Un talento in costruzione e un patrimonio tennistico ancora da modellare. Andres Santamarta, 18 anni, valenciano, ex numero 1 del mondo Under 18 lo scorso giugno, incarna perfettamente la normalità dei grandi prospetti: quelli che hanno tutto per arrivare, ma devono ancora guadagnarselo punto dopo punto.
Il suo tennis alterna lampi di costanza e intensità a improvvisi blackout, ma il potenziale è evidente. Spazio Tennis ha intervistato lo spagnolo, uno degli otto protagonisti dell’ITF World Tennis Tour Junior Finals, in scena a Chengdu, Cina (22-26 ottobre). Sarà l’ultimo torneo under 18 della carriera dell’iberico, pronto a un congedo che lascia un po’ di amaro in bocca: nel 2025 non è mai andato oltre gli ottavi di finale di Roland Garros e US Open nei Major giovanili.
Ma adesso è il tempo del tennis vero, e lì l’impatto è stato più che promettente. Già numero 687 del ranking ATP, Santamarta ha firmato vittorie di peso, come quelle contro Coleman Wong (l’unico Top 200 affrontato) e Daniel Rincon.
Pronto ad aggiungersi alla ricca batteria del tennis iberico, il valenciano si allena alla GTennis Academy di Valencia, una delle accademie più rinomate della Spagna, sotto la guida di Ivan e Sergio Gallego.
Com’è stato l’arrivo a Chengdu?
“Per il momento tutto bene. È la mia prima volta in Cina, quindi sono ancora più felice di essere qui. Forse non è il massimo la pioggia che nei primi giorni ci ha obbligato a giocare indoor. Vedremo come sarà il meteo nei prossimi giorni”.
Viaggiare in un paese nuovo, al di là del tennis, è qualcosa che ti entusiasma ancora?
“Dipende dal posto… Ma è chiaro che se si tratta di New York o di questa esperienza in Cina, sono davvero felice di poter visitare qualcosa di diverso dai campi da tennis, anche perchè se no diventa stressante. Quindi si è una cosa alla quale ancora faccio caso”.
Si sta per concludere il 2025, qual è il bilancio? Si aspettava di più dagli Slam Junior?
“La stagione è iniziata molto bene, perché ho alternato attività under 18 e pro. Penso di aver giocato davvero bene e anche mentalmente mi sentivo motivato e concentrato. Ma sì, forse negli Slam mi aspettavo qualcosa di più, ma è andata come è andata. Questo sarà l’ultimo evento junior della mia carriera, poi mi proietterò nel professionismo con la volontà di migliorare e avere un 2026 migliore”.
A livello junior i migliori sono molto vicini. Ma quando sei il numero 1 gli avversari hanno sempre una motivazione extra. Ha avuto questa sensazione?
“Sì, sono d’accordo con te. C’è una certa pressione quando sei la testa di serie numero 1 o 2 in un Major under 18. È una pressione che ti metti da solo, involontariamente. Ed è un aspetto negativo, perché gli altri non hanno niente da perdere e hanno una motivazione in più quando giocano contro di te. Alla fine la classifica non è la cosa più importante, anche se riflette le partite che hai vinto. È qualcosa che ti definisce, ma non è la cosa più importante”.
E tanti suoi colleghi ex numeri 1 junior dicono che quando si entra nel professionismo ci si rende conto che non si è ancora raggiunto niente di importante.
“Concordo. Alla fine, il circuito juniores ti aiuta ad imparare ma non è ciò che ti fa capire che tennista sei. Da professionista inizi a giocare contro avversari di ogni età, quasi sempre con più esperienza. È molto difficile all’inizio, perché magari non hai il livello. Sono tappe difficili da superare e non tutti ce la fanno. Bisogna accettare queste difficoltà e dare il massimo”.
E tu sei riuscito ad accettarle?
“Devi per forza. Ho subito notato il divario d’esperienza che si traduce in meno errori e una tenuta differente sulle partite lunghe. Sto provando a migliorare soprattutto sul piano mentale e fisico perché ogni match è molto più duro di quelli giocati nelle competizioni giovanili. A livello di tennis il divario è minore, ma poi bisogna tenere quel picco per tutta la partita”.
E poi immagino abbia cambiato molto anche fuori dal campo.
“Il mio team mi ha spiegato quanto la differenza sia nei dettagli. Sinceramente è il processo che mi costa più fatica, insieme al dover accettare le sconfitte. La disciplina fuori dal campo è fondamentale: mangiare bene, dormire un numero adeguato di ore e trovare una routine che funzioni. Poco a poco ti fa migliorare anche se magari quando inizi non te ne accorgi”.
Qual è stato il cambiamento più difficile?
“Quando sono via per diverse settimane sento la mancanza dei miei amici e quando torno vorrei stare con loro, ma a causa della mia vita non posso fare le stesse cose che fanno loro. E poi anche sull’alimentazione se non hai le idee chiare non è facile gestirsi”.
Lo scorso anno hai fatto da sparring partner della nazionale spagnola a Malaga. Com’è stato vivere da vicino l’ultimo torneo di Nadal?
“Un’esperienza molto bella. C’era l’addio di Rafa, ma ho avuto anche dei compagni come Alcaraz, Carreno Busta e Granollers; senza dimenticare il capitano Ferrero. Purtroppo sono stati pochi giorni a causa della sconfitta contro l’Olanda, ma ho imparato molto. È qualcosa a cui do un grande valore e come Nadal mi ha detto ‘la strada è molto lunga e bisogna lavorare tanto’”.
A Chengdu c’è anche Jacopo Vasamì. Che rapporto avete?
“Jacopo è un mio grande amico, anche perché avendo frequentato la Rafa Nadal Academy lui parla molto bene lo spagnolo, quindi possiamo comunicare facilmente. Come tennista, è un grande giocatore. Direi che il suo colpo migliore è il servizio, ma anche da fondo ha talento e qualità”.
Dominic Thiem ha parlato dei grandi sacrifici economici nel circuito junior. Essere spagnolo e numero 1 junior quanto ti ha aiutato?
“In generale è un cosa molto difficile perché prima del professionismo non si guadagna nulla ma si spende tanto. Per viaggi tutto l’anno, in più hai le spese del team e delle accademie dove ti alleni: non è facile far quadrare i conti per le famiglie. La Federazione può aiutare con le wild card o dei contributi economici annuali che variano di persona in persona. Ogni situazione è diversa”.
A 18 anni solitamente si inizia a capire quanto sia difficile scalare la classifica. Che obiettivi hai oggi?
“La priorità è migliorare a 360°. Poi voglio salire in classifica ovviamente anche per giocare tornei più importanti, ma credo sia un processo che mi richiederà del tempo. Non ho un obiettivo preciso con una scadenza imminente: voglio solo competere al meglio delle mie possibilità”.