C’era una volta… una favola chiamata WTA

mirjana lucic

di Michele Galoppini

Credo ve ne siate accorti tutti: il Natale sta prepotentemente e finalmente arrivando. Anche qui, dalla stanza in cui sto scrivendo, un alberello di Natale colorato e luminoso si è fatto un po’ di spazio, sono comparse varie candele, tutte alla cannella, e una tisana dal nome innegabilmente appropriato, Santa Claus, completa il quadro. Manca della neve, ma non si può chiedere troppo.

Il Natale e la sua atmosfera trasportano sempre in un clima fiabesco, quel clima che anche la WTA riesce a ricreare, con delle storie a lieto fine le cui protagoniste sono giocatrici che a volte possono passare inosservate, perché non parte di quei nomi altisonanti che occupano la maggior parte dello spazio disponibile. SpazioTennis vuol dar loro un po’ di visibilità con alcuni happy-endings (sebbene non sempre parlare di “fine” è appropriato) della passata stagione.

Kristina Barrois e l’incantesimo dell’ultimo torneo

Kristina Barrois - Nürnberger Versicherungscup 2014 - DSC_0927Forse la favola più bella e forse quella che tra tutte è passata più inosservata è quella che ha come protagonista la tedesca classe 1981 Kristina Barrois, ritiratasi al termine della stagione appena conclusa dopo il WTA di Lussemburgo. La sua storia ha già un inizio molto particolare: la tedesca ha cominciato a giocare a tennis solo a 10 anni, mediamente più tardi rispetto alle sue colleghe, e soprattutto da autodidatta, prima del suo esordio nel circuito professionistico nel 2004, a ben 23 anni, 8 o 9 anni in ritardo rispetto al 90% (se non 99%) delle giocatrici ITF e WTA. Eppure, nell’agosto del 2004, nel torneo di Bielefeld, all’esordio assoluto, infila 8 vittorie consecutive partendo dalle qualificazioni e vince il torneo dal montepremi di $10.000. Un piccola pausa, fino a gennaio 2005, non ferma però una Barrois che al primo anno di tennis raggiungerà la posizione 211. Nei primi 8 tornei, vince 40 partite a fronte di sole 3 sconfitte, portandosi a casa il torneo in 5 casi su 8, e pochi mesi dopo, alzato il livello a tornei da $25.000, ne vince altri 3. Nel 2006 è già tempo di primi tornei WTA, e perfino di main draw, passando dalle temibilissime qualificazioni, a Wimbledon ed agli UsOpen. La top-100 è ad un passo già dopo due anni di professionismo.

Le premesse che la ipotizzano al top in breve termine non trovano però concretizzazione. La carriera della tedesca è comunque più che apprezzabile: secondo turno raggiunto in tutti gli slam, tre finali WTA a livello di doppio, 2 finali WTA a livello di singolare, la seconda delle quali, all’Estoril 2011, la proietta anche al best ranking alla 57esima posizione.

Si avvicina il momento di appendere la racchetta al chiodo, all’età di 33 anni, dopo 15 ITF vinti in singolare e 16 in doppio, senza però aver mai avuto la gioia di concludere vincente un torneo del circuito maggiore, nemmeno in doppio dove ha ottenuto una carriera altrettanto brillante. Arriva anche la decisione di dire addio e, prima della trasferta in Lussemburgo, Kristina annuncia che nel piccolo stato centro-europeo parteciperà al suo ultimo torneo della carriera, dove peraltro esce nelle qualificazioni in singolare per mano della Hradecka.

In doppio, entra con Timea Bacsinszky e sono quattro gli eventuali match a separarla dalla vittoria finale. Forse un po’ di magia, forse il karma, forse quel qualcosa in più che viene portato dal giocare a mente libera fa accadere l’inaspettato. Un turno dopo l’altro, la coppia Barrois/Bacsinszky accede alla finale ed è ancora la Hradecka a metterle i bastoni tra le ruote, portandosi avanti di un set in coppia con la Krejcikova. Ma è tempo per il riscatto, per un premio alla carriera, per la gioia di alzare per una volta le braccia al cielo a fine torneo: secondo set vinto per 6-4 e supertiebreak dominato per 10-4.

Non è certo una vittoria in singolare nello storico slam di Wimbledon, ma come negare che un così “piccolo” traguardo possa aver dato alla Barrois una gioia difficilmente paragonabile, soprattutto nell’ultimissima occasione possibile. Premio “lieto-fine” 2014 a Kristina, con l’augurio di tante buone cose post-carriera.

Mirjana Lucic-Baroni e la seconda giovinezza

lucicUna bellissima storia, che probabilmente non si conclude con la fine del 2014, è quella della croata dal marito italiano Mirjana Lucic-Baroni, giocatrice dal gioco potentissimo e piatto, corredato da un servizio molto pericoloso, che in giornata di grazia può mettere in estrema crisi tutte le migliori del circuito. La non più giovanissima croata classe 1982 è protagonista del sequel della sua principale favola tennistica, che ebbe luogo, in termini romanzeschi, in un tempo lontano chiamato “fine anni ‘90”. Già, perché Mirjana, tra il 1996 ed il 1999 mise le basi per vivere una carriera scintillante e segnò una lunga serie di record, principalmente di gioventù. La sua favola di record comincia nel 1996, quando a 14 anni vinse gli Us Open Junior prima di concludere alla stessa maniera gli Australian Open Junior del 1997, diventano una delle tre giocatrici che sono riuscite nell’impresa di vincere due slam junior prima di compiere 15 anni (cioè Lucic, Hingis e Capriati). All’esordio nel circuito WTA, terzo torneo di carriera nel circuito professionistico, vinse il torneo di Bol del 1997 (peraltro seguito dalla finale a Strasburgo, battuta solo dalla Graf) e poi, con la vittoria degli Australian Open di doppio con Martina Hingis nel 1998, divenne la prima giocatrice a vincere in singolare ed in doppio il suo torneo d’esordio nel circuito maggiore. Infine, bissando il titolo a Bol nel 1998, battendo nuovamente la Morariu in finale, la Lucic divenne la più giovane giocatrice a confermare un titolo WTA in due anni consecutivi. Il punto più alto della sua carriera è stata (ed è tuttora) la semifinale raggiunta nel torneo di Wimbledon del 1999, quando venne fermata nuovamente dalla Graf in tre set. Dal punto più alto, il tracollo è stato ancora più violento: gioca la stagione 2000 vincendo solo 5 match in 14 tornei, prima di scomparire del tutto dalla scena tennistica, a causa di problemi personali, di natura finanziaria ma soprattutto famigliare, derivanti dagli abusi e dalle violenze subite dal padre Marinko.

Bisogna aspettare il 2007 per rivederla in campo stabilmente, ma addirittura il 2010 prima di registrarne la vittoria in tornei ITF, nello specifico quelli americani di Jackson e Albuquerque. Mirjana torna a ridosso delle top-100, dove praticamente galleggerà fino all’estate dell’anno in corso. Dal 1999 al 2014, ottiene l’unico quarto di finale a livello WTA a Birmingham nel 2011, sulla tanto amata erba.

È proprio quest’estate che il nuovo capitolo della saga della Lucic ha inizio. Partendo dalle qualificazioni di Flushing Meadows, la croata gioca il main draw, sconfiggendo all’esordio la giovane Muguruza, faticando poi con la veterana Peer, prima di ottenere una delle vittorie più importanti della carriera contro Simona Halep, momentaneamente numero 2 al mondo. Il quarto turno a New York è il secondo miglior risultato in carriera a livello slam, a 15 anni di distanza dalla suddetta semifinale di Londra. Sarà poi Sara Errani, comunque in tre set, a fermare la corsa della croata, che però confermerà la rinascita, segnando un nuovo record a livello WTA, nel successivo torneo a Quebec City. La Lucic arriva in finale e sconfigge in due set Venus Williams, riuscendo nell’impresa, finora unica, di vincere un torneo WTA a ben 16 anni e 4 mesi di distanza dall’ultimo successo (quello di Bol del 1998).

La Lucic entra prepotentemente e stabilmente nella top-100 (attualmente è alla posizione numero 60), con nuove convinzioni, nuovi stimoli e tanta soddisfazione personale per essere riuscita a dare una svolta decisa alla sua vita, personale e tennistica. Di fronte a storie simili, non si può che sperare che dopo il sequel arrivi dal 2015 anche il capitolo finale di una trilogia di successo, dove Mirjana mostrerà tutto il suo potenziale, fino magari a migliorare quel best ranking alla 32esima posizione che è ormai storia del millennio passato.

Timea Bacsinszky, una Cenerentola dalla Svizzera

bacsinskyUna storia che per certi versi ricorda quella di Mirjana Lucic è quella di Timea Bacsinszky. Si parla di nuovo di una seconda possibilità dopo il baratro, di una mirabile scalata della classifica, sebbene le tempistiche sono ovviamente ben diverse rispetto alla Lucic, perché Timea è ancora una giovane nel tennis, poiché classe 1989. Timea vive una carriera da Junior di alto livello, sebbene mai con i picchi che sono prima stati descritti per la compagna di favole Lucic. La svizzera raggiunge varie semifinali slam a livello junior ed entra poi a far parte del circuito professionistico molto presto, giocando grazie a delle WC anche i tornei WTA in tenerissima età. Il primo anno ad alto livello, che la vede arrivare a ridosso della top-100, è il 2006, quando grazie alle vittorie in due importanti tornei ITF europei su terra e soprattutto ai quarti di finale nel Tier I di Zurigo (dove, partendo dalle qualificazioni, sconfisse Myskina e Schiavone prima di fermarsi di fronte alla numero 1 Sharapova) si fa conoscere nel circuito e tra gli appassionati. Gli anni che seguono sono contraddistinti da vari ottimi risultati a livello ITF e qualche fiammata nel circuito maggiore, sebbene la poca costanza e la poca esperienza le costino una salita più repentina.

Da ricordare sono certamente la semifinale ad Anversa, Tier II, ancora partendo dalle qualificazioni prima di arrendersi alla Henin in tre set, la semifinale nell’International di Praga, ma soprattutto la vittoria del torneo di Lussemburgo, dove superò la Lisicki in finale. Evidentemente, il torneo del Lussemburgo è foriero di piacevoli favole, così come era successo per la Barrois (peraltro vissuta proprio in coppia con Timea). Nel 2010 raggiunge poi il best ranking alla 37esima posizione ed assieme a Tathiana Garbin si mette in mostra anche in doppio, vincendo 4 tornei International e raggiungendo altre due finali. Ancora una volta, nel momento migliore, la sfortuna presenta il conto quando ancora Timea era solo una 21enne.

Nel marzo del 2011, un grave infortunio al piede la blocca per ben 10 mesi ed il ritorno è un po’ in sordina in FedCup nell’anno successivo. I risultati a livello ITF tornano ad arrivare, ma Timea non si sente più felice sul campo da tennis e le vittorie non le bastano più. Alla fine dell’anno, comincia a lavorare come barista in uno ski-resort da cinque stelle, senza nemmeno parlare del suo passato da campionessa con colleghe e superiori ignari, quasi a voler dimenticare quella parte della sua vita. Un po’ per caso, un po’ per gioco e grazie alla sua classifica ancora esistente per i tornei ITF dell’anno prima, la Bacsinszky decide di prendersi un permesso dal lavoro e di giocare le qualificazioni del Roland Garros 2013, senza aver toccato la racchetta per mesi, e quindi quelle di Wimbledon 2013. Nonostante i risultati non siano eccezionali, un nuovo feeling positivo pervade la mente di Timea, che torna a tempo pieno nel circuito ed ottiene, di nuovo, buoni risultati a livello ITF che la riproiettano in top-300.

Il 2014 è l’anno della sua definitiva seconda occasione e la sua favola prende forma. Comincia a macinare una vittoria dietro l’altra in tanti tornei ITF, sia sul veloce che sulla terra. Al secondo torneo WTA, ad Oeiras, fa quarti di finale dalle qualificazioni, peraltro distruggendo la Stosur al primo turno e, a poco tempo di distanza, arriva al secondo turno del Roland Garros e di Wimbledon, partendo dalle qualificazioni.

Qualche buon risultato sul cemento americano è poi il preludio alla riesplosione definitiva a Wuhan, torneo Premier5. Ancora dalle qualificazioni, Timea arriva nel main draw e lascia le briciole a Voegele e Makarova, prima di ottenere una grandissima vittoria contro Maria Sharapova, in un match giocato a livello impressionante, sia in difesa, sia in attacco, prendendosi la rivincita di quel match a Zurigo nel 2006, quando si era fatta conoscere al mondo. Raggiunti i quarti di finale, la svizzera si è poi arresa in tre set, dopo un altro match ben giocato, a Caroline Wozniacki.

La sua classifica, partendo dalla 285esima posizione di fine 2013, ora dice 48. Un po’ come una moderna Cenerentola, che invece delle faccende di casa fa la barista in un resort di lusso, è passata in poco più di un anno dall’essere infelice e occupata in un hotel all’essere una temibile principessa del tennis, che fa parte, con pieno merito, delle 50 tenniste più forti del mondo. Si può esserne certi, anche in questo caso, non è un happy-ending, perché di fine non si può parlare.

Carrellata di brevi racconti

Oltre a queste tre storie di rivincita e lieto fine a coronamento di una buona carriera, altre giocatrici si meritano una menzione in questo pezzo, perché hanno gettato le basi per essere protagoniste di piacevoli accadimenti nella stagione che sta per arrivare o perché protagoniste in positivo di qualcosa di speciale, che non si vede tutti i giorni sui campi da tennis.

Alizé Cornet: non può non essere in questo articolo. Lei stessa è un incredibile personaggio in ogni match che gioca. Ma a parte questo, Alizé nel 2014 è stata capace di sconfiggere per 3 volte, nei 3 scontri avvenuti, la numero uno indiscussa di questo sport: Serena Williams (vero, aiutata anche da un po’ di fortuna nel torneo di Wuhan). Non accadeva dal 2007, e per mano di Justine Henin.

Caroline Wozniacki: volutamente “solo” in questa parte dell’articolo, per la volontà di dare spazio a nomi meno noti e conosciuti. Ma Caroline, dopo che un matrimonio (questo sì!) da favola è andato distrutto pochi giorni prima della cerimonia, ha trovato la forza di reagire da immensa campionessa, ritrovando la top-10, giocando una seconda parte di stagione seconda solo a Serena Williams, e correndo e completando con un tempo stratosferico la maratona di New York. Tanto di cappello.

Flavia Pennetta: in questa sezione per lo stesso motivo della Wozniacki, non può non essere quantomeno nominata. Dopo l’infortunio che la stava per convincere al ritiro definitivo dal circuito, Flavia è di nuovo ad un passo dalla top-10, con in bacheca un importantissimo trofeo. Il Premier Mandatory di Indian Wells è il maggior successo di carriera, arrivato in questo anno magico dopo tante, tantissime sofferenze.

Vitalia Diatchenko: una giovane incredibilmente promettente, dal dritto e dal rovescio bimani, deve pagare dazio agli infortuni, che addirittura la tengono ferma quasi due anni, tra la fine del 2011 e la fine del 2013. Lei torna, negli ITF è implacabile, vince anche un WTA125 ed irrompe nelle top-100 issandosi fino alla 71esima posizione. Se il fisico la lascerà in pace e confermerà quanto di buono fatto, questa 24enne russa può ritagliarsi un posto da protagonista.

Alexandra Dulgheru: non si parla di Dulgheru senza parlare di infortuni. Sembra che la sfortuna non riesca a lasciare in pace la povera rumena, protagonista indiscussa nel 2009 e nel 2010 degli ultimi tornei Premier di Varsavia, vinti da assoluta sorpresa nel 2009 e confermati ancor più clamorosamente nel 2010. La Dulgheru, combattendo la sfortuna è nuovamente tornata nelle top-100, pronta a farsi valere.

Tamarine Tanasugarn: lei stessa dice che Kimiko Date è un’ispirazione e, nonostante il crollo in classifica oltre la 500esima posizione, decide di riprovarci, alla “veneranda” età di 37 anni. Domina tanti ITF tornando nelle top-250 e sfiora la vittoria nel torneo valevole per la WC agli Australian Open. Il suo sogno è rigiocare Wimbledon e, difendendo poco o nulla nella prima parte di stagione, non può che farcela!

Edina Gallovits: la rumena non giocava dal gennaio 2013, quando perse a Melbourne da Serena con un doppio 6-0. Dopo quella sconfitta deve stare lontano dai campi per un grosso infortunio al gomito destro. A fine settembre 2014 torna e gioca quattro tornei. Riesce ad ottenere all’esordio una finale nel $10.000 di Amelia Island, ma soprattutto la vittoria del $50.000 di Captiva Island. In un attimo è già numero 348 del ranking, fino a dove riuscirà a salire?

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