Fonseca e Mensik, nessun passo indietro: crescere non è una corsa

L. Ercoli
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Jakub Mensik - Foto Phamai Techaphan/Shutterstock

Un piccolo passo indietro, torniamo ad aprile. Dimenticatevi Draper, Shelton, Rune. I nomi sulla bocca di tutti sono due: Joao Fonseca e Jakub Mensik, presentati come gli unici capaci di impensierire – in un imprecisato futuro – il duopolio formato da un sospeso Jannik Sinner e da Carlos Alcaraz. Ora, qualche mese più tardi, entrambi salutano lo US Open 2025 già al secondo turno. Un altro passo falso in una “collezione” primavera-estate che non li ha visti protagonisti. Cos’è successo? Un’allucinazione collettiva? Colpa loro? Semmai la colpa è “nostra” e di un sistema che corre troppo nel voler trovare la “next big thing”, dimenticando le tappe naturali del percorso di un teenager e le caratteristiche uniche a ogni giocatore. 

Partiamo dai profili. Jakub Mensik, classe 2005, numero 16 del mondo, ha vinto il Masters 1000 di Miami a fine marzo, battendo nel percorso Draper, Fils, Fritz e Djokovic. L’altro è Joao Fonseca, classe 2006, che ha chiuso il 2024 trionfando alle Next Gen ATP Finals, e ha poi centrato l’ingresso nel tabellone dell’Australian Open, dove ha eliminato Rublev al primo turno prima di arrendersi a Sonego. Dai Challenger al grande palcoscenico in un attimo.

E questo è il tratto comune tra tutti i nuovi big: un’ascesa lampo. Incredibile per Sinner, Alcaraz e Rune. Altrettanto immediato il salto di Shelton dal college al tour. Rapidi anche Fils e Musetti. Draper ha avuto bisogno di più tempo, ma alla fine è arrivato. Il punto, però, è che la velocità di ingresso nel circuito è solo l’inizio. Arriva sempre uno scoglio: serve ampliare l’arsenale, cambiare metodi, adattare la vita fuori dal campo. Per Sinner e Alcaraz, il punto di svolta è stato l’ingresso in Top 10. Rune, finito l’effetto sorpresa, ci sta facendo i conti ora. Shelton sta trovando le risposte. Draper le ha cercate a lungo. Musetti ha incontrato i suoi limiti intorno alla Top 20, qualcosa di straordinario ma sottovalutato in patria per la coesistenza con Jannik.

Nella frenesia di trovare subito un rivale all’altezza dei due di testa, non bisogna sorprendersi che più tennisti giochino bene. Ne abbiamo già nominati sette, e non va dimenticato chi è già in alto: a questo livello nessuno è uno sprovveduto totale. Jannik ha fatto bene a rimarcarlo, ricordando come arrivare a disputare tutte queste finali con Alcaraz non sia proprio una passeggiata. Ovvio, non tutti questi prospetti manterranno necessariamente le promesse. Niente di nuovo, ogni generazione ha i suoi punti interrogativi.

Joao Fonseca
Aug 25, 2025; Flushing, NY, USA; Joao Fonseca of Brazil in action against Miomir Kecmanovic of Serbia in the first round of the men’s singles at the US Open at Billie Jean King National Tennis Centre. Mandatory Credit: Mike Frey-Imagn Images/Sipa USA

Fonseca: finora è bastato l’entusiasmo 

Colpi esplosivi, spensieratezza, coraggio e una folla di tifosi brasiliani alle spalle. Non c’è da stupirsi se Fonseca ha conquistato subito il pubblico, candidandosi a furor di popolo a un posto da futuro big three. La sua potenza spettacolare salta facilmente all’occhio, più di altre caratteristiche altrettanto importanti: è naturale per un tifoso pensare a lui come possibile antagonista di Sinner e Alcaraz. Ma serve molto più di questo. Ci sono altri fattori, alcuni intangibili, altri semplicemente meno entusiasmanti. La vittoria di inizio anno su Rublev è stata impressionante, ma il russo è un avversario che si presta a questo tipo di giocatore, non a caso il primo Sinner si trovava a meraviglia nello scontro diretto con Andrey.

Due secondi turni e due terzi turni nei primi quattro Slam sono comunque un bilancio positivo. Siamo in linea con Sinner e Alcaraz, se non fosse che alla quarta presenza entrambi avevano già fatto un quarto (Sinner al Roland Garros 2020, Alcaraz allo US Open 2021). Intanto Fonseca si è già preso un titolo ATP a Buenos Aires ed è entrato in Top 50. Ha superato ampiamente i suoi coetanei.

Cosa serve per un passo in più non è un mistero, ed è stato ben evidente anche nell’imbarcata presa contro Tomas Machac con il punteggio di 7-6(4) 6-2 6-3. Sviluppare una maturità tattica, in primis. Saper rallentare il gioco, soprattutto dal lato del rovescio, dove l’impulsività lo tradisce sugli impatti alti, specie contro chi carica molto con il topspin. E poi la gestione dei blackout, che forse è proprio figlia di tutti i punti precedenti e di un’incapacità di cambiare rotta se il piano di inizio partita non sortisce effetti. A livello di classifica, il primo ostacolo vero deve ancora arrivare: c’è margine per salire ancora giocando così. Poi l’entusiasmo non basterà più. 

Mensik: manca il colpo alla “Del Potro”

La sua classifica è già più solida. C’è stata la fiammata, non poi così casuale nel contenuto del campo, di Miami e un bilancio di otto vittorie contro i Top 10 nelle ultime due stagioni. La parentesi Challenger è durata non più di un anno e mezzo, seguita da un problema al gomito nel 2024. Il problema, attribuito al servizio, ha portato a una rivoluzione del colpo: merito del coach Tomas Josefus e del preparatore Mark Kovacs, che hanno lavorato sulla coordinazione del gesto. La battuta non ne è uscita ridimensionata, mantenendo forza ma aggiungendo varietà. Anche nello scambio, il dritto è solido e gli permette di spingere ma anche difendersi.

A Miami ha mostrato di saper reggere la pressione. Con i suoi 196 cm è un giocatore che può — e deve — diventare più aggressivo. Perché sì, sa difendersi, ma sul rosso o contro certi avversari può arretrare troppo. E sulle lunghe distanze, contro Sinner e Alcaraz, potrebbe soffrire, anche perché al momento manca quel colpo definitivo “alla Del Potro” che possa accompagnare il servizio. Sarebbe stato utile nei cinque set del secondo turno newyorkese contro Ugo Blanchet (6-7 7-6 3-6 6-4 7-6) e chissà che l’esito non sarebbe potuto cambiare.

Per entrambi la stagione 2026 si annuncia affascinante. Fonseca e Mensik attendono ancora il grande esame, quello contro Jannik e Carlos. Solo lì capiranno davvero a che punto sono. Ma state certi: indipendentemente da quanti titoli vinceranno, saranno parte integrante dello show del Tour.

 

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