Dal coma al ritorno in campo, Erik Crepaldi: “Federica, Dio e il tennis mi hanno salvato la vita”

Sto bene, grazie a Dio sto veramente bene. Non c’è veramente nulla da dire”. Ci sono euforia, gioia e gratitudine nelle prime parole di Erik Crepaldi, che al telefono racconta con raro coinvolgimento l’esperienza più difficile della sua vita. Il 16 settembre 2021 a Busonengo, frazione di Villarboit (Vercelli) il tennista mancino classe ’90, ex numero 236 del mondo, è stato protagonista di un incidente stradale in seguito al quale è finito in coma: “Ho fatto delle esperienze particolari in coma. La testa non c’era più, ero collegato direttamente con Dio. Ero molto attivo a livello sensoriale. Sapevo perfettamente che poi sarei tornato qui al 100% fisicamente e mentalmente. La grazia che Dio mi ha dato e la mia forza mi hanno convinto che ce l’avrei fatta, quindi l’ho vissuto semplicemente come un processo: io sapevo mentalmente e spiritualmente che sarei tornato al 100%. Non sapevo quando, ma sapevo che fosse un processo e che giorno dopo giorno sarei migliorato”.

Noi lo sapevamo un po’ meno”. Si fa largo così, ridendo, la fidanzata Federica Prati, anch’essa tennista, che dal giorno dell’incidente sino a quello del risveglio di Erik, il 1° ottobre 2021, ha tenuto aggiornato il mondo del tennis e non solo spiegando su Instagram l’evoluzione del percorso del suo compagno di vita. “Non è facilissimo parlarne – ammette la ragazza –. Io e i genitori di Erik abbiamo vissuto quel periodo in maniera opposta rispetto a lui. Lui aveva la certezza di tornare, noi avevamo i pareri dei medici, gli unici a cui puoi affidarti in una situazione di quel genere. ‘Le speranze sono molto ridotte’ ci dicevano. ‘Non si dovrebbe svegliare, ma qualora si svegliasse avrebbe danni cerebrali permanenti molto gravi’. A quel punto le speranze vacillano”. Il 16 settembre, subito dopo l’incidente, Crepaldi è stato messo in coma indotto farmacologicamente. “Tre giorni dopo – prosegue Federica – hanno provato a svegliarlo per vedere se gli edemi al cervello gli avessero provocato danni seri. Levati i sedativi, lui non ha reagito, allora ci hanno detto: ‘Un ragazzo di trent’anni dovrebbe saltare sul letto ora’. Era diventato più un coma suo che un coma indotto. Era dato per spacciato”.

Ma riavvolgiamo il nastro, perché il racconto di Erik lascia a bocca aperta: “Cosa ricordo dell’incidente? Zero. I miei ricordi si fermano a dieci minuti prima. Federica mi ha mandato un video su WhatsApp chiedendomi di fermarmi in una piazzola per guardarlo, proprio per evitare di fare un incidente. Così ho fatto. Una volta ripartito, dopo circa un quarto d’ora ho fatto l’incidente. Non ero al telefono, guidavo serenamente, ero concentrato e non pensavo a niente di particolare. Da lì il buio, non ho ricordi”. Allora i primi ricordi risalgono al risveglio del 1° ottobre? Niente affatto: “Penso che la mia anima si sia staccata da me permettendomi di vedermi da fuori. Io sapevo di essere intubato. Mi sono visto in terza persona steso sul letto, intubato, con un muro alla mia sinistra. Poi nei miei sogni, sempre in coma, ho sentito che i dottori cercavano per me una cura per il Covid. Credevo di essere in ospedale per il Covid”.

Neanche Federica si capacita dei ricordi del fidanzato: “Una volta svegliatosi, ci ha descritto dettagliatamente la sua stanza d’ospedale, la stanza della rianimazione, in tutte le sue parti. Ci ha detto che aveva un compagno di stanza su un altro letto e che poi è rimasto solo. Era in coma, si è letteralmente visto staccato dal corpo. È spaventoso come ci abbia descritto la stanza, una roba allucinante”. Perché la scelta di condividere le giornate di attesa con i follower su Instagram? “Non l’ho fatto per ricevere attenzione, ma per ricevere forza ed energia da donare a Erik. Ha funzionato parecchio. Quando si è svegliato, mi ha parlato dell’amore che ha avvertito da parte delle persone. Sapeva cosa avessi comunicato senza che io glielo avessi raccontato”.

Erik sottoscrive: “Nei sogni durante il coma mi vedevo sollevato da terra, avvolto da vapore. Era l’energia delle persone che mi vogliono bene. Mi è arrivata la vicinanza di tutti. Queste cose mi hanno guarito. Se non avessi ricevuto preghiere e pensieri della gente non ce l’avrei fatta”. E l’amore per Federica, a sua detta, ha fatto la differenza: “Durante il coma ho sentito qualcuno o qualcosa chiedermi: ‘Ma tu vuoi tornare?’. Mi sono passate davanti le immagini di tutta la mia vita: gli allenamenti, il campo, le cene con gli amici. Di primo impatto ho detto ‘A posto così’. Poi mi è stata mostrata Federica e ho capito di voler assolutamente tornare in vita. Lei è stata la mia decisione”.

Erik Crepaldi e Federica Prati
Erik Crepaldi e Federica Prati

Lei, dal canto suo, non ha mai smesso di crederci: “Ho vissuto alla giornata sperando che Erik tornasse da me. Ripetevo: ‘Non ci può lasciare, ma soprattutto non può lasciare me’. Mi sentivo uno schifo ma non l’ho mai smesso di sognare la notte. Lo sognavo arrabbiato, che mi chiedeva energia, che mi diceva cose tipo: ‘Non ti preoccupare che adesso mi vedi magro, poi ingrasserò’. Ho smesso di sognarlo il 1° ottobre, quando si è svegliato”.

Giornata inevitabilmente particolare quel 1° ottobre 2021: “Il 1° ottobre 2021 mi sono svegliato dal coma. Federica era lì e mi teneva la mano. Guardandomi negli occhi mi ha chiesto: ‘Erik, rispondi sì chiudendo una volta gli occhi o no chiudendoli due volte’. Sapendo di essere intubato e di non poter parlare, ho ascoltato le sue domande. ‘Erik, sai chi sono?’ la prima. Io, convinto di avere il Covid, ho pensato: ‘Ma cazzo, mica sono stupido, certo che so chi sei. Ho solo il Covid’, e ho chiuso una volta gli occhi. Poi: ‘Quindi sai che sono Federica?’, e io a chiuderli una volta ancora più forte. ‘Ma quindi sai anche chi sono papà e mamma?’ e via con gli occhi chiusi sempre più forte”. E il ritorno alla vita è partito step by step: “La prima volta che mi sono messo seduto l’ho fatto da solo, e i fisioterapisti sono rimasti stupiti. Ma dopo un minuto mi è venuto un mal di testa colossale e l’ho presa abbastanza male, essendo la prima difficoltà che affrontavo. Poi, accettando la situazione, ho deciso di provare a stare seduto quattro volte al giorno per un minuto: dopo una settimana riuscivo a stare seduto dieci minuti, dopo due settimane un’ora. Quando sono stato trasferito dall’ospedale al centro di riabilitazione già stavo a letto solo tre ore al giorno per dormire. Il resto della giornata stavo in sedia a rotelle. La mia formazione sportiva e l’abitudine a giocare a tennis in un certo modo mi hanno salvato la vita”.

Anche su questo Federica concorda in pieno: “È quel che i medici mi hanno detto subito. Se non fosse stato un atleta non sarebbe sopravvissuto”.

Il peggio è passato e adesso Erik è carico per riprendere l’attività tennistica: “Adesso mi posso muovere normalmente. Posso fare realmente tutto senza dolore, mi devo sbloccare in alcune cose. All’inizio avevo paura di andare incontro alla palla, ora che mi alleno da circa un mese riesco a fare 3-4 passi in avanti per colpire. Devo sbloccare la mente per ricordarle che sono capace e che è sicuro fare determinati movimenti. Mi fa un po’ male la spalla, ma con la sinistra, la mia mano dominante, riesco a far tutto. Ho tre edemi al posto destro, sto facendo punture e magnetoterapia, i medici dicono che tra un mese e mezzo potrò giocare anche il rovescio bimane. Stamattina ho iniziato addirittura a fare spostamenti”. L’obiettivo è chiaro: “Tra poco più di due mesi voglio ricominciare i tornei e poi giocare la Serie A”.

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