Iga Swiatek, cambiare le intenzioni prima ancora dei colpi

Finalmente è vera continuità. Dopo il 2020, anno del trionfo al Roland Garros, Iga Swiatek aveva esageratamente alzato l’asticella dichiarando di puntare a raggiungere una consistenza simile a quella di Nadal, Djokovic e Federer. Un obiettivo davvero ambizioso, in piena linea con la personalità di Iga, che di accontentarsi non ne ha mai voluto sapere. Il primo ricordo che torna alla mente è quello di una chiacchierata a Lugano, dove reduce dal successo a Wimbledon Junior dell’anno prima, confidò di essere disposta a tornare a studiare se non fosse stata in grado di vincere un titolo slam entro tre anni. Per fortuna quel trionfo arrivò giusto l’anno dopo a Parigi. 

Il 2021 della polacca ha lasciato l’amaro in bocca, nonostante qualcuno abbia provato a raccontarlo come un anno mirabolante. Va riconosciuto che Swiatek ha raggiunto la seconda settimana in tutti gli slam, ma a bilancio vanno tre ottavi di finale ed il quarto di finale del Roland Garros, dove si era ritrovata ad essere la favorita dei bookmakers nelle fase finali. Poco male, alla fine seppur con un titolo slam in tasca, Swiatek ha all’attivo poco più di due stagioni sul circuito maggiore.

La nuova stagione è iniziata sotto l’ala del nuovo coach Tomasz Wiktorowski, che ha rilevato la posizione di Piotr Sierzputowski. Le WTA Finals di Guadalajara avevano rappresentato un campanello d’allarme, dalla Polonia era arrivato più di qualche segnale di emergenza. Ad inizio dicembre Swiatek ed il suo team hanno tenuto una conferenza stampa a Varsavia, la volontà sembrava quella di voler ripartire con la squadra di sempre, ma dopo qualche giorno è arrivata la notizia della fine della collaborazione con Sierzputowski. La situazione era semplicemente compromessa, gli ultimi mesi erano stati un incubo per alcuni membri del team, non c’era più ombra di serenità. Questo a riprova di quanto non si tratti solo di tennis giocato, ma anche di equilibri umani. Da non dimenticare poi l’importanza della psicologa Daria Abramowicz, che dal 2019 viaggia a tempo pieno con Iga e sembra essere il membro intoccabile della squadra, tant’è che in alcuni momenti in patria anche la sua figura è stata messa in discussione.

L’ex coach di Agnieszka Radwanska ha approcciato bene l’avventura con la numero uno di Polonia, chiamata a ripartire dalle sue certezze. La partenza per l’Australia è stata immediata ed ecco che nella terra dei canguri la priorità è stata quella di non fare troppa confusione. Swiatek ha continuato sulla strada già tracciata e ha provato a massimizzare i suoi punti di forza, invece di andare a forzare l’uso del back e tentare discese a rete estemporanee per evidenziare un’aggressività non ancora conseguita. Il suo Australian Open si conclude in semifinale per mano di Danielle Collins, non solo il tipo di giocatrice aggressiva che lei soffre sulle superfici rapide, ma anche una di quelle che fa uscire la palla più veloce dalle corde.

Archiviata la soddisfacente trasferta Down Under, Swiatek è tornata a Varsavia, cosa che farà per qualche giorno anche dopo il successo nel WTA 1000 di Doha. In patria la giocatrice classe 2001 ha avuto tempo per poter lavorare con più attenzione: “Quando mi alleno a casa è completamente diverso da quando mi alleno sul tour. Sono felice delle ultime settimane, anche perché io, Tomasz ed il resto del team abbiamo consolidato il nostro rapporto. Siamo tutti molto felici”. Le giornate di Dubai e del trionfo al Qatar Total Energies Open, hanno evidenziato il cambio di atteggiamento di Swiatek. Riesce finalmente ad essere più aggressiva, ma come lei stessa conferma, si tratta più dello status mentale che di una vera rivoluzione nel suo tennis. Dopo la vittoria in tre set su Golubic all’esordio, Iga ha innestato una cavalcata che per certi versi ha ricordato la marcia trionfale agli Internazionali BNL d’Italia dello scorso anno. Dopo l’Australia è arrivato il primo cambio di intenzioni ed il modo in cui ha gestito avversarie a lei scomode come Sabalenka e Sakkari è la controprova di un cambiamento, che ancora non è passato però dall’innesto di una rivoluzione tennistica, ma dalla valorizzazione di ciò che aveva in cascina

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