Don’t call it magic. Call it true

Ladies and gentlemen, Lorenzo Musetti. Ma non nel senso in cui lo intendete voi.

Il ventenne di Carrara ha vinto l’ATP 500 di Amburgo: è il suo primo titolo in carriera nel circuito maggiore. Una vera e propria impresa considerando qualità, palmarès e livello degli avversari sconfitti in un torneo in cui, ovviamente, non figurava tra le teste di serie del tabellone. Dusan Lajovic all’esordio, Emil Ruusuvuori al secondo turno, Alejandro Davidovich Fokina ai quarti, Francisco Cerundolo in semi e Carlos Alcaraz nella finale che è stata “l’atto I” di una rivalità che probabilmente sarà tra le più stimolanti del futuro prossimo. Per caratteristiche dei due, per personalità e per l’anagrafe, che ci ricorda che per entrambi il meglio debba ancora venire.

È la vittoria più prestigiosa della carriera della stella azzurra, che mai era riuscita a battere un giocatore tra i primi 6 della classifica mondiale, neanche nelle ultime due edizioni del Roland Garros in cui due set di vantaggio non sono bastati per battere Novak Djokovic (2021) né Stefanos Tsitsipas (2022). Un successo, quello ai danni di Alcaraz, maturato sfoggiando gran parte del suo repertorio, alternando colpi violenti e vincenti a giocate di fino, spingendo la prima di servizio e aggrappandosi all’elasticità nei recuperi più estremi. Un po’ il riassunto di quanto sfoggiato in tutta la settimana in terra tedesca, dove il pubblico ha a tratti accantonato la tipica freddezza teutonica per concedergli meritatissime standing ovation. Un torneo da sogno, traguardo di un percorso meravigliosamente empirico. Fatto di tante cose reali.

Quando vinco due partite dicono tutti #MusettiMagia, ma che è?!” dice lui. E in effetti ora gli epiteti legati ai suoi presunti poteri sovrannaturali si sprecheranno come in occasione di ogni sua vittoria sorprendente. Eppure di magico c’è ben poco. L’allievo di Simone Tartarini è chiaramente un grandissimo talento, uno che fa sembrare facili le cose più complicate. Sicuramente un ragazzo nato per giocare a tennis. Ma più di ogni altra cosa, Musetti è un grande lavoratore. Lorenzo ha trascorso la settimana successiva all’infortunio al retto femorale (quella dopo Madrid) a Roma, al Foro Italico, per sottoporsi alle terapie del caso mentre amici e colleghi battagliavano agli Internazionali d’Italia. Ha fissato l’obiettivo di guarire in fretta per presentarsi al Roland Garros in condizioni dignitose per dire la sua, mantenendo l’equilibrio che lo contraddistingue anche in giornate “libere” in cui sarebbe stato lecito qualche svago in più. Soprattutto a vent’anni.

Lorenzo è un ragazzo serio che vive per la sua professione, che è lo sport che ama. Non è un mago, altrimenti si sarebbe già spinto oltre i propri limiti (che un giorno abbatterà definitivamente). Se fosse un mago non sarebbe vulnerabile, invece Muso è poco più che un teenager che si esalta sui Centrali gremiti ma poi si incarta nello scegliere gli abbinamenti per andare a cena fuori. O che serve da sotto per paura di gestire la tensione di un match point da giocare classicamente da fondo campo. Se fosse un mago giocherebbe in un certo modo disegnando con la sua bacchetta anche nei periodi più difficili, invece la seconda parte di 2021 agonisticamente buttata per problemi di cuore (o, meglio, di sentimenti) dimostra che talvolta le qualità fornite da Madre Natura non sono sufficienti per volare alto. L’umanità di Lorenzo Musetti emerge nelle situazioni più disparate, le fragilità di un giovane uomo molto bravo con la racchetta sono dietro l’angolo più spesso di quanto crediate. E per questo i successi più belli il toscano adottato dalla Liguria se li gode davvero, con l’eccitazione dei primi tornei giovanili e la stessa mamma e lo stesso papà che lo seguono quando possibile nel Tour.

Non c’è trucco, non c’è inganno. Non chiamatela magia, ammirate la realtà. Musetti il lavoratore ha ancora tanti sogni da rendere concreti.

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