Pedro Cachin racconta il suo addio al tennis con una lucidità che colpisce. La decisione è maturata lentamente, proprio mentre stava vivendo il suo momento migliore. “Non mi rappresentava più né vincere né perdere. Non provavo più nulla: né la gioia di un successo né la frustrazione di una sconfitta. E quando non senti più niente, né nella testa né nel corpo, capisci che qualcosa dentro si è spento”. Un processo lungo due anni, durante i quali allenarsi è diventato sempre più difficile: “Mi alzavo al mattino e non avevo più lo stesso fuoco. E se un tennista perde il suo fuoco, può provare a forzare… ma non si salva”.
Nel video-incontro con SpazioTennis, l’argentino ripercorre i momenti che lo hanno segnato davvero: l’ingresso in campo contro Nadal alla Caja Mágica, vissuto come un terremoto emotivo. “Tremavo di brutto. Alla prima palla per servire me la sono lanciata almeno un metro più lontano del solito. E mentre giocavo, una parte di me non riusciva a dimenticare che dall’altra parte c’era Rafa, a Madrid”.
Oppure il Centre Court contro Djokovic: “Mi chiedevo: cosa succede se prendo 6-0 6-0? Ma quando ho fatto il break, mi sono detto: ‘Ok, posso stare qui dentro”. Fino al racconto incredibile della sua stagione senza sponsor: “Mi persero le valigie per settimane. Sono andato avanti comprando magliette bianche nei negozi. E con quelle ho finito l’anno 55 del mondo. Ora ci rido, ma allora era assurdo”.
Oggi la sua vita scorre in un’altra direzione, ma non lontano dal tennis. “È stato difficile fermarmi, ma dovevo essere onesto con me stesso. Ora sto bene, sto costruendo nuovi progetti, torno in Argentina e il prossimo anno inizierò ad aiutare un giocatore. Non posso immaginare la mia vita lontano dal tennis: mi accompagnerà sempre”. È intorno a questi tre capitoli: la scelta di dire basta, il peso delle emozioni che non sentiva più, i ricordi più forti con i grandi del nostro sport che si sviluppa la nostra intervista.