Luca Sbrascini: “Negli under 12 la formazione viene prima di tutto”

doppio maschile

(da sinistra a destra: Niccolò Ciavarella, Daniele Minighini, Nicolò Tresoldi e Giammarco Gandolfi)

di Giulia Rossi

Si è appena conclusa l’8^edizione del torneo internazionale Tennis Europe “Città di Padova”, che ha visto le vittorie di Giammarco Gandolfi e Georgia Pedone: cogliamo l’occasione per raccogliere il parere del tecnico federale Luca Sbrascini sulla settimana appena trascorsa e sulla condizione complessiva del Team Italia, ovvero quel gruppo di ragazzi supportati tecnicamente dalla Federazione in trasferte come questa.

Luca, la prima cosa che ti chiederei è di fare un bilancio sulla settimana appena trascorsa a Padova.

Il bilancio finale del torneo per quanto riguarda i ragazzi del Team Italia è decisamente positivo, perché abbiamo vinto entrambi i tabelloni con i nostri migliori giocatori. Forse il tabellone maschile era un pochino più competitivo di quello femminile, ma non sono mancate le conferme: Gandolfi e Tresoldi nel maschile, la Pedone e la Martinelli nel femminile. Questo significa che il lavoro che stiamo portando avanti con il settore tecnico sta dando i suoi frutti. Diciamo che dopo le indicazioni di questo inverno con la Winter Cup, in cui è andata molto bene con i maschi, un pochino meno bene con le femmine, partiremo per la Summer Cup a metà luglio con un po’ di fiducia in più. Io personalmente mi ritengo soddisfatto sia dei maschi che delle femmine anche perché in questo periodo abbiamo svolto dei tornei all’estero con il settore maschile, ad esempio ad Umago,o a Barcellona dove abbiamo vinto il torneo. Ora lavoriamo per andare avanti e far crescere al meglio possibile questi ragazzi, questo è l’obiettivo principale, assieme al fatto di creare una collaborazione forte con i loro maestri. Questo è il fulcro del nostro lavoro: riuscire a collaborare e a supportare l’azione dei maestri che ovviamente hanno le loro difficoltà ad allenare atleti di valore.

Quali ragazzi avete seguito a Padova e chi di loro si è messo in luce?

Il Team Italia qui era formato al maschile da Gandolfi, Minighini, Ciavarella, Bilardo, Tresoldi e si sono comportati tutti molto bene: Gandolfi ha vinto il singolare, Minighini e Ciavarella hanno vinto il doppio. Per quanto riguarda le ragazze, quindi parliamo di Pedone, Ferrara, Martinelli, Valletta, Bernardi, anche loro hanno confermato le buone prestazioni già viste in altri tornei. C’è da dire purtroppo che la formula del Tennis Europe under 12 è quella di un tabellone a sorteggio integrale, quindi come è successo qui Martinelli e Ferrara, che sono tra le migliori atlete del loro anno, si sono scontrate al secondo turno. Questo ha portato la Martinelli a vincere al terzo set ma non vuol dire che la Ferrara abbia fatto una prestazione negativa, anzi, hanno combattuto molto e bene; anche nel primo turno Bilardo-Cinotti, il tennista marchigiano ha perso ma poi ha stravinto il consolation. Questo è l’aspetto da rivedere con Tennis Europe, perché esiste una classifica, anche se nascosta, e sarebbe almeno il caso di piazzare i migliori italiani o i migliori stranieri.

Quanto sono importanti i tornei Tennis Europe nella formazione di un giovane tennista?

Sono tornei soprattutto formativi: per noi la formazione arriva fino ai 15-16 anni, anzi in realtà non smette mai di esserci. Quello che ci teniamo a sottolineare è che, proprio perché è formazione, non dobbiamo esasperare al professionismo o specializzare troppo questi ragazzi; spesso si tende a confondere la formazione con il risultato, invece è esattamente il contrario: il risultato finisce in secondo piano, perché quello che ci interessa fino a 14 anni è portare l’atleta ad essere competitivo sotto ogni punto di vista tecnico, per creare un giocatore completo. Poi dopo i 15 anni ognuno vestirà il proprio abito tecnico, ma prima dev’esserci formazione, prima bisogna crescere e seguire un progetto che sia il più completo possibile. Se ci focalizziamo troppo sulla sconfitta, finiamo per specializzare troppo e la specializzazione porta a precocizzare e a non raggiungere quegli obiettivi formativi che invece sono fondamentali per un tennis di livello in età adulta. Se non si creano i presupposti adesso, l’atleta non potrà mai arrivare ai livelli dei migliori tennisti del mondo. Questo è l’obiettivo primario nella formazione di un giovane tennista: dare meno importanza al risultato e molta più alla crescita. È ovvio che la crescita e la formazione all’interno di questi tornei sono fondamentali per il nostro obiettivo: sono dei mezzi per crescere anche agonisticamente. Quindi all’interno del torneo c’è non solo la competizione ma allo stesso tempo alleniamo quei fattori che si possono allenare solo durante un torneo: aspetti tattici, strategici, la routine di preparazione alla partita, l’attivazione tecnica alla mattina… Ripeto il torneo è un passaggio, un mezzo, non il fine, che diventa comprensibilmente importante perché il vero tennis è quello che poi si concretizza nella partita. Quello che cerchiamo di fare in queste occasioni è anche smorzare alcune tensioni che si creano fuori dal campo: genitori che pressano, maestri che pensano al risultato… tutto ciò non fa altro che rallentare un po’ il percorso e innervosire i ragazzi. Quindi noi cerchiamo di non dare troppa importanza al risultato quanto piuttosto alla preparazione e alla crescita pluriennale.

Come vivono i ragazzi questo tipo di tornei?

Loro vivono la trasferta come una festa, una vacanza, il paradosso è che mi dicono tutti: “Devo vincere perché voglio rimanere” e io gli dico: “No, semmai devi dire devo vincere così posso rimanere”. È chiaro che loro stanno bene, i ragazzi del settore tecnico seguono sì una routine giornaliera ma per loro è una vacanza; sono amici, si divertono, dormono insieme in albergo, poi qui al Plebiscito hanno trovato il luna park: c’è il paddle, lo squash, l’arrampicata…insomma sono stati benissimo. Per loro è difficile giocare contro, anche se alla fine nessuno vuole perdere, quindi viene fuori anche l’aspetto agonistico. Bisogna anche vedere come gli fai vivere questa esperienza: quando c’è il match si lavora sulla concentrazione, sugli aspetti tattici, sui quali abbiamo discusso prima della partita, hanno degli step da fare per essere abituati in futuro a svolgere automaticamente queste cose, è una routine che loro devono acquisire. Per il resto è felicità, anzi io li devo frenare perché fosse per loro starebbero qui tutto il giorno dalla mattina alla sera a giocare e a divertirsi, invece li devo fare anche riposare!

Quali sono i prossimi appuntamenti per voi del Team Italia?

La prossima settimana Trieste e a fine mese Porto San Giorgio, poi c’è la Summer Cup: sono tanti i nomi papabili per le convocazioni e ancora stiamo valutando. In Winter Cup siamo arrivati quinti perché siamo stati sfortunati, abbiamo incontrato la Francia che stranamente aveva perso nelle qualificazioni, ma ora siamo di nuovo competitivi e vogliamo ricreare quelle buone sensazioni che avevamo a febbraio.

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