Tennis NCAA: Le doppiette diverse di McDonalds e Collins

Danielle Collins
di Luca Brancher

Dopo otto anni esatti Tulsa, e più precisamente la Oklahoma State University, è tornata ad ospitare, come di consuetudine sul finire di maggio, l’appuntamento che appassiona gli amanti del tennis a stelle e strisce, ovvero le finali NCAA. Non stiamo in alcun modo parlando di un avvenimento attorno al quale rifulge l’interesse della medesima manifestazione del basket, ma dopo un periodo di profonda crisi, a cavallo dei due secoli, quando ancora era possibile per un tennista ai primi passi imporsi sui palcoscenici più luminosi, la competizione sta tornando su livelli interessanti. Ritardare infatti lo sbarco tra i pro, per poter completare gli studi, è diventata una possibilità anche per giocatori con un buon potenziale, e non è un caso che i nomi dei due vincitori della manifestazione di singolare rispondano al nome di MacKenzie McDonald, UCLA, e Danielle Rose Collins, Virginia University.

Il primo, nato a Berkley, CA, nel 1995, è al suo terzo anno all’ateneo contraddistinto dal simbolo della California, vale a dire l’orso – da cui il nickname di Bruin – e ha saputo regalare un doppio trionfo, centrando non solo il titolo in singolare, ma anche quello di doppio assieme all’amico e compagno Martin Redlicki. Era dal 2001, quando capitò a Matias Boeker, a proposito di anni di crisi, che tale evenienza non si verificava, per la gioia dello stesso Mac, orgoglioso di aver riportato UCLA in alto, a due anni dall’ultimo titolo, targato Marcos Giron. “Ho sempre sognato di vincere qualcosa per questa università, e portare a casa due titoli mi riempie d’orgoglio. Questa scuola, per me, è una seconda famiglia.” Pochi mesi prima di iniziare il suo percorso all’interno dei corridoi siti a Westwood, Los Angeles, il ragazzo ricevette una wild card per il tabellone di qualificazione dell’ATP 1000 di Cincinnati, dove batté Nicolas Mahut e Steve Johnson, ritagliandosi così un posto per il tabellone principale: non un’impresa da poco per un ragazzo di 18 anni che aveva giocato poco, e nemmeno benissimo, a livello professionistico. Questo rende bene l’idea delle potenzialità di Mackenzie, che nonostante l’impegno universitario, si è già fatto notare anche nei challenger dello scorso autunno, collezionando due semifinali che lo hanno proiettato fino al 400esimo posto del ranking ATP. Per aggiudicarsi il titolo di singolare, McDonald ha superato nei quarti di finale il portoricano di South Florida Roberto Cid, poi il portoghese della Virginia Tech Joao Monteiro, ed infine, in finale, il danese, numero 1 del seeding e tennista di casa Mikael Torpegaard, con un doppio 6-3 – quest’ultimo nome potrebbe dirvi forse qualcosa, dal momento che lo scorso anno difese i colori danesi nella sfida Davis che li vide soccombere contro l’armata spagnola, e Mikael sfidò peraltro Rafa Nadal. Più difficoltoso il cammino in doppio, ben esemplificato dalla rimonta da 5-7 nel super-tie break decisivo in semifinale contro Alex Lawson e Quentin Monaghan di Notre Dame, mentre in finale più degli avversari, Arthur Rinderknech e Jackson Withrow (Texas A&M), è stato il braccio destro dello stesso Mac, indolenzito per i tanti incontri accumulati nelle ultime due settimane, a far accrescere l’ansia tra le file dei californiani: una piccola pausa ha però cancellato ogni paura, fino al 6-4 6-1 finale.

In ambito femminile si è invece verificato il double ad opera di Danielle Rose Collins, che si è ripresa la corona ceduta temporaneamente all’ex studentessa della North Carolina Jamie Loeb. La 22enne di St. Petersburg aveva fatto fruttare il titolo vinto due anni fa, regalandosi una prestazione maiuscola al primo turno dello U.S. Open contro Simona Halep, a cui tolse un set, ma da quella partita Danielle si è concessa una sola parentesi tra le pro’, lo scorso fine aprile a Charlottesville – non a caso sede della Virginia University – probabilmente per saggiare le sue qualità in un proscenio più corroborante di quello in cui avrebbe giocato qualche settimana più tardi a Tulsa. Missione compiuta, senza cedere nemmeno un set né a Jasmine Lee di Mississipi State nei quarti, né a Luisa Stefani di Pepperdine in semifinale e neppure a Hayley Carter (North Carolina), prima testa di serie, nell’atto conclusivo, vinto col punteggio di 6-3 6-2. La speranza per lei è di ripetere la bella esperienza di New York di due anni fa, senza peraltro dover rientrare in fretta alla base “per assistere ad una lezione” dal momento che il suo quadriennio si è infatti da poco concluso. Nel torneo di doppio, infine, il titolo è andato alle ragazze della Florida University Brooke Austin e Kourtney Keegan a scapito di  Maegan Manasse e Denise Starr della California University (i cui rappresentanti si chiamano Golden Bears, sempre di orsi si tratta).

Sulla futuribilità dei due vincitori, e su quella di altri partecipanti al torneo, siamo pronti a scommettere, dato il buon livello delle due competizioni (che era possibile seguire via internet grazie ai 10 campi con streaming, un ottimo servizio), sebbene il vero evento che segna le rivalità tra i vari college e attorno alle cui sfide ruota tutta la stagione sportiva di questi ragazzi sono le competizioni a squadre* Infatti le finals di Tulsa si erano aperte con la parte conclusiva di un tabellone ad eliminazione diretta, comprendente 64 team sia per il maschile sia per il femminile, i cui primi due turni si erano svolti alcuni giorni prima a casa delle squadre meglio classificatesi al termine della stagione regolare. Rimaste 16 squadre in entrambi i draw, queste si sono spostate al Michael D. Case Tennis Center per le fasi finali, che si sono svolte tra il 19 ed il 24 maggio per le donne e tra il 20 ed il 24 per gli uomini.  A dominare in quest’ultima competizione la Virginia University di Brian Boland, che ha portato a casa il terzo titolo degli ultimi quattro anni (quinta finale nelle ultime sei edizioni), grazie ad un team di assoluto spessore, con personalità del calibro di Ryan Shane, ex campione in singolare, Collin Altamirano e Thai-Son Kwiatkowski tra gli altri, mentre tra le donne sono tornate ad imporsi, dopo una pausa di tre anni, le Stanford Cardinals, giunte al 18esimo sigillo assoluto (su 35 edizioni): una vera monarchia A uscire sconfitte, le selezioni di casa: Oklahoma University tra gli uomini – alla terza finale persa di fila, e da non confondere con i padroni di casa – e Oklahoma State tra le donne. Rovesci amari, ma con tanta voglia di rifarsi in futuro.

*Si tratta di incontri contraddistinti da 6 singolari e 3 doppi che possono al massimo attribuire 7 punti – chi vince più doppi si aggiudica il primo punto, gli altri vengono assegnati da ciascun singolare – e che si interrompono non appena una delle due squadre raggiunge quota 4.

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