I Luoghi Comuni – II Parte

di Lorenzo Falco (Preparatore Fisico Fit II Grado)

Cari appassionati lettori di Spazio Tennis, prosegue il percorso dedicato alla preparazione fisica specifica per il tennis, dopo un breve periodo di pausa.

L’ultimo articolo dal titolo “Luoghi comuni, parte prima” ha preso in rassegna alcuni errori abituali compiuti, a giudizio di chi scrive, da genitori, tecnici e giovani atleti.

Ho felicemente apprezzato i commenti, le proposte e i racconti personali.

Alcune persone mi hanno scritto mail private, domandandomi risposte su altre questioni, non citate nell’articolo.

Il testo che segue fornirà le risposte alle richieste dei lettori. La gestione dei numerosi aspetti dell’allenamento è un’opera complessa. E’ fondamentale dunque non commettere errori per ottimizzare il rendimento dell’atleta e per sgombrare il percorso sportivo da ogni consuetudine di scarso valore scientifico.
Giorgio da Pavia scrive: “Caro Lorenzo, ho un figlio di 15 anni che gioca a tennis, con un buon livello di gioco. Nel corso della stagione tennistica egli partecipa a numerosi tornei, spesso ravvicinati. Ci poniamo la questione su come comportarci negli allenamenti precedenti alle partite e su quali strategie di recupero adottare al termine di un ciclo prolungato di partite.”

Caro Giorgio, la questione non è di poco conto. Esistono tuttavia regole generali che guidano l’atleta nell’affrontare le competizioni con la giusta freschezza. E’ necessario premettere alcune considerazioni.

E’ differente affrontare un singolo incontro rispetto a disputare un ciclo di competizioni, sul piano dello stimolo e del carico atletico da sopportare. Giocare un torneo, alla ricerca di punti e vincere qualche turno, con la prospettiva di affrontare più partite nell’arco di pochi giorni, non è comparabile con la partecipazione ad un torneo in cui si entra con scarse probabilità di superare il turno di accesso.

Giovani atleti che si allenano quasi quotidianamente per un carico di ore settimanali superiori alle dieci devono porsi seriamente la questione su quali strategie di recupero adottare, prima e successivamente alle competizioni. Giocatori che affrontano un volume di allenamenti basso e moderato devono considerazione con particolare attenzione gli allenamenti praticati fino a poche ore prima della competizione in cui desiderano avere tutte le energie a disposizione. In questi ultimi infatti, sono scarse le capacità di recupero e dunque è fondamentale non affaticare il fisico, in previsione di partite dispendiose.

Ogni atleta, anche a livello giovanile, dovrebbe seguire una programmazione stagionale mirata. I carichi di lavoro e la loro scansione non si improvvisano.

E’ tuttavia impensabile, sul piano pratico che il giovane atleta possa arrivare alle competizioni sempre in condizioni brillanti di forma: gli allenamenti nel corso della settimana tendono ad appannare lo stato fisico dell’atleta. In alcuni casi, si tratta di un aspetto irrinunciabile ma talvolta desiderabile, perchè miglioramenti sul piano della resa atletica, dello stimolo e della capacità di soffrire si ottengono più agevolmente in condizioni di affaticamento neuro – muscolare.

I contenuti allenanti da affrontare a ridosso degli incontri sono personalizzabili. L’ atleta che ha imparato a percepire ogni segnale corporeo adotta strategie individualizzate, sperimentando situazioni nuove e registrando ogni volta le sensazioni sui risultati ottenuti.

Come già affermato in precedenza, ogni atleta adotta soluzioni differenti, anche in relazione alla programmazione agonistica scelta. La valutazione di tali aspetti è compito dello staff che segue l’allievo: il tecnico, il coach e il preparatore fisico devono concordare al meglio gli obiettivi stagionali realizzabili sul piano dei risultati (classifica di gioco) e per cercare una crescita sportiva consolidata.

Fatti salvi gli aspetti personalizzabili, è utile ora individuare ciò che è certamente necessario fare e ciò che sarebbe auspicabile evitare, a giudizio di chi scrive.

E’ certamente importante: svolgere un corretto riscaldamento muscolare specifico prima delle competizioni, anche nei periodi in cui la temperatura è calda, allo scopo di attivare i sistemi energetici e per concentrarsi sul match da disputare; terminare la competizione con il corretto defaticamento (al termine di una competizione dispendiosa, è fondamentale ricercare uno stato di rilassamento, per mezzo della corsa lenta mentre, nel caso di competizioni ravvicinate per cui è necessario affrontare un successivo match con tono muscolare attivo e reattivo, si può concludere l’allenamento con alcuni allunghi in progressione di velocità, sul lato lungo del campo); mangiare immediatamente dopo un match o un allenamento è fondamentale per ottenere il giusto recupero delle riserve energetiche, tuttavia la maggior parte dei giovani atleti commette il macroscopico errore di attendere il pasto successivo, quasi due ore dopo, rallentando inevitabilmente la risintesi del glicogeno e la ricostituzione delle riserve proteiche, aspetti primari per il corretto stoccaggio dell’energia da fonti corporee.

E’ certamente un errore: sovraccaricare l’apparato locomotore con allenamenti che attivano componenti condizionali a lento recupero (forza generale e resistenza lattacida) nelle immediate vicinanze alle competizioni da disputare. E’ meglio preferire esercitazioni di rapidità, lanci della palla zavorrata, sessioni di mobilità articolare o contenuti riferiti alla velocità di base, con i giusti recuperi. Sul campo è importante provare alcune soluzioni tattiche e strategiche, concentrarsi sul servizio e sugli aspetti psicologici riferiti al match da affrontare (forza dell’avversario, tipo di gioco, superficie, colpi da preferire, etc.).

Per trovare la giusta strategia, l’atleta deve sperimentare diverse situazioni. La maturità sportiva e la capacità di percepire le sensazioni individuali contribuiscono ad affinare il processo di ricerca della migliore soluzione tecnico – atletica pre – gara e delle metodologie di defaticamento idonee.

 

Andrea da Milano scrive: Mia figlia gioca a tennis da 4 anni. I maestri di tennis che la seguono nella Scuola, talvolta sostengono che Giulia sia “scarsamente coordinata”. Ho esposto questa considerazione alla sua insegnante di educazione fisica ma lei ritiene che non vi sia alcuna differenza con le compagne di classe e che non vi sia alcuna preoccupazione in merito. Come mi devo comportare? A chi devo credere? Ed eventualmente cosa devo fare? Grazie anticipatamente per la risposta.

 

Caro Andrea, il caso di tua figlia è abbastanza frequente. L’incomprensione è dovuta principalmente all’assenza di un linguaggio comune e all’errata conoscenza degli aspetti fisiologici che costruiscono le qualità coordinative individuali.

Le capacità coordinative sono qualità fondate sulle esperienze motorie e caratterizzano lo svolgimento di processi di controllo dei movimenti specifici e adeguati alla situazione.

L’addestramento delle capacità coordinative non deve dunque essere valutato in modo univoco nella realizzazione pratica dell’allenamento, perchè la sollecitazione coordinativa è differente per ogni attività sportiva. Per questo motivo ciò che sembra evidente agli insegnanti di tennis di tua figlia, può apparire insignificante e poco degno di nota per un altro osservatore.

L’azione e l’espressione delle capacità coordinative si manifestano nell’apprendimento delle abilità motorie, nella capacità di renderle disponibili in ogni situazione variabile e incerta e nel fondamentale compito di trasformare in prestazioni tecniche le potenzialità energetico – condizionali. Questo spiega perchè, in campo sportivo, è determinante la precocità nell’affrontare compiti motori di difficoltà crescente. L’allievo che ha “giocato molto”, con i giusti adattamenti, ha enormi e quasi sempre impareggiabili vantaggi nelle costruzione delle qualità sportive, frutto della fusione tra qualità tecniche specifiche, qualità coordinative speciali e inevitabili miglioramenti condizionali, frutto di un adattamento ormonale e scheletrico sempre crescente, in età giovanile.

E’ difficile misurare quale sia la reale portata delle capacità coordinative nel corso della prestazione sportiva: non è dunque agevole impostare e valutare il carico coordinativo.

Per tali motivi è arduo affermare, con numeri alla mano, che l’allievo è migliorato. Un tecnico attento percepisce i cambiamenti dall’osservazione quotidiana: maggiore proprietà di palleggio, gestione controllata della continuità, riduzione degli errori, capacità di impattare a diverse altezze, con differenti velocità e con opportune rotazioni,  attenzione verso i fondamentali schemi di gioco, etc.

Il modello della diversificazione delle capacità coordinative è stato un tentativo innovativo di strutturare finemente il settore della destrezza.

In ogni caso, malgrado i molteplici sforzi scientifici e la formazione di modelli, per le qualità e le capacità coordinative non esiste una marcata e ben definita diversificazione precisa di ogni singola capacità.

Quando si compie un’azione sportiva (superamento globale del concetto di gesto sportivo) è necessario sintetizzare molti aspetti delle destrezza individuale: osservazione dell’avversario, anticipazione dell’azione, predisposizione del corpo a compiere il movimento immaginato, ricerca dell’equilibrio, valutazione della reazione dell’avversario ai propri movimenti, correzione istantanea del gesto anche in relazione alle finalità tattiche da raggiungere, etc.

La comprensione scientifica della componente coordinativa della prestazione tuttavia è ancora agli inizi.

Non si può dunque parlare di soggetto “scarsamente coordinato” in senso generale ed è riduttivo sperare di risolvere tali complessi aspetti con qualche esercizio alla scaletta o con qualche lancio di palla di difficile esecuzione. Tali strategie mirano a differenziare il compito motorio, in linea con l’apprendimento di una pluralità di movimenti. La costruzione delle esperienze motorie da spendere nello sport praticato, si realizza con l’esercizio costante e ripetitivo delle situazioni di gioco legate alla disciplina, allo scopo di orientare il giovane allievo alla specializzazione della destrezza fine.

Per ulteriori approfondimenti, si può consultare l’articolo intitolato “La capacità di anticipazione motoria” pubblicato su www.spaziotennis.com

 

Angelo da Roma scrive: “Nell’ultimo anno, all’interno del circolo di tennis in cui gioca Stefano, mio figlio di 14 anni, lo staff tecnico ha fatto spesso ricorso a sessioni di videonalisi con l’ausilio di un operatore esperto nell’utilizzo di software informatici e di strumentazioni video. Trovo che sia uno strumento interessante e gradirei una tua opinione in merito. Grazie per la risposta che fornirai”

 

Gentile Angelo, la bonta di uno strumento e del metodo di lavoro che con esso si può realizzare dipende strettamente dalle finalità dell’impiego e dall’operatore o tecnico che svolge il compito.

Nel campo dell’allenamento tennistico, ormai da alcuni anni, a tutti i livelli, si impiega l’analisi video. Alcuni adottano software molto semplici, ad accesso libero, altri impiegano programmi di elaborazione più articolati e costosi, spesso affiancati da strumentazioni di alto profilo.

Come accade solitamente, un metodo di lavoro può nascere anche con solide e comprovate basi tecnico – scientifiche. Nelle prime fasi, è lo sportivo professionista, in particolari situazioni, a farne uso, con finalità prestative mirate. Poi si assiste alla naturale diffusione della scoperta, su vasta scala, per qualsiasi livello di gioco, snaturando in tal modo i rigorosi presupposti su cui inizialmente ha avuto successo sui professionisti. In parole semplici, si pensa, attivando magari un circuito commerciale, che ciò che è valido per alcuni atleti, magari professionisti, possa essere esteso con profitto a giocatori amatori, di qualsiasi età e livello di gioco.

Nella maggior parte dei casi, il “prodotto” videoanalisi, è proposto in forme simili: si riprendono i fondamentali di gioco che si desidera analizzare, si elaborano i video raccolti con l’ausilio di un calcolatore potente e per mezzo di un software, si manipolano le informazioni ricevute, ricavando dati numerici (angolo di rotazione del busto, altezza di impatto della palla dal punto di lancio, nel servizio, angolo di piegamento del ginocchio nel fondamentale del diritto, scostamento del lancio della pallina rispetto alla linea longitudinale del corpo nella fase preparatoria del servizio, etc.) e molto spesso, grazie ad un archivio filmati, si paragona il colpo eseguito con quello realizzato da un giocatore o giocatrice di alto livello. Si conclude la sessione con la discussione tra l’allievo, il maestro e l’operatore. Il maestro dell’allievo annota le principali riflessioni emerse dal confronto.

Il metodo di lavoro descritto apre numerose questioni: quali indicazioni sono realmente spendibili per consolidare benèfici miglioramenti nell’allievo? Quando si parla di miglioramenti, cosa si intende? Può essere utile un’analisi video, per quanto accurata, svolta ogni sei mesi? Il livello di gioco e l’età dell’atleta influiscono nella valutazione dei risultati conseguiti al termine di sessioni ripetute di videoanalisi? Il maestro, se esperto, riesce a trarre utili indicazioni dal supporto video e riuscirebbe ad accorgersi in autonomia di ciò che osserva o necessita di un ausilio strumentale?

In campo tennistico, il dibattito sull’opportunità della videoanalisi è molto aperto.

Come esperto di attività motoria e di metodologia dell’allenamento, ritengo che la videoanalisi possa essere un supporto interessante, tuttavia non primario.

Il ricorso alla videoanalisi può essere giustificato se: l’atleta ha già ottimizzato tutte le componenti legate alla prestazione e desidera rendersi conto di dettagli che lui stesso giudica importanti per affinare il rendimento di alto livello; l’atleta ha l’opportunità di disporre quotidianamente di tali strumenti e dunque riesce a verificare ogni lieve cambiamento indotto dal supporto.

La videoanalisi è un valido mezzo, anche per i giocatori non professionisti se: è immediata, ovvero se le sessioni si svolgono nel corso dell’esercizio in campo (realizzo 4 servizi, al termine, dopo pochi secondi, osservo il video e immediatamente dopo realizzo altri servizi, prestando attenzione agli indicatori emersi dal primo blocco); si concentra maggiormente su aspetti tattici e strategici piuttosto che su contenuti tecnici svolti in condizioni di relativa facilità (il maestro tira cinque palle facili dal cesto).

A tal proposito, è molto comune osservare giocatori che esprimono raffinati movimenti che esaltano la tecnica di un gesto sportivo, in condizioni di equilibrio e in totale assenza di tensione agonistica. Il supporto della videonalisi dovrebbe, a giudizio di chi scrive, indagare prevalentemente le scelte di natura tattica, nel corso del match. E’ frequente osservare un allievo “diligente con il cesto di palle” ma scomposto e nervoso in una situazione di gioco, anche la più banale.

Ottenere validi feedback dal confronto con un atleta professionista, adulto e talentuoso, appare, a giudizio di chi scrive, una forzatura molto marcata.

Il gesto tecnico, spesso oggetto della videonalisi, quasi sempre minuziosamente frazionato in mille dati dalla scarsa spendibilità didattica, non può esistere senza un coinvolgimento emotivo, tattico e strategico: soltanto il match consente di tirare le somme sulla qualità del giocatore, anche in età giovanile.

 

Bibliografia

 

  • Atienza FL., Balaguer I., García-Merita ML., Video modeling and imaging training on performance of tennis service of 9- to 12-year-old children, Pubmed (Medline).
  • Frohner G., La capacità di carico nello sport giovanile SDS numero 90, 2011, Calzetti e Mariucci, Perugia
  • Kendel R.E., Schwartz J.H., Principi di neuroscienze, Editrice ambrosiana, 1990, Milano

 

Al termine di questo articolo, desidero portarvi a conoscenza di un’iniziativa di cui mi onoro di essere un promotore e un organizzatore.

Il prof. Salvatore Buzzelli, metodologo dell’allenamento e preparatore fisico dal 1975, alcuni mesi fa mi ha manifestato la volontà di creare alcune settimane di allenamento per giovani tennisti agonisti, impiegando la guida tecnica di Davide Scala, maestro ed ex giocatore professionista.

Buzzelli desidera mettere a disposizione la sua professionalità e il suo metodo di lavoro a vantaggio di giovani allievi che vogliono approfondire aspetti irrinunciabili dell’allenamento: la preparazione fisica quale supporto alla tecnica del gioco del tennis e la creazione di un serio e scientifico piano di lavoro, fondato sulla valutazione e sulla costruzione della programmazione.

Io sono presidente dell’Associazione Sportiva Artemide, impegnata nello sport per giovani e adulti. Mi sono prontamente attivato per realizzare questa idea: dalla scelta del luogo, alla creazione del progetto; dalla diffusione dell’iniziativa alla raccolta delle iscrizioni.

Abbiamo creato un solido lavoro di squadra. Non desideriamo in alcun modo fare concorrenza ad altri gruppi di lavoro ben più numerosi, con grande visiblità e pronti ad accogliere moltissimi allievi

Il nostro intento è molto semplice: giovani atleti agonisti, nel numero massimo di 10 a settimana, si allenano con impegno sotto la guida del prof. Buzzelli e del maestro Davide Scala e acquistano un metodo di lavoro preciso e personalizzato.

Per scelta professionale non apriamo l’attività ad atleti principianti ma solo ad allievi che padroneggiano i fondamentali di gioco e ben si allenano da alcuni anni.

In tempi di austerità si deve investire sulla qualità del lavoro, in ogni campo professionale: meglio dunque, nel nostro caso, puntare a creare un gruppo di lavoro in cui i partecipanti siano pochi e limitati, ben seguiti, con allenamenti ad alto rendimento. Desideriamo che al termine delle nostre settimane di allenamento l’atleta possa dire: “Sono stanco ma ho imparato molto!”

Concludo ringraziando spaziotennis.com che ci ha dato la possibilità di fare una piccola promozione all’interno di un mio articolo e domando perdono se ho abusato di tale spazio.

Trovate tutte le informazioni su www.asdartemide.it nella sezione stage tennis 2012.

Non esitate a contattarci.

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