Torben Ulrich, il vichingo buddista

di Sergio Pastena

Che cos’hanno in comune un guru danese del buddismo, il padre del batterista dei Metallica e il tennista più anziano che abbia mai giocato in Coppa Davis? Semplice: sono la stessa persona.


Diciamo la verità: vista la foto in apertura del pezzo, non credo che molti di voi presenterebbero la sorella a Torben Ulrich. Il primo pensiero che vi passerebbe per la testa sarebbe “Come minimo me l’ammazza”. Allora lasciatevi raccontare un aneddoto. U.S. Open 1958, il tennista danese è arrivato agli ottavi di finale, eguagliando il miglior risultato in carriera, ed ha di fronte tale John Newcombe, campione in carica e dominatore del tennis mondiale. Ulrich, arrivato a quel punto contro ogni previsione visti i suoi 40 anni, incredibilmente prende i primi due set col punteggio di 7-5 6-4. Newcombe si scuote, vince il terzo e nel quarto c’è grande lotta: a un certo punto, durante uno scambio decisivo, mentre il danese si appresta a colpire, una farfalla vola a un passo dal suo viso e lo distrae. Punto per Newcombe, che vincerà 4-6 5-7 6-4 10-8 6-4. 90 tennisti su 100 se la prenderebbero con la sfortuna invece che con sè stessi, altri 9 direbbero che non cercano scuse. Quello rimasto è Torben Ulrich che, in conferenza stampa, squadra i giornalisti e fa “In quel momento ero un uomo che sognava di essere una farfalla? Oppure è adesso che sono una farfalla che sogna di essere un uomo?”.

Ecco, ora probabilmente gli presentereste vostra sorella.

Ma torniamo all’apertura del pezzo e partiamo dal tennis, primo amore del boscaiolo di Copenhagen in ordine cronologico. Ulrich è nato nel 1928, anche se il sito dell’Atp gli fa lo sconto riportando 1932: ha vinto dodici campionati danesi tra singolare e doppio e, sempre in doppio, è arrivato in semifinale a Flushing Meadows. A lungo ha detenuto il primato del match con più games disputato in uno Slam: sempre agli U.S.Open, in coppia con Cliff Richey, nel 1966 perse da Pilic e Scott col punteggio di 19-21, 12-10, 6-4, 4-6, 9-7.

Rappresentante danese in Coppa Davis dal 1948 al 1968, ha giocato un totale di 40 spareggi. Nel 1977, a fine carriera, venne convocato contro il Belgio alla veneranda età di 49 anni, battendo il record precedente di Felicisimo Ampon: costrinse al quinto set Bernard Boileau, astro nascente del tennis belga che sarebbe arrivato fino al numero 42 delle classifiche. Mancino, fisico per l’epoca rispettabile (era alto 1.80), dotato di un’affabilità tanto naturale quanto rara, Ulrich era una personalità assolutamente atipica per il circuito. L’ex semifinalista degli U.S.Open Gene Scott diceva di lui: “Quello che era normale per tutti non lo era per Torben. Lui vedeva ogni cosa dall’alto”.

Tra una cosa e l’altra, all’età di 35 anni, fece un figlio, Lars, che a sua volta seguì le passioni del padre. Prima provò come tennista, ed era anche ritenuto abbastanza promettente, poi decise di fondare un gruppo musicale. Scartato il primo possibile nome Hcirlu Sral (lui al contrario) optò per il nome “Metallica”. Il resto è storia.

Ma un attimo… cosa c’entra il padre Torben con la musica? Semplice, Ulrich è stato, tra le altre cose, un apprezzato conduttore radiofonico presso Danish Radio, per la quale ha portato avanti numerosi programmi e rubriche sul jazz. Nel 2005, a 77 anni, fondò gli “Instead of” con la violoncellista Lori Goldston, una delle più apprezzate performer “on stage” che ha lavorato tra gli altri coi Nirvana e con David Byrne: Ulrich è la voce e l’autore dei testi.

Terzo capitolo: il buddismo. Autore di numerosi saggi sul tema, amico del Dalai Lama (dico, del Dalai Lama, mica del Divino Otelma), Ulrich ha intitolato la sua autobiografia “Jazz, Bold & Buddhism”. Ha scritto decine di articoli di giornale, ha pubblicato altri tre libri e ne ha due in programma. Ancora: in patria è tuttora un pittore apprezzato ed ha esposto presso la galleria Asbaek, una delle più rinomate in Danimarca, inoltre è stato attore ed autore di documentari. Intanto continua a scrivere senza sosta in quel di Seattle, luogo dove vive attualmente, all’età di 83 anni.

A proposito di cinema, a chiudere citiamo proprio “La balle au mur (“The Ball and The Wall”), documentario girato col francese Gil de Kermadec con un tema assolutamente originale: l’importanza del muro negli allenamenti di un tennista e i motivi che hanno portato questo strumento a “decadere”. Una piccola perla nella quale vengono intervistati tennisti di tutte le epoche, da Lacoste alla Navratilova, da Laver a Nastase, che raccontano come e perché hanno usato il muro e, addirittura, quali tecniche di allenamento potrebbero essere utili ancora oggi.

Per essere una farfalla, il buon Torben ne ha fatte di cose…

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