A più di un anno dal giorno in cui ha riposto la racchetta nel borsone per l’ultima volta (il doppio perso in coppia con Dan Evans alle Olimpiadi di Parigi 2024), Andy Murray ricompare con un’aria sorprendentemente serena.
Non c’è più la rigidità dei corridoi dei tornei, le rughe frutto della tensione di un match. Appare un uomo entusiasta di potersi considerare un ex atleta da un anno e un paio di mesi, che si concede il lusso di lasciarsi alle spalle la pressione delle aspettative, ma che ha già abbracciato una nuova passione: il golf come ha raccontato in una chiacchierata a The Romesh Ranganathan Show.
FUTURO NEL GOLF?
Capita spesso che, una volta diventati ex atleti, riaffiori la nostalgia della competizione. È comprensibile: per quasi due decenni hanno scandito la loro vita inseguendo obiettivi, programmando stagioni e vivendo di risultati. Come racconta, l’ex numero 1 britannico e vincitore di Wimbledon nel 2013 ha lasciato ogni pressione al passato intraprendendo un percorso nuovo dedicato al golf. Una curiosità da esplorare per cui – come dice – non esclude un futuro dedicato campi: “È uno sport che mi appassiona profondamente. E più lo frequento, più penso che affiancare un grande giocatore nei suoi momenti chiave sarebbe incredibile. Collaborare sulle decisioni, sulla strategia, su come affrontare un colpo importante… sarebbe un privilegio. Un modo diverso, ma intenso, di restare nel mondo dello sport”.
LA PRESSIONE E LE ASPETTATIVE NEL TENNIS
Ripercorrendo i tratti più delicati della sua carriera, l’ex numero 1 del mondo è tornato ai tempi del debutto, alle aspettative e alle pressioni di quando i media, sin da giovane, lo etichettavano come “erede” di Tim Henman: “Ripensandoci, se a diciotto anni qualcuno mi avesse detto che avrei giocato una finale di Wimbledon, non mi sarei posto alcuna domanda. L’avrei solo vissuta. Ma quando davvero arrivi lì, scopri che la cornice ti schiaccia: devi vincere, devi dimostrare. E se non lo fai, ecco che partono subito le analisi: ‘Non sei abbastanza forte? Non giochi abbastanza bene?’. È la doppia faccia dello sport: meraviglioso, ma feroce”.
Una ferocia di fronte a cui Murray però non ha rimpianti, perché, come racconta, ha sempre avuto la consapevolezza di essersi fermato al momento più adatto: “È come se solo dopo mi fossi accorto dell’enormità di quello che avevo fatto”, dice, lasciando trasparire la sorpresa di chi rilegge la propria carriera con occhi finalmente liberi dalla frenesia del presente.
RAPPORTI RICOSTRUITI CON I MEDIA
Una delle costanti della carriera di Murray è stato il rapporto pieno di alti e bassi con i media, che spesso l’hanno percepito come un giocatore “freddo”, a tratti troppo serio e anche polemico. Ora, da ex atleta, si è lasciato tutto alle spalle adottando un’altra prospettiva: “All’inizio della mia carriera, ogni tentativo di esprimermi veniva amplificato, distorto, e montava un caso. Era logorante. Mi ha spinto a chiudermi, a parlare il minimo, a concentrarmi solo sul campo. Oggi, invece, sento che tutto è cambiato: non solo io, ma anche il modo in cui il contesto attorno a me reagisce. E questo rende la vita dopo il tennis molto più piacevole di quanto immaginassi”.