Mojito & drop shot

di Sergio Pastena

Tredici staterelli più tredici colonie, per un totale di ventisei, non uno di più. Eppure al loro interno trovi di tutto: paesi ricchissimi (Bahamas) e poverissimi (Haiti); bastioni del comunismo (Cuba) e avamposti americani (Porto Rico); nazioni famose (Giamaica) e assolutamente sconosciute (Saint Vincent & Grenadine). I Caraibi, ci si perdoni la frase fatta, sono teatro di grandi contraddizioni, eppure tutti quei paesini, belli o brutti, poveri o ricchi, hanno una cosa in comune: un paesaggio naturale da mozzare il fiato, spiagge finissime bagnate da un mare stupendo. Insomma, non è proprio il luogo che ti fa venir la voglia di sgobbare dietro allenamenti pesanti e viaggiare continuamente per giocare tornei sconosciuti: il tennis, da quelle parti, è un hobby.

Non la pensava così Dustin Brown, non la pensano così tanti giovani e meno giovani che provengono da quei posti e frequentano stabilmente i tornei minori del circuito. In alcuni casi troviamo prospetti interessanti “sponsorizzati” dalle università americane, ma ci sono anche storie differenti. Proviamo a raccontarvele.

Antille Olandesi

O come dicevan tutti Curaçao, hanno in organico il miglior doppista del lotto: Jean-Julien Rojer è competitivo ai massimi livelli. Con Butorac in doppio forma una coppia solidissima e quest’anno è esploso conquistando ben quattro titoli, l’ultimo a Kuala Lumpur. Soddisfazioni non da poco e, considerato che ha trent’anni e che per un doppista non sono molti, qualche anno ancora sulla breccia che lo attende.


Bahamas

Se solo Ryan Sweeting, che anni fa ha giocato la Davis per loro, non avesse deciso di battere bandiera americana, i bahamensi potrebbero vantare un titolo e un Top 100 in singolare. Invece hanno soltanto (si fa per dire) il veterano Mark Knowles, 40 anni suonati e 54 titoli in doppio (l’ultimo quest’anno a Los Angeles). Prima di lui c’era Roger Smith, che pure i suoi tre titoli li ha conquistati: sempre in doppio, of course.

E oggi? Oggi devono accontentarsi di Marvin Rolle, 27enne che gira per i Futures da anni e si è tolto le prime soddisfazioni tra il 2010 e il 2011, vincendo due titoli di doppio in coppia con Haydn Lewis (anche di lui parleremo). Tra i juniores tutto tace: Rodney Carey, Top 150 un anno fa, ha decisamente rallentato e per ora nessuno è nei mille e un solo giocatore, Jamal Adderley, è “svezzato” da un college americano, Florida State.


Barbados

Si va a salire. Sissignori, perché Darian King, ex numero 47 juniores e finalista in un Grade 1, ha avuto un buon approccio col circuito dei Futures: a 19 anni sta per entrare nei 700 (in Italia sarebbe tra i primi teenager) e quest’anno ha già colto una finale negli Stati Uniti. Una scelta controcorrente la sua: tentato da numerosi college americani, ha deciso di prendersi un anno di riflessione, giocando il circuito, anzichè scegliere la strada degli Usa come molti suoi coetanei. Lo ha fatto (parole sue) per realizzare il suo sogno e onorare la memoria della madre, venuta a mancare l’anno scorso. A un anno dalla sua scelta sembra avviato verso il professionismo. Un nome da segnare: non avrà il gene del campione ma ha margini e potremmo ritrovarcelo in tornei più importanti, anche perché è abbastanza completo ed è in grado di cavar fuori punti anche dal rovescio bimane, fondamentale notevole a differenza di molti suoi coetanei.

Dalle Barbados viene anche Haydn Lewis, 25 anni che fa coppia a volte col bahamense Rolle e a volte con King: top 500 in doppio, forma col giovane connazionale un duo da temere nei raggruppamenti locali di Davis. Non vanta grandi acuti in singolare (qualche finale Futures) ma è un giocatore rispettabile che in doppio diventa pericoloso (lui e Rolle recentemente han fatto soffrire Cabal e Farah, 22 e 71 di specialità).


Haiti

La patria di Agenor, uno che ha lasciato il segno e per mezza carriera ha giocato per la sua patria. Haiti negli anni ’90 sfornò anche un discreto doppista come Madsen, ma da allora niente più. Comprensibile, in una nazione in grande difficoltà ed estremamente povera. Un giocatore in giro per il circuito, però, c’è: si tratta di Oliver Sajous, 24enne in procinto di entrare nei primi 500 che quest’anno ha sfiorato una storica qualificazione ad Atlanta. Bacheca ancora vuota ma discreto comprimario, che si disimpegna bene nei Futures e potrebbe sbarcare nel mondo dei Challenger.


Repubblica Dominicana

Con Dustin Brown diventato tedesco, il più forte attualmente in circolazione in singolare lo troviamo qui: Victor Estrella, ormai 31enne ma che nell’ultima fase della carriera si è tolto grandi soddisfazioni, arrivando addirittura a disputare un Atp 1000, quello di Cincinnati, nel 2008 (sconfitta onorevole da Verdasco).


Trinidad & Tobago

Qui invece abbiamo una storia “standard”, quella di Joseph “Joe” Cadogan, di recente entrato nei primi 1000 della classifica. Ventidue anni, discrete performance da singolarista al servizio di Florida Atlantic, come spesso accade a chi proviene dai college ha avuto bisogno di un po’ di tempo per adattarsi al circuito. Joe rientra nella classica categoria degli attaccanti da fondo: ottimo diritto, servizio potente e un rovescio da rivedere. Formato dalla Kantor Academy (la stessa che ha cresciuto una tennista molto interessante come Monica Puig, portoricana), ha cominciato a fare i primi punti nel circuito ma, come per tanti casi simili, il rischio è quello di diventare un “Querrey da challenger”. Cosa tutt’altro che disprezzabile, ad ogni modo.


Gli altri

Come detto a livello juniores la situazione dei Caraibi non è florida. Il primo tennista che troviamo in classifica viene da Aruba e si chiama Ibian Hodgson: 18 anni, gioco prevalentemente di diritto (discreto), colpi dal suono pulito ma rovescio carente e potenza appena sufficiente, non pare poter fare troppa strada. Qualche punto in più per Yannik James, emergente di Grenada, attualmente oltre il numero 600 Itf ma quindicenne e quindi con ampi margini di miglioramento. Per inciso, anche qui niente stimmate: tra quelli della sua età ne ha davanti almeno una cinquantina.

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