A tutto Bublik: “Il Challenger di Torino è meglio della finale di doppio al Roland Garros”

Antonio Sepe
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Alexander Bublik - Foto Mike Frey-Imagn ImagesSipa USA

Alexander Bublik sta vivendo il miglior momento di forma della sua carriera in termini di risultati. Dopo aver toccato il fondo verso marzo, si è concesso una breve vacanza a Las Vegas e come per magia ha ritrovato il suo miglior tennis, ottenendo traguardi che mai aveva raggiunto. Dopo i quarti di finale al Roland Garros, il titolo ad Halle con tanto di vittoria ai danni di Jannik Sinner sul suo cammino e la doppietta Gstaad-Kitzbuhel, si è spinto fino agli ottavi allo US Open. Il suo prossimo sarà proprio il numero uno al mondo, battuto appunto ad Halle (unico a riuscirci nel 2025, oltre a Carlos Alcaraz).

Reset dopo i due titoli

A pochi giorni dal match contro Sinner, il kazako ha rilasciato un’intervista al giornalista Ben Rothenberg – pubblicata su Bounces – in cui ha toccato vari temi, a partire dal periodo che sta attraversando: “Tutti dicono che ho una striscia aperta di dieci vittorie consecutive, ma in realtà prima dello US Open ho resettato completamente. Per me è come se fosse il primo torneo dell’anno. E l’ho affrontato con questo spirito perché non ero mai andato bene a New York. In stagione ho giocato tanto perché ne avevo bisogno per tornare dov’ero stato negli ultimi 6-7 anni a livello di ranking. Quando ce l’ho fatta mi sono preso una pausa e mi sono detto di considerare i tornei dallo US Open in poi come una stagione a sé. Questo mi ha aiutato“.

Il ritorno a New York

Bublik ha ammesso di aver sentito la mancanza del tennis nelle settimane lontano dal circuito: “Quando ero a casa in Russia e guardavo le partite in tv un po’ mi mancava questo sport. Quindi al mio ritorno ero felice di rivedere i miei colleghi. Quando sono entrato nel ristorante dei giocatori tutti mi guardavano come a dire ‘Finalmente ti sei deciso a giocare’. È stato divertente, mentre di solito è stancante vedere sempre le stesse facce” Sulla decisione di saltare Cincinnati: “È il compleanno di mio figlio e non credo valga la pena perdersi momenti così importanti per un torneo“.

La provocazione sul doppio

L’argomento maggiormente affrontato durante l’intervista è stato però il doppio. E Bublik, che non ha mai avuto peli sulla lingua, ne ha avute per tutti: “In passato si giocava per soldi. Adesso invece a fare la differenza è che non devi più rischiare il tuo corpo per qualcosa come 50mila dollari per raggiungere il terzo o il quarto turno di uno Slam. Il doppio è divertente, ma capita che ti annoi perché in un certo senso non è vero tennis. È per chi non sa giocare in singolare: si comincia col doppio e poi si passa al padel o al pickleball“.

Il paragone con il Challenger di Torino

Sulla sua esperienza personale: “A me piace giocarlo come allenamento, magari per allenarmi in risposta oppure per fare coppia con qualcuno che mi sta simpatico. Ma, oltre ai soldi, non capisco perché prenderlo come una disciplina seria. E lo dico da finalista Slam (Roland Garros 2021). Non so neppure dove sia quel trofeo, è inutile e non mi interessa. Per me vincere il Challenger di Torino è più importante di una finale di doppio al Roland Garros. Semplicemente perché è più difficile da ottenere. Quella volta a Parigi giocai il doppio per scherzo e mi ritrovai in finale. Ogni singolarista che lo prende sul serio per qualche settimana ottiene risultati importanti; è sempre stato così. Alla fine, è semplice: se non sai giocare in singolare, giochi in doppio; se non sai giocare in doppio, passi al padel, e così via“.

La simpatia per Vavassori e il misto allo US Open

Nonostante le critiche alla disciplina, Bublik non serba rancore nei confronti dei suoi protagonisti: “Se i doppisti non se la prendono ci vado anche d’accordo. Anzi, è fantastico quando vedo ragazzi che dicono ‘Visto che non so giocare in singolare, gioco in doppio e ho vinto tre Slam’. Il doppio è una barzelletta, per questo molti singolaristi se la ridono: è impossibile muoversi da un lato all’altro. Conosco molti doppisti: Vavassori, ad esempio, è un bravo ragazzo e gli auguro il meglio. Lo stesso vale per Bolelli o Thompson. Poi ci sono altri doppisti che pensano di essere bravi come noi: ecco, questo è delirante“.

Infine, un parere sulla vittoria di Andrea Vavassori e Sara Errani nell’evento di doppio misto allo US Open: “Penso che sia fantastico. Andrea è un bravo ragazzo, ha lavorato sodo. Ricordo che si allenava con suo padre nei Challenger quando li giocavo anch’io. È arrivato intorno al numero 150 in singolare, ha capito che non poteva andare oltre, è passato al doppio e ha vinto qualche Slam. È una bella cosa. E mi è piaciuto quando ha detto: ‘Sono contento di battere i singolaristi’. È un ragazzo con i piedi per terra che non si sbilancia troppo. Guadagnerà milioni giocando così e questo è un bene. L’evento è stato divertente; ne ho guardato un po’. È un torneo d’esibizione e alla gente piace“.

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