Alla scoperta di Marton Fucsovics, l’eroe ungherese di Coppa Davis

Reduce dalla semifinale della settimana scorsa al ricco Challenger di Orleans (persa contro Julian Benneteau con più di qualche rimpianto), il 25enne tennista ungherese Marton Fucsovics sta certamente disputando la miglior stagione della sua carriera, e punta finalmente ad un posto stabile nei “top 100”, da numero 170 che era ad inizio stagione. Balzato recentemente agli onori delle cronache per le sue imprese in Coppa Davis, che hanno permesso alla nazionale magiara di tornare nel World Group a distanza di ventuno anni dall’ultima volta, sembra che “Marci” stia finalmente facendo fruttare quanto di buono messo in mostra nel suo percorso da Junior.

Fucsovics, spinto dal padre, inizia a giocare a tennis all’età di cinque anni, mettendo subito in mostra grandi qualità. A 8 anni già gioca coi ragazzi di 3-4 anni più grandi e a 11 vince i Campionati Nazionali di categoria ed il Nike Junior Tour. Il giovane Marton dimostra grande talento anche nel basket, ma la scelta di dedicare ogni sforzo al tennis sembra rivelarsi azzeccatissima negli anni da junior: il ragazzo di Nyiregyhaza, città di 100.000 abitanti sita nel nord-est del paese, infatti nel 2009 conquista il titolo di doppio agli Us Open in coppia con Hsieh Cheng-Peng e nel 2010 diventa numero 1 della classifica Junior di singolare, raggiungendo la semifinale all’Australian Open e trionfando sui prati di Wimbledon senza lasciare per strada nemmeno un set. Nello stesso anno inizia inoltre a dimostrare una particolare attitudine a difendere i colori della propria nazione, trascinando la compagine giovanile ungherese alla vittoria della prestigiosa Galea / Valerio Cup.

Fisico statuario (in patria nei primi anni di professionismo veniva addirittura accusato di pensare più alla cura del corpo che al tennis in sé), ottimi fondamentali, un gusto “quasi alla Dolgopolov” nel rompere la presa bimane per giocare il rovescio in back, che rende il suo gioco efficace soprattutto sulle superfici veloci, Marci ha tutto per sfondare, ma l’approccio col tennis dei grandi non si rivela dei più semplici.

Fino al 2012 l’ungherese rimane infatti impantanato nella Babele dei tornei futures, mancando ogni occasione di qualificazione ai tabelloni principali dei Challenger, anche se proprio quell’anno a sorpresa (ma non troppo, visto che si gioca sulla sua amata erba) arriva la qualificazione al draw di un torneo Atp a ‘s-Hertogenbosch, oltre alla grande soddisfazione di una vittoria in Davis su Ernests Gulbis.

Nel 2013 qualcosa cambia e giungono finalmente i primi titoli Challenger, a maggio in Cina ed a novembre sul veloce di Andria, battendo nientemeno che Dustin Brown in finale. Nel 2014 non arrivano titoli, ma le tante partite vinte fanno comunque decollare la classifica di Marton che a ottobre si issa al numero 137: il finale d’anno però è negativo coi punti di Andria che escono, e il 2015 non è da meno, condizionato da tanti piccoli problemi fisici e da quella che sembra un’involuzione dal punto di vista tecnico, fattori che lo spediscono nuovamente fuori dai primi 200.

Nel 2016, con l’ingaggio come coach del connazionale Attila Savolt ,ex numero 64 Atp, la svolta che si spera definitiva per la sua carriera: Marton inizia a giocare in maniera tatticamente più accorta, diminuendo sensibilmente il numero degli errori gratuiti a vantaggio di un tennis più ragionato e a tratti votato alla difesa, soprattutto sui campi più lenti. I risultati arrivano, vedi la finale al Challenger di Prostějov, persa da Mikhail Kukushkin, e la conquista del primo draw in uno Slam allo US Open, pur perdendo subito in 3 set da Nicolás Almagro.

La stagione in corso vede Fucsovics salire ancora di livello: a febbraio non riesce a trionfare davanti al proprio pubblico, sconfitto da Jurgen Melzer nella finale del Challenger di Budapest, ma poi si rifà con gli interessi nel mese di giugno vincendo sulla terra battuta di Vicenza, e poi sull’erba di Ilkley, successo che gli dà diritto ad un wild card per Wimbledon dove al primo turno deve arrendersi ad un Gilles Müller in stato di grazia. A luglio arriva anche il nuovo best rank, al numero 99, ma bisogna attendere il mese scorso per quella che al momento è la più grande impresa di Marton, nonché uno dei momenti più alti del tennis magiaro, ovvero il ritorno nel World Group di Coppa Davis.

 “Qui il ranking non conta e il mio tennis è molto migliore. Adoro la sfida contro avversari di classifica superiore, in nome del mio paese” esplode dopo aver regalato il punto decisivo al suo team, lui che non aveva mai battuto un giocatore classificato al di sotto del n.50, ha infiammato il pubblico della Kopazsi Dam di Budapest regolando uno dopo l’altro i “Next Gen” russi, che saranno tutti schierati alle nuove Finals di Milano a novembre.

Marton ha prima battuto in cinque set Andrej Rublev, fresco di quarti di finale allo Us Open, nel singolare di apertura, quindi ha giocato un ruolo decisivo nel successo del doppio (in coppia con Attila Balazs) che ha proiettato l’Ungheria  avanti 2-1, esaltando i suoi connazionali con alcune soluzioni al volo veramente magiche, e ha poi coronato la sua tre giorni da favola col punto del definitivo 3-1, superando in tre set Karen Khachanov grazie ad una prestazione impeccabile.

 

Per l’Ungheria, che tre anni fa giocava addirittura nel Gruppo III della zona Europa/Africa, un’impresa di questo genere resterà certamente nella storia, così come lo farà Marton Fucsovics, indipendentemente da come si svilupperà il resto della sua carriera: “Credo che si tratti di una specie di miracolo per me, per la squadra e per l’intera nazione. Ringrazio tutte le persone che sono venute a sostenerci e mi auguro che possa essere un bel punto di partenza per tutto il tennis ungherese”.

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