“Sfortunatamente non siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi che ci eravamo prefissati ma lavorare insieme a Novak Djokovic è stata un’esperienza incredibile per me”. A distanza di sette mesi dalla separazione ufficiale in qualità di coach del 24 volte campione Slam, Andy Murray racconta ai microfoni di ‘The Tennis Podcast’ com’è nata e come si è sviluppata la collaborazione con il campione serbo.
DA RIVALE A COACH
36 match ufficiali tra cui 7 finali slam, 2 Atp Finals e la semifinale olimpica di Londra. Numeri importanti ma che non bastano a descrivere la grande rivalità sportiva tra Novak Djokovic e Andy Murray. La notizia con cui si è aperto il 2025, che ha visto l’ex tennista britannico diventare il coach del nativo di Belgrado, ha destato enorme interesse tra gli addetti ai lavori.
È lo stesso Murray a raccontare quando e dove è stata presa la decisione: “Prima di accettare il lavoro avevo spiegato a Novak di aver programmato un viaggio per sciare ma a un tratto, alle undici di sera, mi sono ritrovato a guardare i video dei suoi match in Australia, editarli e mandarglieli per essere certo che ogni cosa fossa fatta nel modo giusto. Inoltre, mi assicuravo che le racchette fossero in ordine, i campi d’allenamento fossero prenotati e gli sparring disponibili. L’ho considerato il mio lavoro nonostante Novak non mi avesse detto nulla”.
UN TENNIS ESTREMAMENTE ESIGENTE
È bastato poco tempo all’ex numero 1 del mondo per capire quanto fosse impegnativo il ruolo di coach, diventato più complicato dopo l’infortuno rimediato al bicipite femorale che ha costretto al ritiro il serbo nella semifinale dello Slam australiano contro Alexander Zverev: “Djokovic, come me, non è una persona facile da approcciare – afferma Murray – Il suo tennis è estremamente esigente ma non vedevo l’ora di lavorare con lui.
L’ho visto giocare un tennis incredibile agli Australian Open, poi però l’infortunio ha complicato le cose. Sono stati mesi difficili per lui ma anche per tutto il team. Eravamo delusi dal fatto che non avremmo potuto raggiungere certi obiettivi ma sono ancora grato di aver potuto lavorare con lui. Per un coach è importante portare energia positiva e fiducia nel giocatore. Sono ben consapevole di quanto questo ruolo sia importante; se mi capiterà nuovamente in futuro proverò a fare sempre meglio”.
CONTRO ALCARAZ LA CHIAVE È LA STRATEGIA
Prima di quella sfortunata semifinale, il 24 volte campione Slam era stato autore di una prestazione maiuscola nel match che lo ha visto vittorioso contro Carlos Alcaraz (4-6 6-4 6-3 6-4). Questo il ricordo di Murray su quanto accaduto in campo: “Avevamo ben chiaro in mente come giocare contro Alcaraz. Certo, c’è differenza tra avere una strategia chiara contro di lui e saperla applicare; a mio parere solo pochissime persone al mondo sarebbero in grado di farlo. Puoi dare la migliore strategia del mondo a un top 50 ma probabilmente Alcaraz vincerebbe comunque quella partita. In quel match Novak ha eseguito quella strategia alla perfezione”.