Del Potro stoico, ma la Davis è spagnola


di Sergio Pastena
C’è stato un momento nel quale la Spagna ha avuto paura. E’ stato all’inizio del secondo set quando Del Potro, dopo aver vinto il primo, si è trovato avanti di un break e 40-0 sul proprio servizio (che ha finito col perdere). Nadal fino a quel momento sembrava impotente e la partita si stava sviluppando in maniera atipica per il maiorchino: era infatti l’argentino a fare il gioco, mentre lo spagnolo non riusciva a mettere vincenti e, in generale, dava poca profondità ai colpi a fronte delle fucilate dell’avversario.
Nadal si è tirato fuori da quella situazione come solo lui sa fare: col cuore e col mestiere. Visto la difficoltà di portare avanti un gioco profondo, dettata anche e soprattutto dal fatto che rimandare indietro gli scud di Del Potro non era affatto facile, ha cominciato a cercare gli angoli e, alla fine, ha portato a casa un preziosissimo secondo set, complice anche uno sciagurato doppio fallo di Del Potro sul 4-5 30-30. A quel punto la Spagna ha vinto la Davis.
Qualche spagnolo avrà avuto paura anche nel quarto set, quando un Del Potro riposato dopo il black-out del terzo ha ripreso a martellare fino ad arrivare a servire sul 5-3. Gente che non conosce Nadal, evidentemente: a prescindere dal fatto che nel quinto sarebbe stato strafavorito, il parziale di tre punti del maiorchino che lo ha portato a servire per la Davis sul 6-5 non è stato affatto sorprendente. E persino il break di Del Potro e il tie successivo vinto a zero dal mancino di Manacor rientrano nei suoi standard: partite del genere Nadal alla fine le vince e le vince generalmente in questo modo, salvo che non abbia di fronte Djokovic.
All’Argentina, così, è rimasta ancora una volta in gola la sua prima Coppa Davis. Dopo il doppio di ieri i più smaliziati sapevano benissimo che quel 5-10% di possibilità rimasto ai sudamericani dipendeva solo da una vittoria veloce di Del Potro. Il singolo decisivo, infatti, probabilmente avrebbe visto in campo Nalbandian, uno che la Davis la sente tanto e che al meglio è più forte di Ferrer (che, comunque, certo non sarebbe partito battuto).
Così non è stato, per la Spagna missione compiuta. Poco da dire riguardo i capitani: anche la decisione di Tito Vazquez di mandare in campo Monaco è inappuntabile da un punto di vista strategico.
Restano tre cose:
1) Il solito immenso cuore di Ferrer, capace contro Del Potro di portare a casa il “vero punto della vittoria”;
2) Un’Argentina che perde ma a cui va dato l’onore delle armi, a partire da Monaco che si è sottoposto senza battere ciglio al martirio per “ragioni di stato” passando per il doppio per arrivare a un Del Potro che ha davvero dato tutto;
3) Una nazionale, quella spagnola, che continua a fare paura. Prima nettamente nella classifica per nazioni, tre trionfi negli ultimi quattro anni (cinque dal 2000), è espressione di un dominio che va al di là del “fattore Nadal” se è vero che, nel 2008, il trio Ferrer-Lopez-Verdasco andò a prendersi l’insalatiera in Argentina.

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