Adelchi Virgili: “La più grande motivazione è in me”

Adelchi Virgili (foto Panunzio)
di Luca Fiorino (@LucaFiorino24)
“Come un attore di teatro recita la propria parte al meglio delle proprie capacità, io allo stesso modo spero di riuscire ad entusiasmare chi mi guarda”. Adelchi Virgili, fiorentino classe 1990, ha ottenuto il pass per il torneo di pre-qualificazione agli Internazionali BNL d’Italia, in programma al Foro Italico dal 30 aprile al 5 maggio 2016. In un tennis sempre più stereotipato per fortuna esiste ancora qualcuno che possiede l’arte di far emozionare. Perché vincere titoli Atp o aver avuto una carriera da top 10 spesso e volentieri non basta per entrare nel cuore di chi ti vede. Il Signor Adelchi d’altronde ne è l’esempio più lampante. Ai veri appassionati non importa del ranking o dei risultati. La gente vuole vedere spettacolo, ricerca emozioni che solo i grandi artisti della racchetta sanno regalare. Ed anche “Bobo”, a suo modo e col suo stile di gioco e di essere, rientra in tale categoria. Abbiamo contattato Virgili alla luce di quanto fatto ai campionati toscani assoluti indoor – IV trofeo Centro Arredotessile, organizzati sui campi coperti del Match Ball Firenze. Un cammino piuttosto tormentato così come ci spiega in questa lunga ma interessantissima intervista: dalla prossima partecipazione al Foro Italico ai suoi obiettivi futuri, senza dimenticare di disquisire di tematiche attuali quali il doping o del rapporto papà-coach nel tennis. Ai microfoni di Spazio Tennis, Adelchi si è raccontato a 360 gradi.
Giocherai nelle prequalificazioni degli Internazionali d’Italia BNL 2016: ci racconti come è stato il cammino sino alla finale?
“Avevo l’influenza già da inizio torneo. Ho resistito finché ho potuto anche se con 38 di febbre non era facile. In finale ci ho provato ma poi mi sono reso conto che ero già andato oltre il mio limite. Un po’ di esperienza da quel punto di vista ormai l’ho maturata e quindi ho intelligentemente preferito fermarmi invece che proseguire. La notte non avevo chiuso occhio ed ero quasi tentato di non scendere proprio in campo. Poi, per rispetto delle persone che venivano a vedere, ho cercato di onorare la finale ma a metà del primo set avevo alzato bandiera bianca. Ho portato avanti un po’ i game anche ad inizio secondo set ma ero già a casa fisicamente. Detto questo mi ha fatto piacere giocare contro Jacopo (Stefanini) perché è un ragazzo che conosco bene. È giovane, l’ho visto migliorato molto e spero vivamente che possa raggiungere i suoi obiettivi anche nel breve tempo”.
Pensi sia futuribile?
“Chiunque lo è se ha le basi, ci crede e lavora con passione”.
Calcare i campi del Foro Italico immagino sia sempre una forte emozione. Con quale spirito ti presenterai?
“Il mio spirito rimane intatto. Cercherò di arrivare al meglio mentalmente e fisicamente. Sarà una tappa importante che servirà anche a darmi maggior slancio per i miei prossimi obiettivi. Considero le prequalificazioni un torneo differente dal punto di vista dell’approccio mentale rispetto quelli che sono poi i tornei definiamoli “tradizionali”. Il Foro rimane una magnifica vetrina da sfruttare in cui proverò a dare il meglio di me”.
Se ti accostassi il nome di Gianluca Naso a quello delle prequalificazioni cosa mi risponderesti?
“Con lui c’è questa bella competizione quando ci troviamo in campo. È alquanto singolare il fatto che al Foro per due volte ci siamo incontrati all’ultimo turno. Considerando che questa sarà la mia quarta apparizione sui campi di Roma è curioso”.
Visti i risultati è una bestia nera per te ma anche per lui…
“Forse perché ho un gioco che non è proprio congeniale al suo tennis. Lo avverto anche in campo devo ammettere, e mi fa piacere sottolineare che siano sempre uscite fuori belle partite. Al Foro entrambi i match sono terminati al terzo set, nell’ultimo scontro ho avuto qualche chance in più. Ricordo che andai a servire per il set e poi lo persi, vinsi il secondo ma poi Gianluca con merito portò a casa la partita. Poi proseguì molto bene nelle successive partite di quali dando vita a match molto combattuti”.
Quali sono i tre aspetti che secondo te sono maggiormente determinanti per un tennista di alto livello?
“Il tennis è cambiato tanto, possiamo dire che muti anche mese dopo mese. Per me l’aspetto fondamentale che predomina su tutti è quello psicofisico, sul campo e fuori. Ognuno poi ha la propria personalità e non siamo tutti uguali, però se il tuo equilibrio psicofisico è buono ti permette di lavorare bene per essere poi pronto in partita. Non bisogna tuttavia tralasciare l’aspetto tecnico sebbene sia un qualcosa che se vogliamo è migliorabile anche per chi è un pochino meno dotato. Oggi oramai tutti giocano bene, c’è poi chi è più naturale o più costruito. Sono stato ultimamente a Delray Beach, era tanto che non assistevo ad un torneo Atp e ho notato una cosa: non è tanto la potenza dei colpi che cambia rispetto ai tennisti di un livello più basso, quanto le rotazioni, l’aspetto fisico ed una maniera di giocare più giusta, ovvero saper modulare i propri colpi. Poi come terzo aspetto ci metto anche la fortuna che non guasta mai, ma anche questa va ricercata a mio avviso”.
Sei uno dei giocatori più acclamati tra i vari tennisti italiani nonostante la classifica. Avverti una sorta di “amore” nei tuoi confronti da parte degli appassionati?
“Cerco sempre di viverci nell’amore. Se attraverso il mio tennis riesco a rendere felice qualcuno non posso che esserne contento. È come se fossi un attore di teatro che recita una parte al meglio delle proprie capacità. Io spero di riuscire a trasmettere qualcosa risultando agli occhi degli altri sincero, poi se piace lo spettacolo bene, se non è gradito vorrà dire che apprezzerà qualcun altro. La più grande motivazione è sempre dentro di te”.
Quali sono i tuoi programmi da qui ai prossimi mesi?
“Da lunedì ho iniziato la preparazione atletica, era circa un anno che lavoravo sotto altri aspetti per recuperare da un grosso infortunio e per questo non ho avuto modo di metter dentro la giusta benzina nel mio corpo. Di comune accordo col mio team abbiamo deciso di giocare un pochino di più, anche solo per stare dentro la mentalità del torneo. In queste due-tre settimane a disposizione proveremo a lavorare bene sul mio fisico dopo il forte trauma dello scorso anno”.
Una domanda che ti sentirai fare ogni giorno: cosa saresti diventato senza questi continui problemi fisici?
“Non saprei. Certe volte quando sono in campo percepisco che sarebbe potuto esserci qualcosa di grande. Non lo posso negare, non mi piace essere falso o ipocrita. Io comunque ci provo sempre, il fatto che io stia ancora qui è perché ci credo molto. Nonostante gli infortuni il fatto di essere usurato meno a livello mentale può far sì che io riesca a ritrovare e quindi evolvere tennisticamente qualcosa dentro di me. La strada è ancora molto lunga. Debbo dire però che mi hanno aiutato anche in altro”.
Senza entrare nel personale, in cosa ti hanno aiutato gli infortuni?
“Sono stati di grande aiuto per altro. Cerco sempre di cogliere il lato positivo delle cose. Penso che la sofferenza faccia parte dell’uomo e che poi trarne una motivazione forte per migliorarsi costituisca l’aspetto più importante. Gli ostacoli possono essere visti come una montagna insormontabile oppure come una strada che ti costringe a metterti in cammino e a salire fino in cima. Una volta arrivato dall’alto vedi meglio le cose, no?”.
Com’è Adelchi fuori dal campo? Hai hobby particolari?
“Il mio hobby è il tennis perché rappresenta il mio presente, poi so che se facendo bene le mie cose nel tennis e parallelamente ad esso costruisco qualcosa. Il tutto preso senza stress e con pazienza cercando di non lasciarsi trasportare dai periodi negativi. Fuori dal campo posso provare a crescere come persona e come uomo anche con persone totalmente estranee al mio sport. Stare nella natura e riscoprire le cose reali della vita mi consentono di stare bene con me stesso e mi aiuta perché no anche nel mio lavoro. Non mi sento depresso, non vado alla ricerca della felicità ma di un mio benessere”.
Vicenda doping: cosa ne pensi del caso Sharapova? 
“Non sono rimasto affatto scandalizzato. Non è nulla di nuovo, spero che lei stia bene ma dal mio punto di vista posso solo giudicare la situazione. È come nella vita, ognuno può usare degli escamotage a suo rischio e pericolo. Non è un’accusa quella che faccio, sia chiaro. Tengo a sottolineare che solo col doping non diventi numero uno al mondo seppur ti dia una bella spinta. Lessi qualcosina sul prodotto in questione, so che copre altre cose e quindi lì fai uno più uno… Quando ero più piccolo sono andato in conferenze dell’antidoping in cui veniva detto di fare tutto il possibile ma gli “scienziati” del doping sono almeno 5 anni avanti a noi. Una volta scoperto un “antidoto” hanno trovato già una via alternativa”.
A proposito della bella Maria e di foro: mi fa una tua personale top 3 del circuito WTA dal punto di vista estetico?
“Non mi espongo. Le tenniste non mi fanno impazzire, sono sincero. Alcune non ho neanche avuto modo di conoscerle per cui non saprei darti una classifica. C’è il lato fisico che ovviamente mi prende ma mi preme più quello umano. Posso dirti che mi interessano altre tipologie di donne, quelle con la d maiuscola”.
Com’è essere allenato dal proprio padre? Quali sono i pro e i contro a tuo modo di vedere?
“Dipende soprattutto dall’età del giocatore. Un aspetto positivo è che è la persona che ti conosce meglio, a meno di rarità che possono sempre esistere. Più vado avanti e meno trovo il contro sinceramente. Col tempo, capendo certe cose, non ne vedo di aspetti negativi. Posso però capire che a un certo punto della propria carriera, ma non è il mio caso, uno possa aver bisogno di altre persone, quello sì. Se tuo padre è una persona intelligente che ci capisce e ti conosco bene, non c’è cosa più bella al mondo. Perché quel legame, quel rapporto sanguigno non potrai mai averlo con nessun altro. Non nascondo che per qualcuno possa essere controproducente. Padri allenatori che ho avuto modo di conoscere, sia in campo maschile che femminile, li ho trovati molto simili per certi aspetti. C’è un rapporto carnale fortissimo che però delle volte chiudeva in sé stesso il giocatore come in un guscio non permettendogli di vivere il di fuori. Ma non era qualcosa fatto per causare del male ma che comunque limita molto umanamente. Dal canto mio mio padre non è stato così, anzi è una figura di riferimento per me nonostante io sia un coglione e cerchi di fare di testa mia. Cerco il meglio sin da quando ero piccolo, a volte ho avuto l’effetto opposto facendo peggio ma sempre con l’obiettivo di ottenere il massimo da me stesso”.
Come mai sei poco social?
“Sono molto social, vivo nella società. Scherzi a parte non mi interessa molto sinceramente. Avevo Facebook quando ero poco più che maggiorenne ma poi lo levai perché tanto non me ne facevo nulla. Spesso aiuta a far crescere il proprio ego quando sarebbe il caso di tenerlo un pochino più a bada. È una sorta di specchio della propria debolezza”.
Costruiamo assieme il giocatore perfetto…
“Premetto che non guardo tantissimo tennis in televisione e che quelle volte che lo faccio e vedo qualcosa di bello mi dico ‘bene, ora provo a farlo anche io’. Rispondendo alla domanda ti dico: diritto di Federer, rovescio di Djokovic, servizio vado sulla concretezza e nomino Raonic mentre la volèe permettimi uno strappo alla regola e ti sparo McEnroe. Vedevo l’altro giorno per caso su SuperTennis una sua partita e le giocava con una naturalezza incredibile. Se avessimo preso in esame anche giocatori del passato ti avrei nominato tutti ex tennisti perché amavo maggiormente il tennis di prima ma non torno indietro e ti confermo questi nomi (ride,ndr)”.
Ti senti un po’ il precursore di Quinzi? Ovvero grande talento a livello juniores che poi ha avuto difficoltà nell’emergere?
“Non si può paragonare la mia storia a quella di Gianluigi perché lui è stato numero uno al mondo ed ha vinto Wimbledon. Io rispetto a lui non ho fatto nulla. Ho ottenuto risultati a livello nazionale, ero forse in procinto di essere qualcosa ma non posso accostarmi a lui. Gianluigi ha fatto tantissimo, ha subito tanta pressione, cosa che non ho avuto io. Lo conosco, gli voglio bene davvero perché ho condiviso con lui dei bei momenti e lui come tutta la sua famiglia è gente in gamba.  Lui ha appena 20 anni e ne ha di strada fare. Spero solo che continui a giocare con la passione verso il tennis. Capisco che da piccolo giocavo bene a tennis, cosa di cui me ne sono accorto solo più avanti. Tra l’altro siamo due personalità tennistiche differenti ed è anche per questo che in doppio mi trovo molto bene assieme a lui. Anzi spero proprio di giocare con lui in futuro”.
 
 
 

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