La recensione de “Il Maestro”: quando il tennis racconta la vita

Pietro Corso
6 Min Read
Pierfrancesco Favino e Tiziano Menichelli

Il successo dei tennisti azzurri in giro per il mondo sta ispirando anche l’arte, come spesso accade quando un movimento sportivo porta così tanti frutti. È sotto questa buona stella che è nato Il Maestro, l’opera diretta da Andrea Di Stefano e prodotta da Indiana Production, Indigo Film e Vision Distribution. Il film riesce a parlare di vita, sfruttando il tennis. Lo fa raccontando una storia plausibile, ispirandosi ad alcuni mostri sacri del tennis del passato (la pellicola si svolge alla fine degli anni 80’) con una sceneggiatura che ha avuto un periodo di gestazione di quasi 20 anni.

Pensato per la prima volta nel 2006, quanto scritto da Di Stefano e Ludovica Rampoldi vede Pierfrancesco Favino interpretare Raul Gatti, un ex tennista capace di raggiungere gli ottavi di finale al Foro Italico, uscire dall’ospedale dopo una serie di problemi di salute per tornare nel mondo del tennis da allenatore.

Genio e sregolatezza, Gatti incontrerà il metodo ferreo e le regole rigide di Pietro Milella. Il papà del piccolo Felice ha visto la sua creatura tennistica (13 anni) destreggiarsi con abilità nei tornei regionali, ma per il salto di qualità in giro per l’Italia serve l’occhio di un ex professionista. L’incontro tra Felice e Raul con il conseguente tour nazionale alla ricerca di vittorie, sarà un’occasione di crescita per uno e di rinascita per l’altro, non senza sorprese e difficoltà.

DAL BUIO ALLA LUCE

La premiata ditta Di Stefano-Favino proveniva da L’ultima Notte di Amore, un prodotto completamente diverso, girato interamente in notturna a Milano, che voleva essere a suo modo una sfida. Con Il Maestro la coppia ha voltato completamente pagina, sfruttando abilmente il momento d’oro del tennis azzurro per trasmettere, attraverso la disciplina, alcune lezioni importanti. Per Di Stefano è stato uno sforzo relativo: amante del tennis e agonista in giovane età, ha scelto di focalizzarsi sui piccoli dettagli per aumentare il realismo legato allo sport che ama. Per questa ragione, nel film non sono molte le azioni di gioco viste per intero, ma al contrario sono numerose le inquadrature strette, come il movimento dei piedi di Felice (Tiziano Menichelli) o gli intermezzi tra un punto e l’altro. Chi ha giocato a tennis a livello agonistico conosce i meccanismi di una competizione ufficiale e in questo la pellicola non “stecca”.

Come anticipato, la fame di vittoria del tredicenne è in realtà il pretesto necessario per raccontare la crescita personale e lo “scontro” con una personalità completamente diversa come quella di Raul Gatti, il quale ha vissuto, durante e dopo la sua carriera, libero (forse anche troppo) da ogni tipo di regole. Regole, per l’appunto, con le quali deve iniziare a convivere per salvarsi la vita. L’esperimento può definirsi riuscito, e anche se il tennis resta la scenografia sulla quale si sviluppa la storia, Il Maestro non lascia delusi dal punto di vista tecnico, un aspetto da non sottovalutare proprio perché rappresentare lo sport sul grande schermo non è semplice e in tanti, per non rischiare di fallire, si sono rifugiati in mezzi diversi come la CGI.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Spazio Tennis (@spaziotenniscom)

LA CHIACCHIERATA CON FAVINO E DI STEFANO

A pochi giorni dall’uscita del film, che debutterà nelle sale il 13 novembre, Spazio Tennis è stata invitata al Cinema Barberini di Roma per assistere alla sua anteprima. Per l’occasione, sono stati Di Stefano e Favino stessi ad accendere le luci sul dietro le quinte. “Per me un film vince quando scrivi una sceneggiatura e gli attori sul set fanno crescere la magia che hai immaginato – ha raccontato il regista –. Il rapporto con il mio maestro di tennis dell’epoca è la relazione da cui nasce questo prodotto, ma Pierfrancesco e Tiziano lo hanno in qualche modo ‘potenziato’ interagendo tra di loro”.

Per Favino si è trattata di un’interpretazione ben fuori dalla sua zona di comfort: “Dal punto di vista tecnico ero rimasto fermo al tennis degli anni ’80, che sognavo di replicare imitando Guillermo Vilas e Jimmy Connors e che fortunatamente abbiamo dovuto portare sul grande schermo. Sono fortunato perché ho avuto un maestro come Andrea che mi ha corretto ogni minimo dettaglio per rendere tutto più realistico; questo è stato speciale”. E sugli idoli di uno sport che segue molto non ci sono dubbi: “Ovviamente tifo Sinner, questo è inevitabile. Ma sono anche un grande fan di Monfils e di Bublik, perché hanno un tennis davvero divertente. Non posso, come molti, non essere un nostalgico della classe di Federer, ma adesso il nostro movimento sta andando fortissimo e quindi guardo col sorriso tutti i nostri ragazzi che stanno facendo bene”.

Andrea Di Stefano e Tiziano Menichelli sul set
Share This Article