Calendario e soldi: la Billie Jean King Cup a settembre potrebbe avere senso

Lorenzo Ercoli
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Italia Billie Jean King Cup - Foto FITP

DALL’INVIATO A SHENZHEN

Chissà quanti di voi, leggendo della convocazione di Tyra Grant o semplicemente guardando le storie Instagram di Jasmine Paolini, hanno scoperto all’improvviso che quest’anno le Finals di Billie Jean King Cup si giocano a settembre. Dal 16 al 21 settembre si scende in campo a Shenzhen: l’Italia di Tathiana Garbin riparte da campione del mondo. Per il mercato italiano, questo è più che sufficiente a rendere l’evento degno d’attenzione. Ancor di più ora che l’ostico sorteggio contro i padroni di casa della Cina (si gioca il 16 settembre dalle 11 italiane), si è alleggerito con il forfait di Qinwen Zheng, costretta a rinunciare nonostante abbia provato in tutti i modi a recuperare dopo l’operazione al gomito.

Le prova tutte anche la Billie Jean King Cup, non che la Coppa Davis post-Kosmos se la passi meglio, tra cambi di format e incastri. Dal momento della rivoluzione, il Mondiale femminile ha vagato per l’Europa: Praga, Glasgow, Siviglia, Malaga. Ora arriva il grande ritorno di Shenzhen, che senza la pandemia avrebbe ospitato le WTA Finals fino al 2028. Si apre così un nuovo ciclo: tre edizioni consecutive, tutte a settembre

PERCHÈ SI GIOCA A SETTMBRE?

Settembre e Cina: due mosse che, almeno sulla carta, hanno una loro logica. La prima per riequilibrare il calendario e puntare su uno star power maggiore, la seconda per ovvie ragioni economiche che non possono essere ignorate. Nonostante il vecchio format a 12 squadre, lo scorso anno a Malaga si sono viste solo due Top 10 in singolare: Iga Swiatek e Jasmine Paolini. Squadre come Stati Uniti e Repubblica Ceca si sono presentate con formazioni ridotte all’osso. E sia chiaro: non si vogliono togliere meriti a chi c’era, ma è un peccato che una competizione così prestigiosa non riesca a riunire le migliori del mondo, neanche quando si tratta di difendere i colori della propria bandiera.

L’appuntamento, è vero, arriva dopo lo US Open – come anche il round di Davis che precede le Finals – ma la posizione nella settimana che anticipa il WTA 1000 di Pechino potrebbe attirare un parterre più competitivo. Un’impressione confermata dalle prime convocazioni, che avevano generato entusiasmo prima dei forfait: oltre a Zheng, sono arrivate le rinunce di Keys, Osaka e Raducanu. Delle Top 10 restano solo Pegula, Paolini e Rybakina. Non che si potesse fare di meglio senza la Polonia al via, e con Paesi esclusi dalla competizione come Bielorussia e Russia. Le uniche assenze “volontarie” restano quelle di Gauff e Anisimova, comprensibili: una è in crisi nera, l’altra ha fatto gli straordinari quest’estate. In linea di massima, però, è chiaro che le atlete preferiscano settembre a un finale di stagione esasperato a fine novembre.

QUANDO NESSUNO SI FA AVANTI, CI SONO CINA E ARABIA

La Cina, insomma, è una scelta strategica anche sul piano logistico, ma soprattutto su quello economico. Le cifre esatte dell’accordo tra Billie Jean King Cup Ltd – la joint venture tra ITF e The Walter Group – e la Beijing Guoti Intelligent Technology Co. Ltd non sono state rese pubbliche, ma è probabile che abbiano superato senza fatica i 3,7 milioni di dollari versati da Malaga nel 2024 come hosting fee. E questo dato è tutt’altro che secondario. In eventi come questo, l’hosting fee pesa molto di più del successo sugli spalti. Lo stesso vale per le WTA Finals, che hanno trovato fortuna in Arabia Saudita dopo un post pandemia in cui nessuno si è mai fatto realmente avanti per un accordo di lunga durata. 

LE PERDITE OPERATIVE DELLA BILLIE JEAN KING CUP 2024

Nel 2024 sia la Davis che la Billie Jean King Cup hanno chiuso l’anno in perdita operativa, cosa tutto sommato nella norma per rassegne di questo tipo. Ma il divario è netto: la Davis ha registrato 4,6 milioni di perdita, a fronte di 39,7 milioni generati tra sponsor e media rights. La Billie Jean King Cup, invece, ha perso 12,3 milioni di dollari, con un turnover totale di 14,7 milioni.

Il bilancio 2024 di Billie Jean King Cup Ltd è pubblico, e consente di ricostruire facilmente le principali voci di costo: 27 milioni di dollari totali, suddivisi tra 16,3 milioni in montepremi, 9,6 in costi organizzativi e 874 mila. I ricavi, come detto, sono stati di 14,7 milioni, neanche sufficienti a coprire il montepremi, che facendo uno sforzo oltre le possibilità numeriche è identico a quello della Coppa Davis. Nello specifico si parla di: 3,7 milioni di hosting fee, 8,6 milioni da sponsorizzazioni, 2 milioni da diritti media e dati, e appena 328 mila dollari da biglietteria, hospitality e affini.

Ecco perché l’accordo con la Cina – le cui cifre emergeranno nel bilancio 2025, atteso per aprile 2026 – potrebbe cambiare il quadro. La Billie Jean King Cup infatti non genera grandi ricavi al botteghino: basti pensare che a Malaga si è giocato in una struttura temporanea accanto al palazzetto dello sport. Vedremo quale sarà la risposta del pubblico cinese nei prossimi giorni, ma questo a ricordare che anche nella nostra amata Europa non sempre la cornice è stata all’altezza. Non è un attacco alla competizione. È semplicemente la realtà dei fatti: Cina e settembre sono scelte logiche. Forse non basteranno a dare all’evento la visibilità che meriterebbe, ma – volendo prendere la strada più corta senza programmare a lungo termine – è un passo comprensibile, sempre più inevitabile.

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