minimo di preavviso”.
Ho fatto un calcolo rapido sui punti in scadenza: sono 2275 punti in scadenza su un totale di 3805. Conoscendovi la cosa non vi preoccupa né starete lì troppo a rimuginare su come cambierà il ranking.
“Abbiamo sempre ragionato con l’idea di vedere sempre il meglio e le varie situazioni nelle loro totalità. Per coltivare la mentalità vincente bisogna essere bravi a vedere il bicchiere mezzo pieno. Per perdere tutti questi punti significa che Matteo li aveva collezionati ed aveva goduto di questi risultati. Vuol dire che può ripetersi e migliorare ancora. Non c’è preoccupazione sotto questi termini. La nostra unica preoccupazione come team è che sia in salute e possa giocare. I dati dicono che Matteo negli ultimi anni ha una media di vittorie per partite giocate tra le migliori al mondo. Preoccuparsi oggi sarebbe deleterio e vorrebbe dire essere poco oggettivi. Mi preoccuperei se da qui ai prossimi tre anni vincesse il 30% delle partite, ma non è quella la sua media. Prevenire gli infortuni sì, fasciarsi la testa prima no (sorride, ndr)”.
I punti non si difendono ma vanno conquistati.
“Esatto. I punti si fanno attaccando e noi non stiamo mai sulla difensiva. Utilizzando un gergo calcistico, la nostra tattica è quella di far goal e non prenderne”.
Una mentalità non propriamente “allegriana”.
“Bisogna comunque rimanere sempre allegri e col sorriso (scherza, ndr).
Grazie Vincenzo, in bocca al lupo per Stoccarda.
“Grazie a te, ci sentiamo presto”.
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