Vengo, vedo, vinco

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di Alessandro Mastroluca

Gli occhi vedono, il cervello codifica, il corpo si muove. Il sistema visivo gestisce l’80% dei muscoli e l’83% delle informazioni per un veloce apprendimento. Allora perché non allenare le capacità visive? È l’ultima frontiera del training, la scommessa vincente del “pioniere” Andrea Cagno, optometrista posturale che ha iniziato a usare esercizi specifici per l’allenamento delle abilità visive per curare la dislessia nei bambini ed è poi passato ad applicare questo metodo agli atleti. Cagno ha dato così vita alla SVTA, Science vision training academy insieme al coach Massimiliano Rinaudo, istruttore nazionale, che ha spiegato a Spazio Tennis i dettagli e i segreti di questo rivoluzionario metodo di allenamento.

“Stiamo lavorando insieme a Paul Dorochenko, che da vent’anni sta applicando gli impulsi neurologici per modificare i gesti motori e intervenire sull’apprendimento, facendo in modo che l’atleta senta subito il nuovo movimento come perfettamente naturale” ci spiega. Con questo metodo, l’Activa Concept, si stanno allenando Dudi Sela, recente finalista a Atlanta, e Vasek Pospisil, che ha iniziato prima di Wimbledon a eseguire una serie di esercizi con un paio di occhiali stroboscopici a LED che a intervalli oscurano la vista in modo da incentivare la capacità di fissazione e la reattività cerebrale. Magari è solo una coincidenza temporale, ma da quel momento ha dato la svolta a una stagione iniziata male, culminata nella vittoria su Berdych, la più importante del 2014 finora, a Washington. Ma non è riservata solo ai tennisti. Ne ha beneficiato, nel mese e mezzo prima dei Mondiali, Keylor Navas, portiere della Costa Rica rivelazione a Brasile 2014, e il cestista Henk Norel, olandese del Saragozza in odore di NBA. Dorochenko illustrerà il suo metodo nella due giorni “Tennis: visione e neuroscienza” organizzata dalla SVTA con il contributo del maestro nazionale Paolo Pulerà al Carmasport di Carmagnola il 20 e 21 settembre, in cui interverranno anche Corrado Barazzutti e il giornalista Francesco Giorgino.

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“Il nostro allenamento” ci spiega Rinaudo, “non lavora solo sulle abilità visive, sulla fissazione, sull’attenzione, ma interviene sul collegamento tra quello che l’occhio vede e la rapidità con cui il cervello elabora quello stimolo visivo: in pratica, sul tempo di trasmissione neurologica. Perché se questo tempo si allunga, se la vista si affatica e l’elaborazione è più lenta, il risultato è un impatto scorretto, un errore gratuito che spesso, troppo semplicisticamente, attribuiamo alla stanchezza muscolare”. I movimenti oculari, infatti, sono gestiti da sei muscoli che però non solo allenati perché teniamo gli occhi quasi sempre rivolti in avanti e verso il basso. I tennisti hanno bisogno di esercitare questi muscoli, spiega Rinaudo, “perché quando colpiscono non possono muovere la testa, perché questo farebbe ruotare il busto e manderebbe la palla da un’altra parte. Per questo deve muovere gli occhi, e qui entrano in gioco la resistenza visiva e la precisione nella lettura della situazione”.

Il metodo di allenamento della SVTA si può dividere in due parti: prima il training delle capacità visive, poi il lavoro sul coordinamento con l’elaborazione a livello neuronale. Il kit di lavoro brevettato si basa su una serie di grossi pannelli con le indicazioni per gli esercizi specifici per ciascuna delle capacità da perfezionare. In uno di questi, che serve ad allenare la fluidità, ci spiega Rinaudo, “c’è un grosso simbolo dell’infinito su cui scorrono delle palline da tennis che l’atleta deve seguire prima liberamente, poi a un ritmo imposto dall’esterno con l’uso di un metronomo”.

Il coordinamento visuo-cognitivo e visuo-motorio costituiscono il focus della seconda parte del training. “Attraverso gli esercizi con altri pannelli alleniamo vista e codificazione: compare un’istruzione, per esempio eseguire un dritto o un rovescio, a vuoto, e durante l’esecuzione l’atleta deve guardare il pannello dove già appare l’istruzione per il colpo successivo. In questo modo, il giocatore è più pronto, più reattivo, perché riesce a leggere meglio e trarre più informazioni dalla traiettoria della palla in arrivo. Questo tipo di allenamento aiuta tutti, bambini e atleti evoluti, ad abituarsi al ritmo del gioco e dunque a sbagliare meno”.

In questo modo, ci racconta Rinaudo, si può arrivare “alla mia idea di giocatore moderno, rapido e potente, capace di giocare sempre molto vicino al campo”. Un profilo cui, ci rivela, corrisponde più Donati di Quinzi. “Donati mostra già caratteristiche importanti di reattività e di esplosività nel breve, e ora è anche più solido mentalmente. In più, è inserito in un ambiente di lavoro eccezionale, a misura di atleta, accompagnato da Stefano Puci. Può arrivare molto lontano”.

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