Matteo Viola lascia il tennis giocato e studia da coach: “È stato un viaggio stupendo. Melania Delai? Merita attenzione”

“Come stai? Mi trovo al parco con figlia e nipoti. Direi alla grande”. Dopo aver annunciato in questi giorni la decisione di appendere la racchetta al chiodo, Matteo Viola è già pronto a rimettersi in discussione in qualità di coach. “Mi sono buttato subito a capofitto perché in realtà il corso da maestro nazionale l’avevo già fatto un paio d’anni fa – sottolinea Matteo -. Ho potuto dunque iniziare a pensare da coach e maestro in questo periodo. Quando verso maggio ho smesso di giocare, ho cominciato a guardarmi un po’ intorno e a valutare il mio futuro. Mi hanno contattato diverse persone fra cui Melania Delai, che è stata una delle prime in assoluto. Il mio obiettivo, in questo momento, è quello di allenarla al meglio per portarla il più in alto possibile. Questa è la mia priorità, oltre a voler diventare un punto di riferimento nel mio territorio. Mi piacerebbe aiutare i ragazzi qui nel Veneto. Non per forza più talentuosi, bensì i più volenterosi“.

Chi lo ha conosciuto nell’arco di questi anni di militanza nel circuito professionistico ne ha potuto apprezzare in primis la genuinità, l’educazione e il rispetto verso se stesso e il prossimo. Valori umani importanti che abbinati alle sue competenze faranno di lui uno dei coach più ricercati e stimati del panorama nostrano. La lettera d’addio al tennis pubblicata sui social è la fotografia fedele dell’uomo appena descritto. “Mi fa piacere che ti abbia colpito. L’ho maturata strada facendo, perché mi ero dato un obiettivo ben preciso: se a luglio non fossi stato nella Top 250,per cui fuori dai tabelloni di qualificazione Slam, avrei smesso. Ho avuto abbastanza tempo per provarci, ma non ce l’ho fatta. ‘Se saprai meritarti la Top 250 farai un altro anno’ mi dicevo. C’è un po’ di rammarico per non essere riuscito a guadagnarmi un altro anno, ma l’anno scorso mi ha distrutto. Nel 2021 sono riuscito a giocare a sprazzi un buon tennis, battendo gente del calibro di Bernabe Zapata Miralles, Thanasi Kokkinakis e Liam Broady. Tuttavia queste vittorie non sono state sufficienti a spingermi più in là nei tabelloni. Nel tennis, come sai, è meglio vincere un solo titolo piuttosto che raggiungere dieci volte il secondo turno”.

Nessun rimpianto, nessun rimorso. Soltanto certe volte capita che…? “Non ho particolari rimpianti a dire il vero – svela Matteo -. Probabilmente quello di non essere entrato nei primi 100, che è l’obiettivo di tutti i tennisti professionisti. Poi io ci ero arrivato vicino… Da un certo punto di vista, però, è stato anche una sorpresa arrivare lì, visto che in tanti mi dicevano che con quel dritto e con quel servizio non sarei mai entrato neanche tra i primi 400. Guardando le cose da questa prospettiva, è stata una grande vittoria. Guardando le cose in maniera più oggettiva, probabilmente avrei potuto investire un po’ meglio su me stesso uscendo un po’ di più dal Veneto. Ma io ho sempre voluto restare vicino a casa, stare con la mia fidanzata, la famiglia, i miei amici. Viaggiavo tanto per i tornei, ma poi volevo tornare a casa, quando forse trovare una collaborazione, magari con un coach che avesse più esperienza internazionale, mi avrebbe aiutato. Ma posso comunque ritenermi soddisfatto di quello che ho fatto. Ricordi e aneddoti? Uno dei più belli è l’abbraccio con il mio preparatore dopo aver ottenuto la qualificazione agli Australian Open 2012. Successe davvero di tutto in quei giorni, a partire da quando mi trovavo sotto 0-5 15-40 nel terzo set del primo turno contro Dusan Lajovic, salvo poi trionfare 8-6 al terzo dopo aver annullato in totale 8 matchpoint. Al secondo turno vinsi 6-4 al terzo contro Antonio Veic e poi, al turno decisivo, recuperai da set e break di svantaggio contro Rik De Voest, anche lì vincendo 6-4 al terzo set. Fu davvero una gioia immensa e ricordo come se fosse ieri quell’abbraccio su quel campo, sotto i grattacieli, con il mio preparatore. Ricordo anche la vittoria su Murray a Maiorca. Fu un successo di grande prestigio anche se Murray non era al 100%, ma è pur sempre Murray, il primo di tutti dopo i tre fenomeni, che tra l’altro avrebbe vinto ad Anversa un mese dopo. Potrei menzionare anche l’esperienza ad Indian Wells con il successo su Kokkinakis. Ci potrebbero essere un miliardo di cose da raccontare, ma al momento sono queste quelle che mi vengono i mente, anche perché sto perdendo la memoria (ride, ndr)“. 

E adesso si apre un nuovo capitolo con Melania Delai. “È una ragazza che merita attenzione. Il tennis le piace molto e ha voglia di mettersi in discussione e di provarci. Mi piace la sua voglia, il suo modo di muoversi in campo, ha una velocità superiore a quella di gran parte delle sua colleghe e può difendersi in maniera fantastica. Ha un ottimo rovescio, anche se deve ancora migliorarlo molto, ha una buona manualità e un’ottima tecnica al servizio. Abbiamo iniziato da poco a lavorare insieme, ma posso già dire che spero innanzitutto di trasmetterle tutta la mia passione e una buona dose di grinta. Vorrei anche darle un’identità di gioco, cosa che un po’ ancora le manca, ed è fondamentale che la trovi subito così da diventare più ordinata in campo, da avere le idee più chiare e da semplificare il suo gioco. Ha tanti margini di miglioramento e questa è una cosa più che positiva”.

Voltare pagina alla ricerca di un nuovo capitolo altrettanto ricco di soddisfazioni. Matteo ha decisamente le idee chiare sul prossimo futuro. E la sua nuova allieva? “Matteo è un grandissimo lavoratore – afferma Melania -. Già in questi mesi mi ha insegnato a tenere sempre alta l’intensità. Mi piace molto come si rapporta in campo e fuori. Potrà anche insegnarmi molto dagli errori che ha vissuto sulla propria pelle, potrà fare in modo che io non ripeta gli stessi errori che ha fatto lui. Penso che abbia davvero tanto da darmi, anche perché, dal punto di vista tennistico, abbiamo tante caratteristiche simili. Potrei star qua una vita a dire tutto ciò che penso possa trasmettermi…la lettura delle partite, alcuni aspetti tattici del gioco. Avere una persona al proprio fianco che ha vissuto quelle stesse esperienze penso sia un po’ il sogno di tutti”. 

Cambiare non è mai semplice, anche se a volte è indispensabile. “Non è stata una decisione facile, perché ho iniziato a giocare a tennis seriamente con Ale (Alessandro Bertoldo, ndr) e grazie ad Ale. È stata ed è tutt’ora una persona molto importante nella mia vita. Abbiamo vissuto tantissimi momenti belli, qualche lacrima, tanti momenti di gioia e tanti tornei. Abbiamo viaggiato tantissimo insieme e mi ha aiutata molto a crescere come persona. Nell’ultimo periodo sentivo l’esigenza di cambiare qualcosa. Vivendo insieme 24 ore su 24 e tenendoci davvero tanto, ci siamo resi conto che non ci aiutavamo più molto l’un l’altro e quindi non era più una collaborazione produttiva. Sentivo di voler nuovi stimoli, qualche cambiamento e ho colto la palla al balzo. Conosco Matteo da tantissimi anni e penso sia la scelta più giusta. Ricordo che da piccolina lo vedevo giocare quando mi allenavo nel circolo dove si allenava anche lui. Ho avuto sempre tanta stima nei suoi confronti come persona e come giocatore. Questo cambiamento è stata fatto di comune accordo con Alessandro Bertoldo e con Massimo Todeschi, che era il mio preparatore. Al mio fianco ci sarà Massimo Pietrogrande. Ha lavorato tanti anni con Matteo, il quale si fida ciecamente di lui. Seguiva la sua parte fisica e allora ho deciso di intraprendere questo percorso con entrambi componendo un bel team tutti insieme. Obiettivi? Da qui a fine stagione è, in primis, quello di migliorare il mio gioco, aggiungendo qualche spunto tecnico e migliorando soprattutto la visione tattica tenendo sempre alta l’intensità. Ovviamente proveremo a vincere più partite possibili, anche se, per adesso, non ci siamo posti obiettivi specifici. Stiamo pensando molto al mio tennis, a dare il meglio in ogni partita. I risultati se tutto andrà bene saranno poi una conseguenza del lavoro svolto assieme”.

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