Holger Rune: fatto il giocatore, bisogna fare l’uomo

Il mio primo incontro con Holger Rune è stato nei “sotterranei” dell’Allianz Cloud di Milano.  Era il 2019, ai tempi il danese era ancora noto come Holger Vitus Nødskov Rune, sulla falsariga di Kylian Mbappé Lottin prima del Paris Saint-Germain. L’intervista fu fatta mentre si trovava sul lettino del massaggiatore, le sue risposte non furono particolarmente impressionanti, ma una lasciò il segno: Quando ero piccolo giocavo a calcio, ma non mi piaceva dover pagare gli errori dei compagni o ancora peggio farli perdere per colpa mia. Nel tennis sono l’unico che dipende dalla mia prestazione e quando vinco è solo merito mio”. Poche righe per spiegare come lo scandinavo approccia l’agonismo. 

L’ultimo “aggiornamento” risale a pochi mesi fa e da qualche parte nell’intervista fatta per “IL Tennis Italiano”, c’è scritto che pensa di poter superare il numero di Roland Garros vinti da Nadal, obiettivo leggermente ambizioso. Reduce dal ritiro contro Mochizuki a Miami e della sconfitta di Indian Wells contro Matteo Berrettini (6-3 4-6 6-4, ndr), sono innegabili i progressi di un ragazzo che ha limato tanto del suo tennis e che paradossalmente si trova sempre a suo agio nei big match, almeno finché lì giocherà da outsider. Il giocatore inizia ad esserci e c’è sempre di più, adesso il ragazzo deve diventare uomo per attestarsi a livelli che il suo primo rivale Carlos Alcaraz sta già toccando con mano. A fine 2020 lo avevo ritrovato dal vivo in occasione del $15.000 di Caslano, l’uscita dal torneo svizzero maturò con un 6-3 6-0 inflittogli da Etcheverry. A pagarne le spese fu una panchina di plastica presa ripetutamente a racchettate. Certi atteggiamenti da ragazzo appena uscito dal circuito junior sono fortunatamente un ricordo, ma Holger in alcuni frangenti è ancora preda dei raptus che lo prendono specialmente quando i riflettori sono puntati altrove. Purtroppo noto l’insulto riferito, caso vuole, proprio ad Etcheverry durante la semifinale del Challenger di Biella. L’elenco delle arrabbiature plateali, contro l’avversario, o più comunemente contro se stesso è abbastanza lungo.

Tornando a quel match di Biella il campo dice che in meno di un anno il tennista di Copenhagen è passato dal raccogliere 3 game in Future, a battere lo stesso avversario con lo score di 7-5 2-6 6-2 per andarsi a giocare un titolo Challenger, poi vinto (il primo dei quattro conquistati finora, ndr). Le critiche sull’atteggiamento vanno soppesate all’età e al progresso tennistico, a dir poco invidiabile. La differenza di rendimento tra superfici si è gradualmente assottigliata e sul veloce ha limato aspetti in partenza penalizzanti. Già dai primi anni di adolescenza era chiaro che servizio e dritto sarebbero state le basi di un tennis iper offensivo, a volte troppo, come dimostra la posizione in risposta ad inizio match contro Berrettini. Notevolmente migliorato sugli spostamenti, Rune è gradualmente venuto a patti con l’idea di poter giocare scambi più lunghi anche sul veloce, qui ne è scaturita l’abilità di transizione da situazione di difesa a situazioni offensive che possono anche proiettarlo a rete, la mano è ancora da aggiustare. 

Il miglior Rune finora lo si è visto quando ha preso confidenza nel singolo torneo o nei big match, perché proprio sui grandi campi del tennis mondiale riesce ad adottare un atteggiamento maturo. Mugugni e lamentele si riducono davanti alle telecamere, il comportamento è quello di ciò che punta a diventare. Il match contro Djokovic è la massima espressione di questo cambiamento ed è anche la partita ideale per evidenziare la capacità, quasi innata, che il danese ha di rivedere il piano partita a gioco in corso ed in tempi brevi. Holger Rune compirà 19 anni ad aprile, il giocatore sta crescendo ininterrottamente, sarebbe un peccato se l’uomo ci dovesse mettere troppo.

 

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