L’Osteria dell’Oste


di Marta Polidori
Un problema piuttosto pesante ma solitamente tenuto poco in considerazione è quello dell’atmosfera. L’atmosfera che si crea in un torneo, quando giochi ed il clima è più o meno professionistico.
Alcuni circoli sanno essere spoetizzanti in un modo a dir poco spaventoso, ed il punto è che quando un ragazzino va a giocare un torneo il più delle volte si ritrova in circoli non solo poveri a vedersi, ma dove nessuno degli organizzatori fa qualcosa per ovviare al problema.
Capitasse solo nei tornei minori, spesso però vedo organizzare tornei, anche open, in circoli con due campi in terra tenuti malissimo con un bar con scarsa auto-stima e giudici arbitri da far deprimere anche il più grande campione d’indifferenza su campo da tennis.
Nonostante la cosa possa sembrare irrilevante, tra un torneo con circolo e partecipanti di classe ed uno con circolo e partecipanti da sangria la domenica sera, un ragazzino si trova ad avere atteggiamenti del tutto differenti.
Entra in due meccanismi diversi, nel primo e nel secondo caso.
Se il tuo sogno è quello di diventare il numero uno al mondo andare a giocare un torneo contro il socio anziano del circolo che va di back spin alla meno peggio remando come un disperato dal primo punto all’ultimo è di un’avvilente pressappoco spaventoso.
Bisogna fare gavetta per arrivare a livelli in cui le gare sono più piacevoli a vedersi e a giocarsi, ma credo che organizzare un torneo open, che comunque comprende atleti di seconda categoria, in un circolo con scarse risorse sia un colpo al cuore.
I partecipanti poi non riesco a capirli. Giuro che mi sforzo ma non ci riesco.
Se sei un matusa che non è in grado di tenere un racchetta in mano, dovresti competere con altrettanti matusa che non sanno tenere la racchetta in mano piuttosto che andare a seccare ragazzine/i che hanno altri intenti rispetto ai tuoi.
Se la tua massima ambizione è il torneo sociale fai quello, cosa ci vai a fare nel girone dei quarta di un open? Giusto per mettere i bastoni tra le ruote a noi.
E giustamente non è che Dio li fa poi li accoppia, stanno bene attenti gli organizzatori a farli giocare con un giovane e prestante atleta alto bello e con gli occhi azzurri, magari un terza categoria che pensava di esserseli ormai dimenticati, ed invece loro, forti della loro esperienza, hanno fatto fuori tre o quattro ragazzini con la sola forza del pensiero, la pazienza e facendo saltare i nervi. E addirittura sono riusciti anche a prendere classifica grazie a questo grazioso metodo. Queste loro vittorie pure rientrano per me in un concetto d’atmosfera.
Un ragazzino perché perde con questi fenomeni? Perché non vuole giocarci, gli secca aver fatto magari due ore di macchina, essersi allenato tutta la settimana per arrivare il week end a giocare con la signora Maria su due campi da schifo.
Non trovo che abbia tutti i torti a pensarlo, trovo però anche giusto che un ragazzino non debba essere così selettivo, ma è anche vero che se ha scelto il tennis per competere ai massimi livelli vedere di continuo questa gente tra i piedi non deve essere il massimo della vita.
Il succo del discorso è questo ed ora ci arrivo: so che gli avversari non sono da scegliere tra quello che mi piace di più e quello che mi piace di meno, ma un ragazzino dovrebbe competere tra gente coi suoi stessi intenti, non con persone che son lì per fare altro.
Perché quando li incontri le prime volte disturbano, sì, ma porti pazienza, ritrovarseli però in tutti i gironi diventa frustrante.
Se ad un campo di patate aggiungi il giocatore anziano della domenica prima di portare vostro figlio ad un torneo sparategli, che è più contento.
Il tennis, certo, è così, se ti piace ok se no tante care cose, ma ad un bambino ciò che attizza è il gioco, se gli togliete anche quello quanto pensate che vi duri?
Ed il tennis così è, se vi piace, ma essere un bambino così è, se vi piace.

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