Ancora 3 partite e poi conosceremo chi sarà il campione degli US Open 2025. Ivan Lendl che questo torneo lo ha vinto ben 3 volte, in un’intervista curata da Stefano Semeraro su La Stampa ha approfondito numerose tematiche legate allo Slam statunitense. Tra i tanti temi trattati non manca un’analisi di tutti e quattro i semifinalisti oltre che l’impressione di una netta somiglianza tecnica e fisica con Jannik Sinner.
LE PAROLE DI IVAN LENDL A “LA STAMPA”
“Sinner è il tennista nel quale mi rivedo di più. Quando perde, è una sorpresa”. Non potevano passare inosservate le parole di Ivan Lendl, una delle leggende più vincenti della storia del tennis, intervistato da La Stampa in occasione degli US Open 2025. L’ex numero uno del mondo – 270 settimane in vetta, 94 titoli tra cui 8 Slam – sarà presente a New York per premiare il vincitore del torneo. E, in attesa della finale, ha parlato ampiamente di Jannik Sinner, confrontando la sua parabola con la propria.
“Ho parlato con il suo coach Darren Cahill nei giorni scorsi – racconta Lendl – e gli ho detto proprio questo: fra tutti i tennisti di oggi, Jannik è quello in cui mi rivedo di più, specie per il fisico. Ero magro come lui da adolescente, e picchiavo più di tutti. Poi mi sono irrobustito e il mio tennis si è sviluppato. Jannik sta lavorando sulle volée, sul rovescio tagliato, sulla seconda di servizio… insomma, le somiglianze sono tante”.
Il paragone con Lendl non è da poco, e l’ex campione ceco-americano non si ferma qui: “Sul cemento sembra imbattibile. È vero che oggi tutti possono battere tutti, ma Jannik e Carlos (Alcaraz) sono superiori e quando perdono è una sorpresa”.
Parlando delle possibili insidie, Lendl cita Felix Auger-Aliassime – avversario di Sinner in semifinale – come uno di quei giocatori “che possono battere chiunque, una volta. Ma il punto è: che cosa succede se giocano dieci volte?”. Aggiungendo: “Giocatori potenti come lui e Bublik possono occasionalmente metterli in difficoltà, ma Sinner e Alcaraz restano più solidi di chiunque”.
C’è spazio anche per una riflessione sull’impatto di Darren Cahill: “Ha tanta esperienza e ha avuto grandi successi. Ma non conosco il team e non posso giudicare. La cosa importante è che Jannik gioca sempre meglio. E il merito è suo”.
Alla battuta di Bublik, che ha detto che Sinner sembra un giocatore costruito con l’intelligenza artificiale, Lendl risponde con filosofia: “È un grande complimento: vuol dire che sei molto forte, che non sbagli una palla. In fondo conta quello. È tennis, non pattinaggio artistico”.
Sinner, per Lendl, impressiona per la sua fame di migliorarsi: “Non lo conosco di persona, ma sembra avere il desiderio di migliorarsi sempre. Ed è una grande qualità. Se smetti di farlo, gli altri iniziano a batterti. E lui lo ha capito”.
Su possibili punti deboli, l’ex campione si riserva: “In passato ho visto che era vulnerabile, ma ora dovrei guardare le statistiche. Migliora in continuazione”.
Inevitabile anche un confronto con il proprio passato. Lendl sarà sul palco delle premiazioni a Flushing Meadows, esattamente 40 anni dopo il suo primo trionfo agli US Open: “Non ricordo troppo. McEnroe mi aveva battuto a Montreal quell’estate, quindi fu simile all’anno prima, quando vinsi a Parigi dopo che mi aveva battuto a Dusseldorf e al Torneo dei Campioni”.
Il giornalista prova a forzare il parallelo tra i duelli Lendl–McEnroe e quelli odierni tra Sinner e Alcaraz: “Sono i due più forti al mondo, è un bene per il tennis, ma… quante volte si sono incontrati?”. Alla risposta “15 volte”, Lendl sorride: “Allora hanno ancora molta strada da fare. Io e John ci siamo sfidati 37 volte, gliene mancano 22 prima che si possano fare paragoni!”.
Un commento finale è dedicato a Novak Djokovic, semifinalista a 38 anni: “Non mi sorprende. È quello che ti aspetti da lui. È in forma, sa leggere le partite come nessun altro, conosce le superfici ed è un grande stratega”.
E infine, una breve riflessione sul rovescio a una mano di Lorenzo Musetti: “Non è passato molto da quando Federer ha dimostrato che si può fare. Io, se rinascessi, vorrei il rovescio a due mani, ma Roger ha dimostrato che anche il monomane può funzionare”.