Le 10 perle maschili agli Australian Open

edmondson 1976

1969, Laver b Roche 7-5 22-20 9-11 1-6 6-3 – semifinale
Una stagione così non tornerà mai più. Nell’anno dello Slam “da pro”, Laver trova in casa le maggiori difficoltà. È la prima edizione open del torneo, la prima che Rockets gioca dal 1962. In semifinale affronta Tony Roche, che ha 23 anni, sette meno di lui. Sono cresciuti rispettivamente a Rockhampton e Tarcutta, sono entrambi figli del macellaio del paese. Quella semifinale resta una pagina di storia del tennis, non solo australiano. Ci sono 39 gradi, e Laver tiene foglie di cavolo verza nel cappello per mantenere un po’ più fresca la testa. Dopo un secondo set da 42 game, Roche lo porta al quinto e sembra più fresco. Ma alla fine vince Laver, che lo batterà di nuovo in finale allo Us Open,la partita che lo porta nella leggenda. Dopo la vittoria riceve un telegramma da Harry Hopman, il suo vecchio allenatore: “Complimenti. Ora fallo di nuovo”. Tre settimane dopo nascerà suo figlio.

1976, Edmondson b Newcombe 6-7 6-3 7-6 6-1 – finale
Nel 1976 gli Australian Open non sono troppo considerati. Le grandi stelle straniere non partono per un major che inizia a Santo Stefano e offre appena 7.500 dollari al vincitore. “Mia sorella era infermiera” ha raccontato Mark. E nello stesso ospedale lui dava una mano a pulire le finestre per pagarsi le trasferte. A sette giorni dall’inizio del torneo, riceve una telefonata da Tennis Australia: sei in tabellone agli Open. A 21 anni, Edmondson non è andato oltre un secondo turno a Wimbledon negli Slam. Ma con “il fisico da taglialegna”, come scrivono i giornali dell’epoca, batte quattro top-50 tra cui due ex vincitori del torneo, Phil Dent e Dick Crealy, vince la semifinale contro il 41enne Ken Rosewall, che i Muscles ce li ha solo nel soprannome, e sfida per il titolo il campione in carica, John Newcombe. Prende il tram per tornare a casa dopo il successo su Laver, come tutti i fan che lasciano il Kooyong Lawn Tennis Club. Uno lo avvicina: “Bel lavoro battere Ken, ma non hai chance in finale con Newky”. A parte i baffi, i due non hanno niente in comune. Da una parte c’è il figlio della classe operaia che sta per andare in paradiso, dall’altra un campione affermato che tre mesi prima della finale era nella macchina con George W. Bush quando il futuro presidente Usa viene arrestato per guida in stato di ebbrezza vicino alla casa di famiglia a Kennebunkport. Stavolta la classe operaia va davvero in paradiso. Edmondson chiude 6-7 6-3 7-6 6-1. Le mani gli tremano solo a partita finita: fa cadere il trofeo durante la cerimonia di premiazione. È l’immagine simbolo del torneo, l’edizione che fa entrare Mark Edmondson nella storia: è il giocatore con la più bassa classifica ad aver mai vinto uno Slam.

1985, Edberg b Lendl 6-7 7-5 6-1 4-6 9-7, semifinale
Per la prima volta in tre anni, John McEnroe chiude la stagione senza uno Slam. Nei quarti spreca un vantaggio di due set a uno contro Zivojinovic, n.66 del mondo, che gli rifila un 6-0 al quinto set. Superbrat, che totalizza appena 11 punti nel set decisivo, non si presenta in conferenza stampa e viene prevedibilmente multato. Multa toccata anche a Ivan Lendl, al terzo turno, per “audible obscenities”, volgarità: non è certo soddisfatto di cedere un set allo sconosciuto americano Ben Testerman. Arriva comunque in semifinale contro il 19enne Stefan Edberg, che ha parecchie chance di breakare nel primo set. Lendl però le salva tutte e sale di livello nel tiebreak. Il secondo parziale è quasi perfettamente speculare. È il ceco che ha tutte le occasioni per il break senza convertirne nessuna fino al decimo game. All’undicesimo però perde il servizio che gli costa il set. Si innervosisce, il ceco. Edberg sfodera il meglio del suo serve and volley, i passanti di Lendl, che insegue il terzo Slam in carriera, non fanno male. Lo svedese chiude 6-1, va sotto di un break nel quarto (2-1), ma fa in tempo a recuperare prima che arrivi la pioggia sul 4-4. Lendl riparte meglio, vince due game di fila e porta il match al quinto, che si apre con un scambio di break e controbreak. La partita rimane in equilibrio, ma il tempo lavora per Edberg. Lo svedese manca tre match point, in risposta, sul 4-5 e non sfrutta altre occasioni sul 6-7. Sul 7-8, Lendl per la terza volta serve per restare nel match. Tira uno smash che passa sotto la rete, nessuno se ne accorge, Edberg comunque conclude con un vincente prima di stampare il passante lungolinea che lo porta in finale. Dopo aver salvato due match point negli ottavi contro Wally Masur, che due anni dopo batterà al primo turno Becker (multato di 2500 dollari per coaching, abuso di palla e comportamenti offensivi), Edberg domina in finale Wilander e vince il suo primo Australian Open.

1990, Pernfors b McEnroe 6-1 4-6 7-5 2-4 disq. – ottavi
Non accadeva dal 1963 che un giocatore venisse squalificato per comportamento antisportivo in uno Slam, dai tempi dello spagnolo di origine colombiana Willie Alvarez al Roland Garros. John McEnroe è il primo nell’era Open. Nell’ottavo contro lo svedese Pernfors c’è tutto il suo repertorio di volgarità, proteste, racchette rotte.

Il sesto game del quarto set è la sintesi del peggio di Superbrat, distratto dal pianto di un bambino mentre si prepara a servire. “Dategli il latte, ha fame” grida. Il giudice di sedia, Gerry Armstrong, chiede ai genitori di portare il figlio fuori dallo stadio. “Possiamo respirare, John?”, urla un tifoso mentre la famiglia esce. Sul 40 pari, mette largo di dritto, per la seconda volta nel game, e spacca la racchetta. Armstrong chiama la code violation, McEnroe gli grida contro di tutto e chiede che intervenga il supervisor Ken Ferrar. Intanto continua a bestemmiare, anche contro Ferrar, finché Armstrong, con la sua approvazione, annuncia: ‘Code violation, further abuse, default Mr. McEnroe. Game, set, match Pernfors”.

McEnroe non sa che proprio all’inizio del 1992 è cambiata la regola. Prima infatti, le sanzioni per questo tipo di comportamenti prevedevano il warning, poi il penalty point, il penalty game e la squalifica alla quarta. Dal 1992 non c’è più il penalty game e alla terza violazione scatta direttamente la squalifica.

1992, Courier b. Edberg 6-3 3-6 6-4 6-2, finale
La finale dell’edizione 1992 non è eccezionale. Ma i festeggiamenti di Courier per la vittoria sì. L’americano riscatta la sconfitta contro Edberg in finale agli Us Open e dopo la cerimonia si tuffa insieme al coach nel fiume Yarra. L’anno dopo la scena si ripete. Courier difende il titolo e non rinuncia al bagno nel fiume, nonostante il Dipartimento della Salute dello stato di Victoria avesse annunciato che i livelli di inquinamento dell’acqua erano 18 volte oltre la soglia di sicurezza.

1995, Sampras b Courier 6-7 6-7 6-3 6-4 6-4
Lacrime di pioggia. Lacrime e pioggia. L’edizione 1995 si ricorda per il nubifragio che costringe a chiudere il tetto per far concludere il match tra Andre Agassi e Aaron Krickstein. Ma poco dopo la vittoria di Agassi, il sistema di drenaggio va in tilt, l’acqua entra sul centrale di Flinders Park così Natasha Zvereva e Gigi Fernandez, che hanno appena perso la finale di doppio, si reinventano ballerine per intrattenere il pubblico “dancing in the rain”. Ma è il quarto di finale Sampras-Courier che segna l’Australian Open 1995. Sampras perde i primi due tiebreak, ma riesce a portare il match al quinto. Un tifoso dagli spalti grida: “Vinci per il tuo coach”. E Pistol Pete scoppia in lacrime. Tim Gullikson, amico prima ancora che allenatore di Sampras, ha un cancro al cervello ma è partito lo stesso per l’Australia. Ha avuto un malore il giorno prima della partita. Sampras non contiene l’emozione ma completa la rimonta con un quinto set praticamente perfetto al servizio.

2000, Agassi b. Sampras 6-4 3-6 6-7 7-6 6-1
Agassi gioca con la storia, per la storia. Punta a diventare il primo tennista dopo Rod Laver a giocare quattro finali Slam consecutive. Ma deve recuperare uno svantaggio di due set a uno a Sampras, che l’ha battuto 17 volte nei 28 precedenti confronti e non gli ha lasciato nemmeno un punto nel tiebreak del terzo set. È una delle migliori partite nella storia della rivalità che ha segnato l’era moderna. Un match che si può racchiudere nel tiebreak del quarto set. Agassi non gioca una finale in Australia da cinque anni, e da cinque anni non vince un tiebreak contro Pistol Pete. Sampras estrae ace di seconda e un memorabile passante di dritto in corsa, ma Agassi ha una missione e risponde con soluzioni altrettanto speciali. E la missione si compie. Vince il tiebreak 7-5, domina il quinto 6-1 e conquisterà il titolo in finale su Kafelnikov.

2005, Safin b Federer 5-7 6-4 4-6 7-6 9-7
È una delle partite del decennio. Parte meglio Federer, che ha battuto Safin tre set a zero l’anno prima. Ma il russo, nonostante gli esistenziali dialoghi con la racchetta dopo ogni gratuito o quasi, chiude 6-4 il secondo. È il giorno del suo 25mo compleanno, e non è proprio un gran segnale: tre anni prima ha passato la notte a festeggiare e la mattina dopo ha perso la finale da Thomas Johansson, primo giocatore con la testa di serie numero 16 a vincere uno Slam. Nel terzo Safin rimonta da 0-3 a 4-3, ma cede gli ultimi tre game. Il quarto si prospetta come la certificazione della superiorità dello svizzero. Niente di più sbagliato. Safin estrae risorse di combattività inattese, gioca un tennis stellare che riporta il tempo indietro di cinque anni, alla “mattanza di Flushing Meadows” su Sampras. Trova anche un gran lob difensivo per salvare un match point nel tiebreak e allunga al quinto. Il match è totalmente cambiato. Safin sale 5-2, Federer però cancella tre match point e aggancia il 5-5. Qui si fa la storia (o sportivamente si muore). Gli ultimi punti si giocano a velocità non sostenibili dopo quattro ore di gioco. La chiude Safin 9-7 al quinto, al settimo match point. E dopo cinque anni, passate 48 ore, tornerà a vincere un major, su Hewitt, ultimo australiano in finale nello Slam di casa.

2009, Nadal b Federer 7-5 3-6 7-6 3-6 6-2 – finale

Sono lacrime di dolore, quelle di Federer, che non ce la fa a parlare durante la cerimonia di premiazione. Nadal arriva dalla magnifica semifinale contro Verdasco, durata 5 ore e 14 (in quel momento il match più lungo di sempre agli Australian Open) e diventa il primo dopo Goran Ivanisevic a Wimbledon 2001 a conquistare uno Slam vincendo semifinale e finale al quinto set. È il secondo più giovane di sempre a celebrare sei Slam dopo Borg, il primo mancino a trionfare in Australia dopo 11 anni (Petr Korda, 1998). Federer paga un secondo set in cui ha servito col 52% e non ha messo la prima per undici punti di fila. Nadal gioca un tiebreak perfetto nel terzo e smentisce chi credeva che la partita potesse dopo le cinque palle break sfumate sul 3-2 nel quarto. Nel quinto, quando avrebbe dovuto scegliere tra la pazienza e l’azzardo, Federer ha optato per una via di mezzo e, alla fine, ha mollato.

2012, Djokovic b Nadal 5-7 6-4 6-2 6-7 7-5
L’Australian Open non costringe solo gli europei alle notti bianche. Nel 2008 Hewitt e Baghdatis chiudono alle 4.34 ora locale: è il match terminato più tardi nella storia degli Slam. Hanno iniziato 13 minuti prima di mezzanotte, sono andati avanti per quasi cinque ore. Hewitt vince 4-6 7-5 7-5 6-7 6-3 e paga cornetto e cappuccino a tutto lo stadio.

Quattro anni dopo, Melbourne assiste al match più lungo di sempre nel torneo, la finale Slam più lunga di tutti i tempi. Djokovic batte Nadal dopo 5 ore e 53 minuti per 55 game. Durante la premiazione, per la prima volta, hanno dovuto le sedie ai giocatori: non ce la fanno nemmeno a stare in piedi e alzano a fatica i trofei.

È la prima volta che i due arrivano al quinto set, al trentesimo confronto diretto. Nole ha avuto le chance per vincere in quattro, ha avuto tre palle break sul 4-3 o-40 ed è arrivato a due punti dal titolo sul 5-3 nel tiebreak del quarto. Scoccate le cinque ore di gioco, sul 4 pari al quinto, Nadal annulla ancora una palla break con un perfetto slice esterno. Due game più tardi, il serbo trasforma la 20ma palla break del match e va a servire per il titolo. Nadal recupera da 30-0 a 30-40, ma col rovescio il numero 1 del mondo si salva. Sceglierà servizio e dritto per entrare nella storia.

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