Madrid-Parigi 2007: il doppio schiaffo di Nalbandian

Nalbandian1

di Andrea Martina

2004-2010: tanto è durata la diarchia Federer-Nadal prima che arrivasse il terzo incomodo Djokovic a mandare in crisi prima l’uno e poi l’altro. Nelle retrovie abbiamo avuto una platea di tennisti eccellenti, chiamati spesso “i normali” che raggiungevano la posizione numero 3 del mondo e oltre non andavano. Tutti accomunati dalla stessa maledizione: vincere, arrivare fino in fondo e fermarsi puntualmente allo scoglio Federer-Nadal con tanti saluti agli elenchi dei vincitori diventati, ormai, sempre più monotoni.

Ma c’è stato un momento in cui questo regno ha vacillato, solo per due settimane, in una delle pagine più belle del tennis anni 2000. Per scardinare mostri sacri come Federer e Nadal ci sono due alternative: la prima (che stiamo vedendo tutt’ora) è aspettare l’arrivo di un altro mostro sacro, Djokovic, pronto a prendere il loro posto, mentre l’altra è sperare nella follia di chi non è mai riuscito a far andare d’accordo il talento con la continuità.

Il manifesto della follia applicata al tennis lo ritroviamo spostando il calendario alla fine del 2007: cemento indoor, due Master di fine anno prima della Masters Cup, David Nalbandian. Ancora oggi ci chiediamo increduli: ma cos’è che ha combinato?

Facciamo qualche passo indietro perché dopo anni nella top 10 quella stagione per Nalbandian era assolutamente da cancellare: fuori dai primi 20 del mondo, mai oltre agli ottavi negli Slam e come miglior piazzamento un misero quarto di finale nel torneo di Barcellona.
Con l’arrivo della parentesi indoor europea di ottobre la musica sembrava non cambiare minimamente già nel torneo di Vienna: al primo turno il nostro Stefano Galvani era andato ad un passo dal portarlo al terzo set (6/3 7/6) e nel match successivo un Wawrinka lontanissimo dal campione che è oggi lo aveva estromesso dal tabellone con un secco 6/1 al terzo set. Considerate queste premesse le aspettative per il torneo successivo a Madrid non potevano essere particolarmente ambiziose (Master che  solo dal 2009 si disputa su terra rossa in primavera). Nel primo turno con Clement, chiuso in tre set, le difficoltà emerse negli ultimi mesi non erano mancate, ma nel match successivo contro Thomas Berdych c’è stata, forse, la svolta decisiva: dopo aver battuto il ceco nel tiebreak del terzo set, Nalbandian nei match successivi è diventato un rullo compressore capace di eseguire un tennis geometrico, eccellente, mai visto prima dalle sue corde. Dopo aver vinto anche l’ottavo contro il connazionale Del Potro, a Nalbandian è riuscita un’impresa che solo due volte era accaduta nella storia del tennis: quella di battere nello stesso torneo i primi 3 del mondo. Nel 1994 c’era riuscito Boris Becker a Stoccolma (Sampras, Ivanisevic e Stich) e in quello stesso 2007 era già toccato a Djokovic (ancora 20enne) battere Federer, Nadal e Roddick al Master del Canada.
Il primo a finire sul tappeto era stato il beniamino di casa Nadal in un match surreale: 6/1 6/2 e c’è chi aveva usato giustamente l’espressione “Sembra che Nalbandian stia giocando alla playstation”, un exploit a cui comunque l’argentino ci aveva abituato (da sottolineare la finale a Wimbledon nel 2002 e la vittoria della Masters Cup nel 2005). Ma i fantasmi della sua discontinuità furono spazzati via prima con Djokovic e poi nella finale con Federer, un autentico capolavoro tattico:  dopo un 6/1 iniziale a favore del numero 1, Nalbandian aveva rimescolato le carte avanzando la sua posizione in campo e attaccando Federer con la sua migliore arma a disposizione, la risposta, che gli ha permesso di strappare il break necessario per vincere i successivi due set e aggiudicarsi il terzo Master in carriera.

Una piccola luce in fondo al tunnel che gli aveva permesso di ritornare nei primi 20 ed affrontare il torneo di Basilea con la pancia abbondantemente piena (anche qui a batterlo era stato Wawrinka). Nell’ultimo appuntamento dell’anno a Parigi-Bercy, noto per essere l’ultima spiaggia disponibile per qualificarsi alla Masters Cup di fine anno, Nalbandian partiva ancora una volta fuori dalle teste di serie ma con la consapevolezza di essere il tennista più “caldo” del momento.
Infatti già dai primi turni con Almagro e Moya l’impressione era proprio quella di trovarsi davanti ad una valanga pronta ad investire chiunque anche in quel torneo. La prova del nove era contro Federer già agli ottavi di finale, quattro giorni dopo il loro ultimo match: il canovaccio non cambiava con Nalbandian sempre molto aggressivo pronto ad inchiodare lo svizzero sulla diagonale di rovescio (il suo fondamentale più efficace) nel palleggio e a trovare angoli strettissimi in accelerazione: 6/4 7/6 e porte per la finale che, arrivati a quel punto, si spalancavano. Gli ultimi ostacoli si chiamavano David Ferrer (unico match al terzo set del torneo) e Richard Gasquet a cui sono stati concessi solo sei giochi. Questa paurosa striscia vincente nei Master aveva di fatto ribaltato il ruolo dell’altro finalista, Nadal, da favorito ad outsider. E se la prestazione di Madrid era stata particolarmente severa nel punteggio, quella di Parigi, ha avuto un risvolto umiliante con il secco 6/0 inflitto al maiorchino nel secondo set: troppo netto era lo strapotere tecnico e fisico raggiunto da Nalbandian, una trance agonistica che raramente si è vista sui campi da tennis.

Guardando questa storica parentesi restano, comunque, dei rimpianti. Alla fine del torneo di Parigi, Nalbandian aveva raggiunto la nona posizione a soli 55 punti da Gasquet, ultimo a qualificarsi alla Masters Cup. Sarebbe bastato qualche piazzamento più decoroso nel corso della stagione (solo 15 tornei giocati in tutto) per vederlo tra i primi 8 nel miglior momento della sua carriera in una competizione già vinta due anni prima. In quelle due settimane Nalbandian ebbe un bilancio di 7-0  con i tennisti che andarono a partecipare al Master finale, per due volte Federer e Nadal furono battuti, e all’elenco seguono anche Djokovic, Ferrer e Gasquet.
Per tutta la settimana di quella Masters Cup veleggiava l’ombra della riserva eccellente, Nalbandian, comodamente in poltrona ad assistere ai duelli delle sue vittime. Il torneo fu vinto in scioltezza da Federer, che dopo aver strapazzato Nadal in semifinale si impose sulla sorpresa David Ferrer nell’ultima finale 3 su 5 giocata in questa competizione.
E se ci fosse stato Nalbandian? Una domanda che resterà irrisolta, quasi a ripercorrere i tratti malinconici di un film noir. La matematica ci consegna un’altra storia, ma noi sappiamo che almeno in quelle due settimane Nalbandian è stato il numero uno del mondo e chi ha provato a mettersi di traverso è stato spazzato via senza capirci qualcosa.

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